lunedì 21 dicembre 2009

RISPOSTA ALLE LETTERE DI UN PRETE ACCUSATO DI PEDOFILIA

Può una donna dimenticare suo figlio? Anche se fosse, Dio non ti dimenticherà

di Aldo Trento

L’esperienza quotidiana di quell’abbraccio, l’abbraccio di un uomo con un’umanità densa della tenerezza di Cristo, non solo ha cambiato la mia vita vent’anni fa ma mi ha anche aperto un orizzonte pieno di compassione per ogni uomo il cui destino incrocia la mia vita. Quell’uomo che mi ha abbracciato senza chiedermi niente, senza chiedere nulla su ciò che avevo passato, si chiamava Luigi Giussani. Ricordo come, vedendomi piangere, si avvicinò a me e mi abbracciò mostrandomi un sorriso pieno di misericordia. Era come se mi fossi accorto per la prima volta nella vita dell’esperienza umana di Zaccheo, di Matteo, dell’adultera, della samaritana, del buon ladrone, del padre del figliol prodigo. Da quel giorno non è passato un istante senza che nella mia vita non prendessi su di me il dolore di ogni essere umano che soffre. Tutti i miei malati di cancro, di Aids, le prostitute, gli omosessuali, le lesbiche, i travestiti, i miei bambini violati, i violentatori con cui devo trattare, tutti i miei poveri raccolti dalla strada pieni di escrementi dalle unghie dei piedi fino ai capelli, tutta questa “spazzatura umana” la sento ontologicamente mia. Vivo con loro quello che Cristo mi testimonia ogni giorno, avendo pietà di me. Quanto dolore mi hanno portato le lettere di un sacerdote, che non conosco ma che è parte di me perché parte del Corpo di Cristo.


Un uomo in carcere, con l’accusa di “presunta” pedofilia. Un’accusa terribile, di cui vivo le conseguenze con i miei bambini che sono stati violentati e che vivono con me ventiquattro ore al giorno. Ma leggendo le lettere che mi ha inviato, non posso non commuovermi di fronte a tanto dolore, non posso non dire al Signore: «Ti offro la mia vita, quella dei miei malati, dei miei figli, dei miei anziani, affinché questo amico possa godere della misericordia divina, perché anche vivendo questa situazione lui, che è relazione con il Mistero, possa gridare “io sono Tu che mi fai”, e sapere che non sarà mai, anche se fosse riconosciuto colpevole di questo orribile delitto, soltanto il frutto del suo passato. Chi potrà separarlo dall’amore di Cristo? E allora rallegriamoci per qualsiasi accusa che un essere umano può ricevere, perché se è fondata ci permette di chiederti perdono, Signore, se è falsa ci permette di condividere il Tuo dolore, il dolore che soffristi in silenzio davanti a Pilato, al sinedrio, sulla Croce».
Mio caro, pensa che grazia che hai: mai come ora puoi sperimentare la realtà, il grido di Gesù nel Getsemani, dove nemmeno i suoi amici gli hanno fatto compagnia, mentre tu hai un mucchio di amici che ti scrivono, che si interessano di te, ogni settimana salgono al Gianicolo e per te pregano; mai come ora puoi sentire sulla tua pelle la drammatica esperienza di Gesù sulla croce, che sentendosi solo e abbandonato dal suo stesso Padre, gridò: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».
Che solitudine, che abbandono, che disperazione… che blasfemia, potremmo anche dire, sapendo che era Figlio di Dio! Però questo è il destino dell’uomo, è la tua vita, caro padre. È un destino che condivido con i miei bambini violati, e anche con i pederasti che li hanno violati, che spartisco con tutti i pervertiti malati di Aids, perché anche loro sono relazione con il Mistero.
Dentro tutto questo vivo una commovente esperienza di misericordia, una misericordia che mi porta a essere “sepolto vivo” perché condivido con loro ogni giorno, sieropositivo con i sieropositivi, malato di cancro con i malati di cancro, pieno di amore e tenerezza per i vagabondi, i miei figli prediletti, con i bambini abbandonati, violentati e lasciati soli, e anche con coloro che sono stati “carnefici” dei miei figli.
Mio caro, la giustizia di cui dobbiamo preoccuparci è quella di Dio, ben riassunta nel secondo salmo di giovedì 5 novembre, lì dove il profeta Isaia afferma: «Sion ha detto: “Il Signore mi ha abbandonato”. (…) Si dimentica forse una donna del suo bambino? (…) Io non ti dimenticherò mai». “Io sono Tu che mi fai”. «L’uomo non è e non sarà mai frutto dei suoi antecedenti, dei suoi peccati, ma solo relazione con il Mistero».

La mamma della «bestia»
Un giorno andai a visitare nel carcere di Asunciòn un pedofilo il cui figlio tengo qui al riparo. Ci andai perché anche quest’uomo, macchiato dal peggiore dei delitti, è relazione con il Mistero. Incontrai al suo fianco una donna anziana che piangeva. Vedendo il suo dolore le domandai il perché dei suoi singhiozzi, e lei mi rispose: «Padre, la polizia mi maledice tutte le volte che vengo qui, dicendomi che quest’uomo è peggio di una bestia. Padre, avranno ragione i secondini, però per me è sempre mio figlio». Mi salì un groppo in gola e i miei occhi si bagnarono di lacrime, mentre mi giravano in testa le parole di san Gregorio Nazianzeno: «Se non fossi Tuo, Cristo mio, mi sentirei creatura finita» e quelle di san Filippo Neri che ogni mattina, con l’ironia che gli era propria, affermava: «Signore, sto per uscire di casa per andare al lavoro, per favore mantieni le tue mani sulla mia testa, perché se no stanotte torno a casa con una donna».

Un cuore capace di perdonare
In questi giorni ho ricevuto un’e-mail da una signora, separata da suo marito, con un figlio violentato dal padre. Mi raccontava il suo dramma, il suo dolore, non solo per il terribile delitto del marito ma anche perché il tribunale ecclesiastico al quale lei aveva chiesto l’annullamento del matrimonio aveva rifiutato la sua richiesta, e in più il tribunale civile aveva dato al genitore la possibilità di tenere ogni quindici giorni il figlio con sé. Nel suo scritto mi spiegava: «Padre, dopo che le ho sentito dire che ogni uomo è relazione con l’Infinito, nonostante l’immenso dolore e la rabbia che provo, lo perdono. Non solo, l’altro giorno sono tornata a casa piena di questa certezza, “io sono Tu che mi fai”, allora l’ho abbracciato e l’ho invitato a cenare con me. Dentro di me vive ancora una ribellione, sento un ribrezzo terribile per quello che ha fatto a nostro figlio… però non posso vivere senza la certezza che ogni uomo, per quanto sia pervertito, è relazione con l’Infinito. Per questo non lo potrò mai giustificare, però lo perdono. Anche se non posso comprendere tanta brutalità».
Davanti a queste testimonianze l’unica cosa che ci resta da fare è quella di umiliarci e di colpirci il petto ripetendo: «Signore, io peccatore confesso, abbi pietà di me perché io abbia un cuore grande per perdonarmi e perdonare».
Caro padre, sei nei nostri cuori e nelle nostre preghiere come lo sono anche coloro che ti accusano, o quei giudici che sembrano giocare con la tua vita, dimenticandosi che raccoglieranno quello che ora seminano, e che il giudizio di Dio per loro sarà duro, pensando alle parole di Gesù: «Con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi».

Nessun commento: