mercoledì 9 dicembre 2009

UP L'ULTIMO CAPOLAVORO DELLA PIXAR E' IN EFFETTI UN CAPOLAVORO

Inizialmente ho guardato una parte del film con Giovanni,stiravo e sbirciavo e mi sono detta"quanto e' triste!"
Poi Sabina e Yoyo mi hanno detto che dovevo superare la prima parte,cosi' ho riprovato.
L'attenzione forse era bassa e non sono riuscita a terminarlo.
Antonio mi ha poi detto che Francesco voleva regalarci questo film per il 35 anniversario di matrimonio.
La mia attenzione allora e' aumentata volevo capire il motivo per cui tutti i miei figli mi incitavano a guardarlo.E' in effetti una storia solida, avvincente, emozionante, che parla di persone, di promesse, di responsabilità e di scelte.
E' la storia di ciascuno di noi che rimanendo attaccati alla realta'e' costantemente richiamato al cambiamento.
Grazie Francesco di aver insistito, a volte si pensa che perdersi nella visione di un film sia tempo sprecato ma guardarlo, cercando il significato profondo che vuole lanciare, e' certamente di aiuto e sostegno.E' vero nel film ho ritrovato le parole della lettera che ci hai scritto il 30 novembre
GRAZIE mamma

"Up", l'ultima fatica della Pixar nelle sale in questi giorni, diretto
da Pete Docter (regista di Monsters & Co.), è un piccolo gioiello che
diverte, che commuove, fa volare e offre una varietà di letture.
Già l'incipit è desueto, circa 15 minuti iniziali scanditi da un
pianoforte e senza che i personaggi proferiscano parola.
Protagonisti di questa avventura sono Carl, un anziano piuttosto
burbero e Russell, un ragazzino esuberante che sogna di fare
l'esploratore. I due si troveranno uniti in un viaggio che li porterà
in Sudamerica a bordo di una casa volante trasportata da migliaia
di palloncini colorati.
Questa strana coppia sperimenterà insidie e pericoli, che porteranno
in superficie i valori della amicizia, della solidarietà, della tolleranza
reciproca, dell'entusiasmo per la vita anche quando pensi non ci sia
più nulla in cui credere.
Se avete visto "Gran Torino" di Eastwood,
troverete una serie di suggestioni che vi catturano nello stesso modo.
Questo lungometraggio è pieno di eleganza, di umorismo, e trasuda
poesia da tutti i pori.
Con "Up" ci si ferma a riflettere, a metabolizzare i suggerimenti su
temi seri e complicati, su modi diversi di prendere la vita, "sulle
cose noiose e semplici che poi ci ricordiamo meglio. "Up" ti riporta
all'elaborazione dolorosa del lutto, al valore dei sogni e dei ricordi
spesso legati agli oggetti, ai gesti ripetuti e condivisi per anni con
qualcuno di cui ti sei preso cura, che si è preso cura di te.
"Assieme all'umorismo c'è bisogno ci sia cuore - ha detto Lasseter -
Walt Disney ha sempre detto che per ogni risata ci deve essere una
lacrima e io ci credo."
Ci credo anche io. "Up" è un film che incanta, è leggero e delicato,
andate a vederlo, ne uscirete migliori,

Up! L’ultimo capolavoro della Pixar è, in effetti, un capolavoro
lunedì, 26 ottobre, 2009
By ancos
Immagino che ormai abbiate visto tutti Up, l’ultimo cartone animato in 3D prodotto dalla Pixar e distribuito dalla Disney.





Il catalogo della Pixar fa impressione: non ha mai realizzato un film brutto. Si va dai film divertenti, ma non memorabili, come Ratatouille, Cars e A Bug’s Life a capolavori come Monsters & Co. e Wall-E.
Up fa parte senza dubbio della seconda categoria.

Come ogni buon film fantastico, una volta tolti da Up gli elementi che lo separano dalla realtà, case sollevate da palloncini, cani con collari che traducono in linguaggio umano i loro latrati, uccelli giganti e terre perdute, rimane una storia solida, avvincente, emozionante, che parla di persone, di promesse, di responsabilità e di scelte.

