domenica 17 ottobre 2010

IL CALCIATORE,IL SINDACALISTA E LE STORIE PIU' BELLE DEI 33 MINATORI CILENI

Occhiaie di riguardo - di Toni Capuozzo
Tratto da Il Foglio del 14 ottobre 2010

Sto seguendo le dirette delle tv americane sul recupero dei trentatré minatori cileni. Lo faccio dopo essere stato una settimana laggiù, ma senza rimpianti.
Le cose si vedono meglio sullo schermo, anche se mancano la notte fredda, la nebbia del mattino, la polvere del giorno del deserto di Atacama. Mi pare di conoscerli, quando escono, anche quando devo andare a vedere il quadernino su cui ho incollato le foto di ciascuno, e poche note biografiche, una Spoon River dei resuscitati. Provo ogni volta a immaginare la prima boccata d’aria fresca, e le prime parole. Tra quelli risaliti finora il più chiassoso è stato Mario Sepulveda.



Quando avevo appreso la sua storia, di ex dirigente sindacale, avevo pensato che una storia del genere non sarebbe potuta avvenire in Italia: quale dirigente sindacale ridiscende in miniera? Sapevo che faceva una settimana di lavoro e una di riposo, e andava e veniva da Santiago, ottocento chilometri più a sud. Nei video dal rifugio era quello che parlava di più, e sua moglie aveva detto: “E’ così, parla molto, ovunque vada”. Lo ha fatto anche all’uscita alla luce, urlando sin dagli ultimi metri della capsula la sua gioia. E, fuori, è stato come se avesse segnato un goal, ed è stata sua la prima intervista, ha detto che si è sentito come tra il diavolo e Dio, e alla fine è stata la mano di Dio ad afferrarlo. Ma ha detto anche che non vuole che i 33 siano trattati da star, siamo minatori, e saremo minatori. Escono uno dopo l’altro, a intervalli di un’ora, come in un parto faticoso, protetti da un paravento dipinto con i colori della bandiera cilena, sanno che ci si aspetta qualcosa da loro. Qualcuno ride sotto gli occhiali e il casco, mentre lo svestono dalla tuta verde che li veste per il viaggio. Jimmy Sanchez, il più giovane, ha già una figlia, ha una giovane moglie carina, ma da sotto aveva detto di aver nostalgia dei piatti della mamma: è ancora un bambino, con l’acne dell’adolescenza. E’ salito il più vecchio di tutti, Mario Gomez, ed ha pregato. Voleva andare in pensione a novembre, ce la farà. E’ uscito Osman Araya, che aveva fatto il bracciante, prima di scegliere la miniera, ed era noto perché, in un manipolo di proletari duri, gli si era incrinata la voce, mentre parlava con la moglie in collegamento video. Ma adesso si è saputo che il telefono, per i più semplici collegamenti audio, era stato messo in una galleria discosta, perché ognuno potesse piangere senza essere visto dagli altri. Già le gallerie: i minatori potevano muoversi – e il punto di risalita è infatti a -628 metri, mentre il rifugio è a -700 – e avevano usato le gallerie attorno per scopi diversi. Una era diventata la latrina, un’altra la palestra per tenersi in forma per l’ora x, la terza la galleria fumatori. Sì, perché dopo qualche giorno in cui le palomas – i colombi viaggiatori, involucri affusolati in cui scendevano lettere e cibo, medicine e tutto il resto – avevano recapitato loro pastiglie di nicotina da masticare, erano riusciti a ottenere sigarette vere, aria viziata più aria viziata meno. Non hanno ottenuto alla vigilia, il Pisco con cui avrebbero voluto brindare alla risalita. Chi è che aspetto con più curiosità? Franklin Lobos, il calciatore, perché conosco la sua storia e mi piace la sua faccia. In chiusura di carriera, segnò il primo goal della storia di un club di Copiapò, poi fallito e scomparso, ma rimasto nella memoria della cittadina. Fecero un voto, alla vigilia della partita decisiva per la promozione, alla fine del campionato. Vinsero, e andarono vestiti com’erano a uno di quei santuari che sorgono ai bordi delle strade, in Cile, seguiti da centinaia di tifosi impazziti di gioia. Credo fosse il 5 agosto del 1980, oppure 1981. Quel 5 di agosto del maledetto incidente, andando verso la miniera Franklin Lobos, autista, è ripassato come ogni giorno, davanti al santuario, con molti chili in più addosso, molti capelli in meno, e un’avventura di cui non sapeva davanti.


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