......E di quanto sarà più moderna se nelle materie “eticamente sensibili” cosiddette nemmeno uno iota della Humanae vitae viene abolito da Ratzinger?
Celibato, sacerdozio femminile, omosessualità. Sono le questioni ricorrenti, «il canone», osserva Seewald, che da decenni anima la discussione «nei mezzi di comunicazione». Benedetto XVI ne discute apertamente. Liberamente. Tanto per cominciare: sia congenita o no, «non per questo l’omosessualità diviene moralmente giusta, bensì rimane qualcosa che è contro la natura di quello che Dio ha originariamente voluto». Quanto al celibato, il Papa ribadisce come «ci guadagni nel suo essere segno grande e significativo e soprattutto diventa più vivibile se si costituiscono comunità di sacerdoti». Parla dei cattolici divorziati e conferma la disponibilità della Chiesa ad approfondire il problema dei risposati che non possono ricevere la comunione. Parla del vecchio mondo, papa Ratzinger, quello in cui il matrimonio cristiano «contraddice gli stili di vita oggi dominanti». E del Terzo Mondo, quello dove il matrimonio monogamico sembra «il più difficile di tutti i sacramenti». «Ma rinunciare al matrimonio monogamico oppure interrompere la battaglia per questa forma di unione, significherebbe contraddire il Vangelo»......
Non un’organizzazione, ma un organismo vivente. Non un sistema morale, ma Cristo. La Chiesa e la fede secondo Benedetto XVI, il papa che parla di Dio, di sapienza e di verginità a una top model brasiliana come a un vescovo disorientato. Pillole dall’intervista di Peter Seewald al Santo Padre
di Luigi Amicone
Oggigiorno abbiamo un po’ tutti sentimenti complicati e siamo un po’ tutti persone sensibili. Ma per tornare a vedere e a gustare la vita, occorre verità, cioè semplicità.
Parola di Santo Padre. «Direi che il semplice è il vero, ed il vero è semplice. Il nostro problema consiste nel fatto che, per i troppi alberi, non riusciamo più a vedere la foresta intera; che con tutto questo sapere non troviamo più la sapienza». Joseph Ratzinger, in “arte” Benedetto XVI. Il primo papa, il 264esimo successore di Pietro, che si è concesso a otto ore di intervista senza voler sapere in anticipo le domande e senza filtri nelle risposte. Ne è uscita una Luce del mondo. Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi, conversazione pubblicata dalla Libreria editrice vaticana, ora disponibile in libreria, imponente. E compromettente. Innanzitutto per l’autore, Peter Seewald. Che dopo aver pubblicato due volumi con il Ratzinger teologo e cardinale capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha vinto la sua ennesima lotteria con questa esclusiva che sarà tradotta in diciotto lingue e venderà milioni di copie. Ma compromettente soprattutto per la cristianità, per gli uomini di buona volontà e, in generale, per tutte le persone curiose che non vivono da struzzi o abbarbicate ai propri pregiudizi.
Naturalmente al famoso “dibbattito” interessa sapere del goldone. E se non sei un piazzista delle macchinette di preservativi, lo capisci anche tu che «concentrarsi solo sul profilattico vuol dire banalizzare la sessualità, e questa banalizzazione rappresenta proprio la pericolosa ragione per cui tante e tante persone nella sessualità non vedono più l’espressione del loro amore, ma soltanto una sorta di droga, che si somministrano da sé». Parola di Papa. Di qui l’umana e persino tecnica considerazione che «vi possono essere singoli casi giustificati, ad esempio quando una prostituta (“un prostituto” nell’originale tedesco, ndr) utilizza un profilattico». Si può dire che dopo questa intervista la Chiesa cattolica sia più moderna di un minuto fa? E di quanto sarà più moderna se nelle materie “eticamente sensibili” cosiddette nemmeno uno iota della Humanae vitae viene abolito da Ratzinger?
Celibato, sacerdozio femminile, omosessualità. Sono le questioni ricorrenti, «il canone», osserva Seewald, che da decenni anima la discussione «nei mezzi di comunicazione». Benedetto XVI ne discute apertamente. Liberamente. Tanto per cominciare: sia congenita o no, «non per questo l’omosessualità diviene moralmente giusta, bensì rimane qualcosa che è contro la natura di quello che Dio ha originariamente voluto». Quanto al celibato, il Papa ribadisce come «ci guadagni nel suo essere segno grande e significativo e soprattutto diventa più vivibile se si costituiscono comunità di sacerdoti». Parla dei cattolici divorziati e conferma la disponibilità della Chiesa ad approfondire il problema dei risposati che non possono ricevere la comunione. Parla del vecchio mondo, papa Ratzinger, quello in cui il matrimonio cristiano «contraddice gli stili di vita oggi dominanti». E del Terzo Mondo, quello dove il matrimonio monogamico sembra «il più difficile di tutti i sacramenti». «Ma rinunciare al matrimonio monogamico oppure interrompere la battaglia per questa forma di unione, significherebbe contraddire il Vangelo». E si sarebbe potuto immaginare che un papa rispondesse senza giri di parole sia al vescovo progressista, sia a «una top model brasiliana» secondo i quali «al giorno d’oggi non c’è una sola donna che arrivi vergine al matrimonio», ergo perché la Chiesa rimane contraria ai rapporti prematrimoniali? «È giusto che in questo campo molte cose debbano essere ripensate ed espresse in modo nuovo. E tuttavia, per rispondere alla top model e anche al pensiero di molti altri, la statistica non è il metro di giudizio della morale. È grave abbastanza quando la demoscopia diventa il criterio per assumere le decisioni politiche, quando furtivamente ci si chiede: “Come aumentare il mio consenso” invece di domandarsi: “Cosa è giusto fare?”».
