martedì 12 ottobre 2010

LA CHIESA HA MOLTI NEMICI

......Il Papa è consapevole di questi attacchi, è anche abbastanza interessato alle nuove tecnologie e alla necessità di migliorare le strategie di comunicazione della Santa Sede. Però anche in questo caso ribadisce che bisogna affidarsi comunque alla fedeltà alla preghiera, alla meditazione, al Cristo crocefisso. Conclude Introvigne: "È probabile che abbia ragione non solo, com'è ovvio, sul piano spirituale ma anche su quello culturale e sociologico, dove alla Chiesa non si chiede d'imitare i modelli dominanti ma di essere se stessa. Non tutti, anche tra i cattolici, sembrano averlo compreso".


di Domenico Bonvegna
C'è una amara verità, non nascondiamola: la Chiesa ha molti nemici, lo ha scritto recentemente Giampaolo Barra, direttore responsabile del mensile Il Timone, lo sostengono anche Andrea Tornielli e Paolo Rodari in Attacco a Ratzinger, sottotitolo, Accuse e scandali, profezie e complotti contro Benedetto XVI, un pamphlet edito da Piemme.

Oggi la Chiesa, e il suo Capo visibile, il Papa, subiscono un 'attacco' di dimensioni smisurate. In pratica, i nemici ci sono e sono molti. E già immagino certi cattolici che frequentano le parrocchie e certi progressisti che certamente non accettano mai e poi mai che la Chiesa possa avere nemici. Tesi come quelle di Barra o del libro di Tornielli e Rodari, saranno bollate subito come integraliste, fatte da gente che vede nemici dappertutto.

Giovanni Zenone lo ha scritto chiaramente nella prefazione al libro I Nipotastri di Voltaire, edito da Fede & Cultura, "oggi i cattolici, o ecclesiastici 'adulti', affermano che per essere cristiani non si devono avere nemici. Come se Cristo non ne avesse avuti e non ci avesse profetizzato che avremmo fatto - ma anche subito - cose ben più grandi di quante ne fece e subì Lui. Si sentono anzi pastori deviati che invitano ad abbracciare non solo le persone dei nemici, ma anche le loro ideologie. Una cosa del genere è comprensibile per chi sta fuori dalla Chiesa, ma non è accettabile che si trovino in parrocchia o sui giornali cattolici recensioni entusiastiche di personaggi di dubbia fede che vengono invitati in cattedra da chi avrebbe invece il dovere, da quella cattedra, di insegnare la dottrina che porta alla salvezza".

Da quando è asceso al soglio di Pietro, Benedetto XVI è stato bersagliato dagli attacchi, cinque anni di attacchi al suo magistero sapiente e illuminato e decisamente contro corrente. Il Papa esplicitamente e chiaramente ha esposto senza edulcorazioni la visione della fede, che quasi mai è stata accolta dalla nostra società che è fortemente laicista e secolarizzata. Anzi spesso reagisce attaccando il Papa e la Chiesa come nei recenti casi di pedofilia del clero. Benedetto XVI, ha chiesto più volte di fare penitenza e di pregare ai suoi sacerdoti.

Nel libro Attacco a Ratzinger gli autori fanno una cronaca attenta fin nei particolari, ai retroscena degli attacchi da parte di un'incessante campagna mediatica contro Benedetto XVI. Rodari e Tornielli elencano dieci episodi principali, e a proposito di ognuno forniscono dettagli in parte inediti. Si inizia il 22 dicembre 2005 quando il Papa tiene il suo primo discorso alla curia romana, qui Ratzinger chiarisce che il Concilio Vaticano II non fu un momento di rottura con il passato. Sbaglia chi vede nel Concilio una cesura rispetto alla tradizione della Chiesa. Sbaglia chi, partendo dal Concilio, propone una rivoluzione generalizzata nella Chiesa e non consideri quanto negli anni precedenti è stato conquistato. Chi interpreta così il Concilio non fa altro che allinearsi alla "simpatia dei mass media e anche di una parte della teologia moderna". Da allora sono iniziati gli attacchi provenienti dai diversi mondi, fino ad arrivare a non farlo parlare come è successo all'Università La Sapienza di Roma. Ma il Papa fece conoscere il suo discorso dove scrisse di non volere imporre la fede.

