martedì 1 dicembre 2009

PADRE ALDO

.....non elimina nulla, non mi toglie dal fango, non elimina il dolore, non mi toglie la insonnia, non mi risolve i problemi (altrimenti che vita, che libertà sarebbe la mia?), però mette una luce nella mia vita, mi dona un criterio, mi indica un cammino per cui tutto diventa occasione per sperimentare cosa significa “dire tu al Mistero”, cosa significa dire “Cristo mio”......
30 NOVEMBRE 2009
Cari amici,

Mi stupisce l’insistenza con cui Carron ci richiama alla cosa che più mi commosse di Giussani quando abbracciandomi nel mio niente mi disse: “Tu non sei e non sarai mai il frutto del tuo passato, delle tue miserie, dei tuoi antecedenti biologici, psicologici, ereditari, etc… perchè tu sei relazione con l’Infinito”. Che commozione, da 20 anni a questa parte, vivere drammaticamente ogni istante con questa certezza: “Io sono tu che mi fai”. Non c’è depressione, momento difficile, ossessione, tentazione, dolore, accusa, odio, morte che possa definirmi, bloccarmi, paralizzarmi. “Io sono tu che mi fai”

non elimina nulla, non mi toglie dal fango, non elimina il dolore, non mi toglie la insonnia, non mi risolve i problemi (altrimenti che vita, che libertà sarebbe la mia?), però mette una luce nella mia vita, mi dona un criterio, mi indica un cammino per cui tutto diventa occasione per sperimentare cosa significa “dire tu al Mistero”, cosa significa dire “Cristo mio”.

In questi giorni è stato chiaro che questo è un giudizio, è un punto di non ritorno. Alcuni esempi:

1. Rispetto ai miei figli violentati. Guardate questo disegno. È di una bambina, violentata sistematicamente dal “padre” di 60 anni. La mamma di 18 anni si è suicidata alcuni anni fa. In casa (capanna) il “padre” con altri uomini abusavano di questa bambina e per di più teneva relazioni con animali. La piccola ha visto e sofferto di tutta questa violenza. Così anche il fratellino che è qui con me. Il disegno mi ha fatto soffrire molto perchè descrive il suo “io” pieno di paura, di terrore, descrive il suo io frantumato. Me l’ha dato di ritorno dal Messico dicendomi: “papà ho una letterina per te”. Quando prima di dormire l’ho aperta e ho visto questo disegno mi sono venuti i capelli dritti. Poi ho guardato sulla facciata della pagina e con sorpresa che mi ha commosso ho letto queste parole: “Ciao papà Aldo. Sei il miglior padre, papà Aldo. Non abbandonarmi mai, Ti voglio bene. Spero che sia sempre così e non cambi mai. Per favore continua ad essere come sei, lottando per un domani più bello. TI RINGRAZIO PER PROTEGGERMI. Grazie. Ti voglio molto bene”. È inutile ogni commento. Il testo è sottolineato in giallo e verde. Una settimana dopo mi consegna un altra letterina (ai miei figli piace ogni volta che parto o torno scrivermi) e sopresa: “Ti voglio molto bene e sono felice perchè passerò il Natale nella casetta di Betlemme. Proteggimi molto con il tuo cuore”. E dietro al posto del mostro c’era una cavallo disegnato con la matita e senza nessun colore. Un passo avanti nella coscienza di sè. Cosa ha permesso questo? L’affetto di noi, l’affetto mio che nasce dalla certezza “Io sono Tu che mi fai adesso” e che si trasmette per osmosi.

2. Gabriel, è come il sacerdote Melcheredech della Bibbia, di cui non si conoscono le generalità. Sappiamo solo che è venuto da Dio. Non ha cognome. Ha, si pensa, 8 anni. Da un orfanotrofio all’altro, da una violenza all’altra. È arrivato qui dopo essere stato respinto, perchè violento, da ogni istituzione. Quando è arrivato, era inavvicinabile. La sua risposta a tutto era solo violenza. Una cosa terribile e umanamente insopportabile. Quante volte guardandolo pensavo alla frase di Pavese: “Qualunque violenza nasce dalla mancanza di tenerezza”. Ma la tenerezza non si inventa, non è un fattore ereditario, è un frutto della coscienza “io sono Tu che mi fai”. E così il mio rapporto con lui è diventato per lui l’inizio del cambiamento. Sentite cosa mi ha scritto sotto l’immagine di un uomo-robot disegnato da lui: “Ciao P.Aldo. Voglio che mi ponga il tuo cognome, così sarò felice. Ti voglio tantissimo bene P.Aldo. Io (è importante questo “Io” nella sua boca, lui che non aveva identità) Gabriele ti voglio bene con tutto il mio cuore”. Qui c’è tutta la pedagogia, la psicologia… meglio, qui c’è la evidenza della assoluta verità di ciò che Carron instancabilmente ci ripete: l’uomo è relazione con il Mistero, o capiamo e facciamo esperienza di questo o siamo “vecchi vuoti” che si affidano agli esperti per risolvere la vita.

