lunedì 11 ottobre 2010

L'ORRORE CHE CHIEDE DI DIRE GRAZIE


DA CLANDESTINO
E' davanti al viso di Sarah uccisa, violentata e gettata nella cisterna che dobbiamo ricomporre la nostra umanità. E vedere se un filo lega il cuore, la voce, il silenzio, il pianto e la luce. E' davanti, è insieme a queste cose che si deve alzare, se si alza, il nostro gloria patri. E' insieme alla carne cieca, violenta, livida di una insensato uomo perduto anche lui in quella cisterna. Insieme alla nostra dura, porca, e poverissima smarrita umanità.
Insieme. Senza dimenticare chi siamo. E di cosa siamo capaci. Perché li senti quelli, i buoni cristiani, quelli contro l'individualismo che dicono che ci si salva tutti insieme, con i rom con gli immigrati etc etc. E se è vero allora ci si salva anche insieme con lo zio maledetto, con le giornaliste che fanno orridi zabaioni di dolore e tv.
O forse no, non è vero. Non ci si salva insieme. Ognuno si salva o si danna da solo. Non c'è la classe umana che va in paradiso. Si va da soli. Ogni singola anima. In gloria patri o in nientissimo inferno. Ma il gloria qui, la lode per il vivente, lo sperdutissimo grazie di esistere, lo si pronuncia tenendo conto di tutto, Insieme a tutto, Di fronte a tutto. Al viso di lei rapita ai quindici anni dalla assassina cupidigia dello zio, alla bocca della cisterna odiosa dove ha perso la sua giovinezza. Per questo non può che essere un grazie sommesso o gridato, un grazie pronunciato non per così dire educatamente da uno che si sente fortunato, ma da un cuore che si strappa, e geme e desidera. E inquietamente cammina tra le cose degli uomini, non tra gli affari suoi.

dr















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