Ancora più forte si è manifestata l'offensiva contro il Papa dopo il discorso di Ratisbona del 12 settembre 2006, il quale contiene una citazione dell'imperatore bizantino Manuele II Paleologo (1350-1425) giudicata da alcuni offensiva nei confronti dell'islam e dei musulmani. Ne nasce una grande furiosa campagna contro Benedetto XVI, alimentata sia da organi di stampa occidentali sia dal fondamentalismo islamico, che degenera in episodi violenti. A Mogadiscio, in Somalia, è perfino uccisa una suora.

C'è un vero e proprio coro dei mass media a cui si uniscono esponenti cattolici ostili al Papa. In questa faccenda emerge per la prima volta anche una certa debolezza nel sistema di comunicazione della Santa Sede, molto lento rispetto alla velocità delle polemiche nell'era di Internet e non sempre capace di prevedere in anticipo le conseguenze delle parole più "forti" del Papa, prendendo per tempo le necessarie contromisure. Anche se per lo specialista gesuita padre Khalil Samir Khalil, il discorso di Ratisbona non è stato affatto una gaffe del Papa bisognosa di correzione, ma di un passaggio integrale e ineludibile in un'analisi sui problemi dell'islam contemporaneo e sulla sua difficoltà a impostare correttamente il rapporto fra fede e ragione. Paradossalmente, rilevano gli autori, queste motivazioni profonde del passaggio sull'islam nel testo di Ratisbona sono state comprese da molti intellettuali musulmani, ma rimangono ostiche o ignorate per la grande stampa dell'Occidente.

"Ratzinger ferisce non solo quando parla. Ma anche quando prende decisioni che entrano nel profondo della vita della Chiesa. Tra queste la firma del Motu proprio Summorum Pontificum che ha liberalizzato il rito antico e la revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani". (Paolo Rodari, Il Papa sotto tiro, settembre-ottobre 2010 Il Timone). Nella liberalizzazione della Messa con il rito detto di San Pio V, appare evidente il ruolo del dissenso progressista, in questo caso si nota una "sconfortante resistenza di liturgisti, riviste cattoliche, intellettuali con un accesso diretto ai grandi media come Enzo Bianchi ma anche vescovi e intere conferenze episcopali che si agitano, si riuniscono, arruolano la stampa laicista e tramano in mille modi per sabotare il motu proprio". (Massimo Introvigne, I Tre nemici del Papa, Cesnur. org)

Il sociologo delle religioni, nota che "chi combatte il motu proprio difende l'egemonia di quell'interpretazione del Vaticano II in termini di discontinuità e di rottura con tutta la Tradizione precedente che Benedetto XVI ha tentato in molti modi di correggere e scalzare". Dunque la posta in gioco non è solo la liturgia, ma l'interpretazione del Concilio Vaticano II. L'accusa è sempre la stessa: il Papa vuole tornare a prima del Concilio. "E' una paura infondata", secondo il Pontefice, "Questo Motu proprio è semplicemente un atto di tolleranza, a fini pastorali, per persone che sono state formate in quella liturgia, la amano, la conoscono, e vogliono vivere con quella liturgia".

Inoltre il progressismo si è scatenato contro il Papa per la remissione della scomunica del 2009 nei confronti dei quattro vescovi "lefebvriani"e in particolare per uno di loro mons. Richard Williamson, per il suo sostegno alla negazione del cosiddetto Olocausto ebraico. "Al di là del merito della questione, - afferma Introvigne - è evidente che la Santa Sede non condivide queste tesi - lo stesso Benedetto XVI le ha ripetutamente condannate - e che qualunque persona dotata di buon senso sarebbe stata in grado di rendersi conto che un provvedimento in qualche modo favorevole a un sostenitore della posizione "revisionista" sull'Olocausto non avrebbe mancato di scatenare una tempesta mediatica. Il problema, dunque, è quando la Santa Sede è venuta a conoscenza delle tesi di mons. Williamson in tema di Olocausto.

Qui purtroppo appaiono evidenti gli errori della comunicazione all'interno della Santa Sede, secondo Tornielli e Rodari, bisognava accompagnare immediatamente, la pubblicazione della revoca della scomunica, con una chiara precisazione sul fatto che la remissione delle scomuniche non ha nulla a che fare con le tesi di Williamson sull'Olocausto, che il Papa in nessun modo condivide. Questa precisazione è venuta solo diversi giorni dopo, dando l'impressione che la Santa Sede si trovasse in imbarazzo e sulla difensiva. Inoltre, come il Papa stesso ha rilevato nella sua lettera dell'11 marzo 2009 sul tema, già prima dell'intervista rilasciata in Svezia le posizioni di mons. Williamson comparivano su diversi siti Internet e "seguire con attenzione le notizie raggiungibili mediante l'Internet avrebbe dato la possibilità di venir tempestivamente a conoscenza del problema. Ne traggo la lezione che in futuro nella Santa Sede dovremo prestar più attenzione a quella fonte di notizie".