Cari amici, qui tutto grida “io sono Tu che mi fai” e le peggiori violenze diventano possibilità per una vita nuova, più bella, più umana, perfino per i miei bebè, tutti concepiti violentemente. Ma quando entrano in contatto fisico con qualcuno in cui è evidente “io sono Tu che mi fai” tutto cambia e il bebè sorride. Come vorrei che in questo avvento ognuno facesse questa esperienza di appartenenza.

Con affetto,

Padre Aldo




Padre ALDO TRENTO 29 NOVEMBRE 2009

Cari amici,

perdonate se vi disturbo ritornando su una cosa per cui vi ho già chiesto aiuto a nome della Divina Provvidenza. Ma, come sapete, io sono il medicante di Dio, quel Dio che si è fatto carne in Gesù: e Gesù vive, come ci ricorda il cap. 25 di Matteo, anche nei poveri più poveri come sono tutti i miei figli. Gesù è ognuno di loro, e per questo tre volte al giorno mi inginocchio davanti a ognuno di loro, in adorazione. Che bello: ognuno è Gesù.

Capite quale grazia Gesù mi dona. Ieri ho accolto un ragazzino di strada con un tumore di un kilo al collo, metastasi generali e per di più tossicodipendente. L’ho guardato, mi sono inginocchiato … quanto dolore fin dalla nascita nella strada. “Padre, che bello è qui” mi ha detto.

Oggi il Consiglio Economico mi ha detto:”Padre per il 31 dicembre abbiamo bisogno di 90.000 euro per pagare i 150 che lavorano qui (Novembre, Dicembre, Tredicesima più le spese correnti)” “Non preoccupatevi, io sono le mani, i piedi, la lingua della Provvidenza, ma è Lei che risolve tutto. Allora pregate e siate certi che per il 31 Dicembre tutto sarà risolto”.

Per questo mi permetto di chiedervi per Natale di ricordarvi dei miei figli. Siete in tanti, e tutti assieme permetteremo alla Madre della Divina Provvidenza di risolvere la questione. A noi ogni letto della clinica costa 2.500 euro mensili, cioè 83 euro al giorno. I letti attualmente sono 27 per cui ogni mese il costo è di 63.500 euro. Da cinque anni Gesù e sua Madre hanno sempre e puntualmente risolto tutto. E questo è il costo della Clinica, senza contare le casette per gli anziani, che sono due e il cui costo mensile è di 7.000 euro in totale, e la casetta di Betlemme, il cui costo mensile è di 6.000 euro.

Per cui mi affido a ciascuno di voi

Vi ricordo che la rivista “Tempi” per Natale distribuirà un Dvd realizzato dal più grande e famoso giornalista locale, Humberto Rubin, che dopo aver visitato la Clinica, lui ebreo e agnostico, mi ha detto piangendo:” Se ciò che ho visto è Dio, allora ci posso credere anch’io”. Vi prego di comprare questo Dvd, perché nel suo drammatico realismo dice un po’ di ciò che qui si vive.

Vi ricordo il mio numero di conto corrente:

Trento Antonio

UNICREDIT BANCA – Filiale di Fonzaso (Belluno)

Codice IBAN : IT14Z0200861120000004701742



Buon Natale

p. Aldo

TEMPI 26 Novembre 2009

Aldo Trento: La vita nuova di Blanca

La bimba venduta dal padre per dieci litri di vino che ha trovato un abbraccio in mezzo al deserto