Una storia raccontata con una sintesi e un’economia di immagini da manuale di sceneggiatura. Mentre la maggior parte dei film in 3D di oggi pare essere una raccolta di riferimenti e citazioni pop, buttate lì per allungare il brodo e fare l’occhiolino agli adulti (DreamWorks, parlo proprio di te!), i film della Pixar si concentrano su una cosa sola: la storia dei loro personaggi.

La prima parte di Up, che ci racconta la vita di Carl da bambino sognatore a vecchio brontolone, è magistrale. Un montaggio privo di dialogo che non racconta, ma mostra tutta la sua vita, gli eventi che lo hanno formato e portato a essere la persona che è all’inizio del film. Dopo questa carrellata, potevo dire di conoscere Carl come se avessi passato la vita con lui. E come conseguenza, avevo il timore che avrei assistito anche alla sua morte.

Timore, sì, perché gli sceneggiatori e registi Pete Docter e Bob Peterson sono riusciti a costruire una macchina che assume il totale controllo delle nostre emozioni. Di scena in scena ci fanno ridere, preoccupare, spaventare, tirare un sospiro di sollievo, emozionare, impaurire. A seconda della loro volontà, ridiamo o piangiamo dei personaggi e con i personaggi del film.

E la successione di emozioni che sono stati in grado di suscitare è ritmata in modo perfetto. La sequenza esilarante che chiude il primo tempo ci inchioda alla poltrona: ovunque andranno questi personaggi, noi vogliamo andare con loro (in realtà io alla fine del primo tempo più che stare inchiodato sulla poltrona, volevo andare a comprare il biglietto per lo spettacolo successivo e rivedere il film).
La sequenza drammatica che chiude il secondo atto del film ci lascia disperati e preoccupati. Io e molti altri in sala abbiamo pensato “è tutto perduto, come possiamo uscire da questa situazione?” Alcuni dei bambini in sala lo hanno detto ad alta voce.
Le emozioni del terzo atto ci fanno uscire dal cinema così sollevati e contenti da sembrare tirati in cielo da una nuvola di palloncini colorati.

Questa empatia dimostra che Up non è un film di situazioni, ma un film di personaggi. Ognuno dei personaggi principali ha il suo arco di storia, non semplici momenti, che lo porta a cambiare, a crescere e trovare la sua strada, in un modo che si armonizza con l’arco che compie la storia principale.

E’ interessante vedere come anche la Pixar stia seguendo un arco, una sorta di evoluzione. Ogni film ha temi più maturi e profondi dei precedenti. Anche se le storie sono sempre destinate a un pubblico di bambini e adatte alla loro sensibilità, c’è una maturazione delle situazioni che la Pixar offre ai suoi spettatori. Come se avesse iniziato a produrre per bambini piccoli con Toy Story 1 e di anno in anno realizzasse un film adatto all’età raggiunta da quei primi spettatori. Forse non è un caso se Toy Story 3 inizierà con Andy ormai cresciuto che va al college lasciandosi alle spalle i giocattoli della sua infanzia.

Ultima considerazione: il 3D. Di film in film la mia opinione non cambia: è sicuramente una tecnologia affascinante e vedere i paesaggi di Up in tre dimensioni è uno spettacolo in sé. Ma il 3D non aggiunge niente alla storia, anzi, forse l’effetto di realismo della terza dimensione toglie un po’ di dimensione favolistica. Io vi consiglio di risparmiare qualche soldo e vederlo in 2D, così non vi dovrete neanche preoccupare degli occhiali che vi volano via dalla faccia quando vi piegate in due per le risate. Per un film in cui il 3D dovrebbe essere funzionale alla storia bisogna aspettare Avatar.

E poi, nei cinema in cui il film viene proiettato in 3D manca il tradizionale cortometraggio di apertura, che vi inserisco qui sotto, nel caso non lo abbiate visto in sala.

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