lunedì 26 luglio 2010

COSI' CATERINA CI HA APERTO GLI OCCHI

....Ecco, in fondo il libro è il racconto di come quel «no», un po’ alla volta, è diventato un «sì». Misterioso e doloroso, perché detto davanti a un abisso, ma un «sì». Un abbraccio. Qualcosa che genera. Anzi, che aiuta Dio a generare cose grandi seguendo le Sue strade, impensabili. Fino all’impossibile, appunto. Fino al miracolo. E la vicenda di Caterina è un miracolo. «Continuo, ogni mattina».




di Davide Perillo
23/07/2010 - Antonio Socci in un libro racconta la vicenda di sua figlia, entrata in coma dopo un arresto cardiaco. E il cambiamento suo e di un intero popolo, che l'ha accompagnato nella domanda. Fino a riconoscere che «ogni mattina è un miracolo»

La copertina del libro.
Si può muovere il mondo stando inchiodati in un letto d’ospedale? Si possono toccare i cuori di decine, centinaia di persone - fino a dar voce a un popolo intero che riconosce di cosa è fatta la vita e per questo offre e domanda - senza poter neppure alzare un dito o dire una parola? Si può generare qualcosa - qualsiasi cosa - partendo da male e dolore, un dolore così acuto da sembrare assurdo? Per l’uomo no, è impossibile. Eppure accade. Intorno a noi. Vicino a noi. Nella vita di persone che conosciamo bene, non fosse altro per quello che vediamo o leggiamo di loro ogni giorno, da anni. Come Antonio Socci, giornalista e scrittore, che ha appena pubblicato per Rizzoli un libro da leggere, assolutamente. Si intitola Caterina.