Iniziativa: Asilo de Dios, il dvd per sostenere l'opera di padre Aldo in Paraguay

di Aldo Trento


Blanca oggi è una ragazza di ventidue anni. È arrivata alla clinica Divina Providencia non perché malata fisicamente, ma per stare vicina a Don Lucio, suo attuale compagno di vita e malato terminale di cancro.
La loro storia è quella di due vite disperate, e in queste ultime settimane è diventata drammatica ma al tempo stesso si è colmata di pace. Assieme al compagno Lucio, molto più anziano di lei, Blanca ha avuto due bambini. Da due settimane hanno deciso di sposarsi qui, nella clinica. Il motivo: «Padre, desideriamo stare in pace con il Signore. Padre, voglio morire in pace e lasciare alla mia donna la certezza di morire in grazia di Dio».
Nel paradiso che è la clinica, questo è un ritornello ripetuto da molti pazienti terminali: «Vogliamo sposarci in Chiesa per morire in grazia di Dio». Una prova chiara del fatto che non esiste un amore, una relazione autentica e di conseguenza capace di dare la pace, l’allegria al cuore, che non sia anche relazione con l’Infinito. Sono pazienti analfabeti, che vengono dalla strada, vite spese per lo più seguendo l’istinto di sopravvivenza. Che però, quando hanno incontrato lo sguardo di qualcuno, con la piena coscienza che “Io sono Tu che mi fai”, come per osmosi hanno percepito che solo nella relazione con l’Infinito l’uomo incontra la vera pace.
Del resto, cos’è l’amore umano se non un grido dell’eterno, un segno dell’Infinito che l’uomo cerca? Ciò che affermava Cesare Pavese, che «anche nei piaceri più a buon mercato ciò che l’uomo cerca è l’eterno», qui tra i nostri infermi terminali è un’evidenza che si impone. Don Lucio incontrò Blanca in un momento disperato della vita di lei. Fin da piccola era stata oggetto di qualsiasi violenza sessuale da parte del padre. La “madre”, come molte donne paraguaiane, ridotta a oggetto, viveva come ipnotizzata e impotente anche solo a reagire verbalmente davanti alla bestia che era suo marito. Un giorno un vicino a cui piaceva la ragazza si avvicinò alla “famiglia” offrendosi di comprarla. Al “padre” non sembrò vero, e per soddisfare il suo alcolismo la vendette per dieci litri di vino.

Da quel momento per Blanca si spalancarono le porte dell’inferno. Visse con un’altra bestia per qualche anno, vittima di ogni tipo di violenza e oltraggi, avendo da lui anche dei figli. Però una notte, disperata per la tortura cui era sottoposta, approfittando dell’ubriachezza dell’uomo, riuscì a fuggire portandosi via le sue creature. Camminarono per alcuni giorni nel cosiddetto inferno verde: il Chaco paraguaiano, un deserto pieno di cactus, serpenti e belve feroci. Stanchi, affamati e assetati cercavano un rifugio. È così che Blanca e i suoi figli sono giunti all’umile casa di Don Lucio, che aveva quarant’anni più di lei. L’uomo, molto povero e molto solo, la accolse con affetto in casa sua. La verità è che nell’inferno del mondo, e anche nelle circostanze più avverse, Dio ci mette sempre davanti una perla preziosa: qualcuno col cuore di carne, segno e rifugio per i disperati.

La Divina Providencia
Don Lucio subito la protesse, le diede una casa e l’affetto, quell’affetto umano che nasce da una ragione che nonostante tutto vive aperta al Mistero, sostenuta da un’umile religiosità contadina, frutto della prima evangelizzazione. La vita di Blanca e dei suoi figli cambiò. Gli anni della violenza rimasero alle sue spalle. Un volto finalmente umano le aveva restituito la speranza e il desiderio di vivere, di lottare. Si affidò totalmente a questa nuova opportunità, dedicandosi al nuovo compagno e ai suoi figli. Nel bel mezzo del Chaco, un deserto terribile che soltanto le rare volte che piove diventa verde e per questo è chiamato inferno verde, una novità umana, la comunità di una famiglia naturale che non aveva mai visto una chiesa, un prete, però aveva la coscienza originale che l’essere umano per sua natura è relazione con Tupa, il nome con il quale i paraguaiani definiscono Dio, il Mistero (“Tu” in guaranì ha lo stesso significato di “stupore, meraviglia”; “pa” vuol dire: chi ha fatto questa cosa bella?).
Purtroppo la convivenza durò solo pochi anni, perché repentinamente Don Lucio si ammalò di cancro. Per alcuni mesi sopportarono la disgrazia, però il dolore crescente e la povertà vinsero la resistenza di entrambi, e dopo aver peregrinato inutilmente per diversi centri ospedalieri arrivarono alla nostra clinica.

Per loro fu come giungere in un hotel a cinque stelle, essere accolti con il grande calore umano del quale entrambi avevano bisogno, dopo anni di solitudine e mancanza di compagnia umana. Blanca rimase giorno e notte accanto a Don Lucio e cominciò a conoscere Cristo.
Fu per entrambi l’occasione di scoprire una vita nuova, e in poco tempo chiesero di ricevere i sacramenti, coscienti che in questo modo la loro relazione non si sarebbe mai interrotta, nemmeno di fronte alla morte.