In questa faccenda emergono altri due elementi. Il primo è la grandezza d'animo di un Papa che si assume personalmente la responsabilità di ogni errore eventualmente commesso, rompendo con una lunga prassi secondo cui in questi casi ogni colpa è attribuita ai collaboratori. Il secondo è che, pur essendo evidente che al momento della firma del decreto Benedetto XVI non conosceva le posizioni di mons. Williamson sull'Olocausto, la campagna della stampa laicista ha avuto successo perchè noti esponenti cattolici hanno subito attaccato il Papa "vendicandosi"così del motu proprio. A questo proposito, scrive lo stesso Pontefice: "Sono rimasto rattristato dal fatto che anche cattolici, che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose, abbiano pensato di dovermi colpire con un'ostilità pronta all'attacco".

Ancora, il ruolo nefasto dei progressisti cattolici emerge in altre due campagne contro Benedetto XVI a proposito di due vescovi regolarmente scelti dal Papa che hanno dovuto rinunciare alle cariche:mons. Stanislaw Wielgus, nominato primate di Polonia, a causa della scoperta di documenti relativi a una sua collaborazione giovanile con i servizi segreti del regime comunista, e mons. Gerhard Wagner, nominato vescovo ausiliare di Linz, in Austria, contro cui si erano sollevati il clero e anche molti vescovi austriaci a causa di dichiarazioni sulla natura di castigo di Dio dell'uragano Katrina, sul carattere satanico dei romanzi del ciclo di Harry Potter e sulla possibilità di curare l'omosessualità tramite terapie riparative.

Secondo Introvigne le opinioni di monsignor Wagner sono condivise da molti nella Chiesa, anche dallo stesso Ratzinger, è sintomatico che il vaticano abbia ceduto alle pressioni del clero austriaco, guidato da un sacerdote che poco dopo ha ammesso pubblicamente di vivere da anni in una situazione di concubinato, mentre per il vescovo polacco, è probabile che abbia mancato di tatto, ha maldestramente cercato di nascondere i documenti sul suo passato, anche se un passato condiviso da oltre centomila persone in Polonia, tra cui numerosi sacerdoti e diversi vescovi; ma Vielgus, per Introvigne, veniva attaccato non tanto per il suo passato di essere collaboratore con i servizi segreti comunisti, ma per il suo presente, in quanto vescovo conservatore.

Nel marzo 2009 con il viaggio del Papa in Africa l'attacco entra in una fase nuova, scrive Introvigne. Sull'aereo che lo porta in Camerun come di consueto Benedetto XVI risponde alle domande dei giornalisti. Spiegò che l'Aids non si può superare con la distribuzione dei preservativi. Apriti cielo. L'intellighenzia laica di mezza Europa lo attaccò - scrive Rodari - Ma aveva detto una cosa giusta: per combattere l'Aids serve un'educazione dell'uomo che lo porti a considerare il proprio corpo in modo diverso. Fior di di immunologi sono con il Papa.

Benedetto XVI ha ricevuto attacchi anche da "destra"anche da persone di solito rispettose come gli studiosi statunitensi George Weigel e Michael Novak, in tema di economia all'enciclica Caritas in veritate del 2009, giudicata da ingiustamente ostile al modello di capitalismo prevalente negli Stati Uniti, e delle polemiche sul terzo segreto di Fatima e sull'asserita esistenza di una parte del testo tenuta ancora segreta dal Vaticano. Sul merito si può certo discutere - per Introvigne - anche se sull'enciclica gli studiosi americani sembrano soprattutto stizziti per non essere stati consultati, com'era invece avvenuto per testi di Giovanni Paolo II - ma il tono e i veleni sono comunque segnali di un clima malsano.

Anche le aperture agli anglicani che, delusi dalle aperture della loro comunità al sacerdozio femminile e al matrimonio omosessuale, tornano a Roma, se è avversata "da sinistra" come pericolosa per l'ecumenismo - ma quale ecumenismo è possibile con chi celebra in chiesa matrimoni gay? - è attaccata anche "da destra" perché, prevedendo percorsi di accoglienza nella Chiesa Cattolica di sacerdoti anglicani sposati, sembra compromettere la difesa del celibato. Anche qui quella che è più grave è l'incomprensione del carattere globale dell'attacco al Papa da parte di certi sedicenti "conservatori", che gettano benzina anziché acqua sul fuoco.