Diario di un padre nella tempesta, e racconta una vicenda che molti di voi forse conoscono già, almeno nell’abbrivio iniziale. Ma che negli ultimi tempi ha preso un corso impensabile.
Caterina è la figlia di Antonio. Ha 24 anni, occhi e sorriso che ti scavano dentro anche solo a vederli dalla foto di copertina e una vita piena e lieta, fino a quel 12 settembre di un anno fa. Serata tra amici, in un appartamento di studenti. La laurea è questione di giorni: architettura. Fai presto a immaginarti la scena. Sorrisi. Battute. Bicchieri. Cuori allegri. Poi il suo, di cuore, si ferma. Di colpo. Smette di battere per un’ora e mezza. Coma. Quando a casa Socci arriva la notizia, Antonio caccia un urlo. Tre parole d’un fiato solo: «Gesùmionooooo!!!».
Ecco, in fondo il libro è il racconto di come quel «no», un po’ alla volta, è diventato un «sì». Misterioso e doloroso, perché detto davanti a un abisso, ma un «sì». Un abbraccio. Qualcosa che genera. Anzi, che aiuta Dio a generare cose grandi seguendo le Sue strade, impensabili. Fino all’impossibile, appunto. Fino al miracolo. E la vicenda di Caterina è un miracolo. «Continuo, ogni mattina». Da quella vita strappata al nulla, perché novanta minuti senza battiti e ossigeno sono qualcosa da cui, di solito, non si torna. Agli occhi, riaperti quattro giorni dopo («quanto sembra normale e ovvio aprire gli occhi: invece è un avvenimento»). Poi, le prime lacrime. La prima risposta (una sillaba sola: «Ah...»). La ripresa «per i capelli», almeno tre o quattro volte in momenti in cui sembrava dovesse ricadere nel vuoto. Settimane di attesa e paure. Di momenti in cui «vederla così, crocifissa e indifesa, la fa amare ancora di più: si cerca di allontanare il pensiero del peggio, del futuro, ma inevitabilmente riaffiora». Di preghiere vissute accanto ad Alessandra, moglie e roccia di casa, gli altri figli, gli amici. E a un popolo che conosce Antonio per il suo lavoro di giornalista e scrittore appassionato di Cristo. E si mobilita.
Cominciano ad arrivare lettere. Email. Telefonate. Racconti di voti e rosari, offerte e pellegrinaggi. Fatti impensabili. Come i miglioramenti di Caterina: lievi, quasi impercettibili, ma continui. E come il regalo di una serata di gennaio che Antonio, nel suo diario, annota così: «Uscendo dalla chiesa entro nella stanza di Caterina e mi trovo davanti a uno spettacolo sorprendente: Caterina a letto e Alessandra al suo fianco che stanno ridendo a crepapelle! E la risata di Caterina è proprio la sua, brillante, contagiosa. Il suo sguardo è luminoso! Cosa è successo? Da giorni provavamo a leggerle qualche pagina. Avevamo diversi libri. Alessandra quel pomeriggio stava leggendo a voce alta Il giovane Holden. Arrivata a un punto in cui il romanzo ha un paio di battute, Caterina è scoppiata a ridere di colpo». Una svolta. «In qualche modo possiamo dire: è tornata».
Sfogli, segui i passi di quei giorni, e di quelli che arrivano dopo, e torni sempre lì. Un miracolo. «L’amore più forte della morte», come Antonio aveva scoperto tanti anni prima, all’inizio di una storia di cui riprende il filo anche nel libro, perché senza sarebbe impossibile capire quello che accade ora. In quelle pagine c’è Siena, la sua terra. L’incontro con Cl. Uno striscione appeso dagli studenti del movimento davanti a Giovanni Paolo II, con la frase di santa Caterina che toccò anche il Papa: «Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutta Italia». E facce e figure di cui un po’ alla volta, nel tempo, si capisce la portata. Don Giussani su tutti, «padre e maestro all’origine di questa storia». O Andrea Aziani, sbarcato lì con altri amici dalla Bassa milanese perché innamorato di Cristo e del desiderio che il mondo - tutto il mondo - lo incontrasse (morirà anni dopo, in missione in Perù, dove in fondo era andato a ripetere a tutti ciò che lo aveva preso per sempre: «El amor es más fuerte que la muerte»). Fino a don Julián Carrón e a quella telefonata poche ore dopo il dramma: «Io sono con te. E prego...». Semi. Da cui il fiore di Caterina - e della sua fede - è sbocciato quasi senza che il padre se ne rendesse conto.
C’è una pagina bellissima in cui Antonio riprende un articolo scritto il giorno dopo averla accompagnata in università per la prima volta, «e pensavo “ma quando e come e perché sei cresciuta così? Eri piccola ieri e stamani ti sei alzata e sei una principessa... neanche mi sono accorto che diventavi grande, bestia che sono». E ce ne sono altre, altrettanto dense, in cui Socci scopre «il mistero di una figlia» seguendo il filo del racconto degli amici e del fidanzato: il carattere, le passioni, la lettura, quella voce limpida e intensa che intona Ojos de cielo o Voi ch’amate lo Criatore, facendo affiorare una passione per Cristo che attraverso di lei ha fatto riscoprire anche a suo padre la sua storia più vera, le radici. «Lei, studentessa universitaria a Firenze, silenziosamente custodiva il mio posto, tra i figli di don Giussani, dove sapeva che sarei tornato e dove lui stesso mi aspettava».
È questo che commuove, del libro. Anche questo. La fede di Antonio - e dei suoi. Ciò che gli sta permettendo di andare al fondo di tutto. A lui, e a chi guarda a quel letto, fosse anche da lontano. Una fede potente, fatta di certezze che avranno affollato chissà quante volte i suoi articoli («nulla è impossibile a Dio»; «non temere, Io sono con te»; «tutto è possibile a chi crede»...) e che anche qui tornano di continuo, ma nuove: «Tutte queste cose che stanno nella Scrittura, io in questi mesi le ho viste. Più che leggerle e saperle, le ho toccate con mano». Come tocca con mano la vicinanza - potente e misteriosa - di sconosciuti che offrono abbracci e preghiere e a volte persino le loro sofferenze (ce ne sono tante, di testimonianze così: e mettono i brividi) per quella ragazza a cui non li lega nulla, se non Cristo.
Lì capisci che la vita è diversa da quella che tante volte ci raccontano. Che esiste ancora un popolo che vive di Lui e a Lui si affida. Che osa ancora consegnarsi a Gesù e alla Madonna - l’altra vera protagonista di queste pagine - perché, in fondo, sa che aveva ragione don Giussani quando disse ad Antonio, sotto tiro per una trasmissione tv in cui osava parlare di fede: «Sii certo di quello che dici, perché è tutto vero». E capisci di più che davvero il protagonista della storia è chi mendica. La nostra forza sta tutta lì: nel domandare.
A pensarci adesso mi sembra impossibile, ma non conosco ancora Socci di persona. Un caffè veloce anni fa, in un bar sotto la sede del Giornale, ma poi ci ho parlato soltanto qualche volta, al telefono. Dio solo sa quanto spero di abbracciarlo presto: lui, Caterina e Alessandra. E di poterli ringraziare. Perché, arrivato in fondo al libro, ti restano stampate nel cuore due immagini, nitide. Caterina che ride e piange insieme, e un passo alla volta sta tornando alla vita e prima o poi tornerà a cantare. E Antonio, che immagini proprio come te lo racconta chi l’ha appena incontrato: un uomo in battaglia, grato di tutto e sorpreso da tutto. Come dovremmo essere sempre se fossimo semplici. Perché «è tutto vero».

Antonio Socci
Caterina. Diario di un padre nella tempesta
Rizzoli
pp. 211 - € 16,50
I diritti d’autore del libro saranno devoluti al Meeting Point International gestito da Rose a Kampala, ai ragazzi delle periferie di Lima, alle missioni in Africa sostenute da Radio Maria e alle ragazze cristiane del Pakistan



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