«Non ti abbandoneremo»
Dopo questo momento il cammino di Lucio arrivò alla sua tappa finale, e in pochi giorni morì. Il dolore di Blanca fu grande, perdeva quello che era stato il suo appoggio, l’àncora di salvezza della sua vita. Chi non la conosceva o non aveva conosciuto la sua storia non riusciva a comprendere il motivo di tanto dolore. Una volta ancora si era trovata sola con due creature in un mondo che da sempre le era stato nemico, egoista, cieco e sordo al suo dolore. Io la guardavo abbracciandola, e l’unica cosa che riuscii a dirle fu: «Non ti preoccupare, Blanca, noi non ti abbandoneremo. Cercheremo una casa per te e per i tuoi figli, in modo che possano continuare a vivere con dignità».
Durante i lunghi giorni che aveva passato al fianco del suo compagno, a chi le domandava, sorpreso dalla differenza di età, il perché di un affetto così grande, Blanca rispondeva: «Lui è stato l’unico che mi ha amato senza chiedere niente in cambio, quando persino i miei genitori mi hanno venduto per dieci litri di vino».

Davvero: solo l’incontro con un’umanità nuova carica di gratuità permette a qualsiasi essere umano – non importa cos’ha passato – di scoprire che uno non è mai esclusivamente frutto dei suoi antecedenti, del suo passato, ma relazione con l’Infinito. E quando scopre quest’ontologia del suo essere, la libertà torna ad essere il respiro pieno di speranza della vita. Nemmeno il fatto di essere stata venduta per dieci litri di vino ha potuto impedire a Blanca di formare un giudizio, e di poter dire adesso “io”, con la certezza di appartenere a un Mistero più grande di quella vita di miserie che si porta dietro. Mentre da un lato le femministe frustrate rivendicano il “diritto” all’aborto, mentre il maschio pretende di vedere riconosciuto il suo “diritto” all’omosessualità, ed entrambi pretendono anche il “diritto” di adottare figli, dall’altra parte una ragazza, nel pieno secolo XXI, viene venduta dai suoi genitori. Mentre da un lato la scienza, col suo smisurato orgoglio, vuole dominare la vita decidendo quali siano le sue origini e il suo destino finale, e mentre l’uomo, novello Prometeo, vuole sfidare il cielo, qui in questa piccola aiuola che ci rende tanto, tanto feroci, come scriveva Dante Alighieri, una ragazza di quindici anni viene venduta dai suoi genitori per dieci litri di vino.
Quanto più è esaltata l’idolatria dei diritti umani, tanto meno è riconosciuto il valore della persona umana. E questo vale per tutti gli ambiti della vita quotidiana. Pensiamo, ad esempio, a ciò che accade coi malati e i deboli nel nostro sistema sanitario, con i bambini nelle case e nelle strade, con tutti quei figli di Dio che non essendo utili allo Stato sociale sono “niente” per la società! E perché, in pieno XXI secolo, mentre l’uomo si illude di conquistare l’universo, qui su questa terra la maggior parte delle persone è ancora ridotta in schiavitù?

Una aiuola di libertà
Scriveva molti decenni fa lo scrittore russo Fëdor Dostoevskij: «Se Dio non esiste, tutto è possibile». Vale a dire, come diceva sant’Ambrogio: «Osserva quanti hanno abbandonato Dio, di quanti ami sono schiavi».
La schiavitù non è mai stata così diffusa nel mondo come lo è oggi. La nostra amica, venduta per dieci litri di vino, e per di più dai suoi stessi genitori, è un’evidenza drammatica. Una ragazza vale quanto valgono dieci litri di vino. È esattamente quello che succede con l’aborto o con l’eutanasia: la vita umana non vale niente. Ma dentro queste tenebre il Mistero dell’Incarnazione, che vive nella carità della nostra comunità, continua ad essere una certezza, la grande vittoria sulla cultura cieca e orgogliosa del niente. Visitando la clinica San Riccardo Pampuri si impara che mentre la schiavitù è padrona del mondo, esiste una piccola aiuola verde di libertà, la libertà di morire col sorriso sulle labbra. È il miracolo dell’Incarnazione e Resurrezione di Cristo, che vive nella Chiesa e, concretamente, in questa compagnia.
padretrento@rieder.net.py



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