Ma l'attacco più agguerrito gli viene fatto sulla questione dei preti pedofili, lo accusano di aver coperto i sacerdoti che in passato si macchiarono del delitto della pedofilia. E' veramente paradossale prendersela con lui che da cardinale, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, è stato durissimo nei confronti dei preti pedofili, tanto da essere accusato di violare il loro diritto alla difesa e di essersi scontrato sull'argomento con numerosi colleghi vescovi. Oggi presentarlo al contrario come tollerante sul punto è semplicemente ridicolo, - scrive Introvigne - eppure trova talora credito tra i lettori meno informati dei quotidiani.

Si può parlare di un complotto contro il Papa? Gli autori del libro Attacco a Ratzinger e lo stesso Introvigne, cui faccio seguire un'ampia citazione, sono convinti che ci sono in atto tre diversi attacchi a Benedetto XVI, da parte di tre diversi nemici. "Il primo è costituito dalla galassia di lobby laiciste, omosessuali, massoniche, femministe, delle case farmaceutiche che vendono prodotti abortivi, degli avvocati che chiedono risarcimenti miliardari per i casi di pedofilia. Questa galassia, troppo complessa perché si possa ritenere che risponda a una sola regia, dispone però grazie alle nuove tecnologie dell'informazione di un potere che nessun altro nemico della Chiesa ha avuto nell'intera storia umana e vede nel Papa il principale ostacolo alla costruzione di una universale dittatura del relativismo in cui Dio e i valori della vita e della famiglia non contano.

Secondo Introvigne queste lobby hanno successo perché hanno arruolato un secondo nemico del Papa costituito dal progressismo cattolico e da quei cattolici e teologi - tra cui non pochi vescovi - i quali vedono la loro autorità e il loro potere nella Chiesa minacciato dallo smantellamento da parte di Benedetto XVI di quella interpretazione del Concilio in termini di discontinuità e di rottura con la Tradizione su cui hanno costruito per decenni carriere e fortune.

Le interviste ai cattolici progressisti permettono ai media laicisti di rappresentare la loro propaganda non come anticattolica ma come sostegno contro il Papa reazionario che vuole "abolire il Concilio", cioè mettere in discussione il suo presunto "spirito", dal momento che la lettera dei documenti conciliari dai giornalisti anticattolici non è neppure conosciuta e dai loro compagni di strada "cattolici adulti" è giudicata irrilevante. Infine In terzo luogo, Benedetto XVI ha anche un terzo nemico, inconsapevole e involontario ma non per questo meno pericoloso. Ci sono "'attacchi' involontariamente autoprodotti a causa delle numerose imprudenze e dei frequenti errori dei collaboratori" (p. 313) del Papa. Gli autori riportano diversi pareri sulla difficoltà di comunicazione della Santa Sede nell'epoca non solo di Internet ma di Facebook e di una telefonia mobile collegata al Web che fa sì che le notizie arrivino a centinaia di milioni di persone - per esempio i cinquecento milioni di utenti Facebook attivi ogni giorno - pochi secondi dopo essere state lanciate e siano archiviate come vecchie dopo qualche ora. Se una notizia falsa non è smentita entro due o tre ore, se a un attacco non si risponde al massimo entro ventiquattr'ore le possibilità di replica efficace si riducono a poco più di zero.

Se tutto questo è vero, il problema non è internet ma il numero sempre maggiore di persone - centinaia di milioni, appunto, non piccole élite - che a Internet sono collegate ventiquattro ore su ventiquattro tramite gli smartphone, i netbook o i vari iPad, e hanno un tempo di reazione a richieste o provocazioni che si misura in minuti e non più in ore. Sul punto il libro del giornalista italiano Marco Niada Il tempo breve (Garzanti, Milano 2010) dovrebbe forse essere letto anche da qualche vaticanista".

Il Papa è consapevole di questi attacchi, è anche abbastanza interessato alle nuove tecnologie e alla necessità di migliorare le strategie di comunicazione della Santa Sede. Però anche in questo caso ribadisce che bisogna affidarsi comunque alla fedeltà alla preghiera, alla meditazione, al Cristo crocefisso. Conclude Introvigne: "È probabile che abbia ragione non solo, com'è ovvio, sul piano spirituale ma anche su quello culturale e sociologico, dove alla Chiesa non si chiede d'imitare i modelli dominanti ma di essere se stessa. Non tutti, anche tra i cattolici, sembrano averlo compreso".



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