Il peccato non impedisce il bene
Ma è il modo con cui Benedetto XVI richiama al vero e al giusto che è interessante. «Credo che ci saranno sempre delle minoranze intimamente persuase della giustezza di quelle prospettive e che, vivendole, ne rimarranno pienamente appagate così da diventare per altri affascinante modello da seguire». Testimonianza personale e battaglia culturale pubblica sono due facce della stessa medaglia. «Siamo peccatori. Ma non dovremmo assumere questo fatto come istanza contro la verità… Dovremmo cercare di fare tutto il bene possibile, e sorreggerci e sopportarci a vicenda». Al tempo stesso il Papa è severo con gli sciocchi che diffondono sciocchezze. Il non ammettere le donne al sacerdozio è una discriminazione che Gesù avrebbe combattuto, se ai tempi di Gesù fosse stato anche solo pensabile il sacerdozio per le donne? «È una stupidaggine perché il mondo era pieno di sacerdotesse». Dunque? Dunque «la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale». Questa, rammenta papa Benedetto, fu la formula di Giovanni Paolo II e a ciò si atterrà la Chiesa. «Non si tratta di non volere ma di non potere». Perché la forma della Chiesa è stata decretata da Cristo con i dodici apostoli e con la successione apostolica. «Non possiamo fare quello che vogliamo».
La vita nella «famiglia pontificia»
Il giovane John Dewey costruì l’utopia (e il fallimento) della pedagogia americana sull’idea che bisognava ammainare la bandiera della ricerca della verità in nome dell’“efficienza sociale”, dei “valori comuni”, della “religione della democrazia”. Il vecchio Ulrich Beck, tedesco e bavarese come papa Ratzinger, è appena venuto in Italia (all’Università di Torino) per offrire ai giovani l’ultima versione aggiornata di un’idea fallita. Ovvero «se Dio c’è è un pericolo globale». E poi la nuova utopia già un pochino avvizzita: «Oggi chiedersi in che misura la verità possa essere sostituita dalla pace è una domanda cruciale per la sopravvivenza dell’umanità» (la Stampa, 19 novembre 2010). Fa bene perciò il Pontefice a dedicare un affondo (nel libro è un intero capitolo) ai furbetti del relativismo: «La vera minaccia di fronte alla quale ci troviamo è che la tolleranza venga abolita in nome della tolleranza stessa… Nessuno è costretto ad essere cristiano. Ma nessuno deve essere costretto a vivere secondo la “nuova religione”, come fosse l’unica e vera, vincolante per tutta l’umanità». Esattamente all’opposto di questa posizione sta l’idea di “tempo di conversione” e la proposta che papa Ratzinger rilancia anche agli agnostici. «Dobbiamo, per così dire, osare di nuovo l’esperimento di Dio».
Il Papa di questa cordiale e apertissima conversazione non è prima di tutto un professore, un teologo, un prete. Il Papa è prima di tutto Joseph Ratzinger, uno che voleva andare in pensione, farsi gli affari suoi, passare gli ultimi anni della vita a riposare tra un libro, un gatto e un pianoforte a coda. E invece no. È stato preso ed è stato portato là dove il suo cuore non voleva andare. Perfino negli affetti domestici è dovuto rinascere quando già sarebbe sembrato, come si dice, con un piede più di là che di qua. Non usa più la cyclette che gli aveva prescritto il dottor Buzzonetti? «No, non ne ho proprio il tempo, e ringraziando Iddio, in questo momento nemmeno mi serve!» Quindi – civetta il fortunato Seewald a cui Benedetto XVI ha persino regalato l’incisione della voce del Papa sulla segreteria telefonica del figlioletto – «il Papa è come Churchill: no sports!». «Esatto!». Il Papa ha la sua «famiglia pontificia» («quattro donne della comunità dei Memores Domini e i due segretari») e tempi scanditi da pasti in comune e perfino dalla tv («Guardo il notiziario insieme ai miei segretari, e qualche volta anche un dvd»). «Insieme alla famiglia pontificia festeggiamo il Natale, nei giorni festivi ascoltiamo musica e conversiamo. Festeggiamo gli onomastici e a volte recitiamo insieme i vespri. Insomma, le feste le passiamo insieme. E poi, insieme ai pasti, in comune c’è soprattutto la Santa Messa del mattino».
L’altro emisfero della Chiesa
Al Papa non importa di avere ragione. Al Papa, per dirla con un paradosso chestertoniano, importa avere torto in tutto tranne che nell’aver ragione. Quando ha ragione? Per esempio quando dimostra molta pietà per l’Occidente e una prece per l’Europa. Però, se altro è il suo punto di osservazione rispetto all’occhio pacifista e onusiano, lo sguardo petrino non è nemmeno di destra né di sinistra, né Fox né Rai Tre. Dice: guardate che il mondo sta andando da un’altra parte rispetto a quello nauseato dalla vita e perciò alla rovescia in cui sprofonda l’intellettuale occidentale. Guardate che, come sempre nella storia, Dio si sta divertendo a ripartire da un resto di Israele che nasce in un altrove geografico rispetto alla sempre più capricciosa e contorta Europa. Seewald elenca preciso e stupito le cose di cui è capace un vecchio signore tedesco catapultato sulla roccia di Pietro. Stando all’Annuario Pontificio, nel solo 2009 papa Ratzinger ha eretto nove nuove diocesi, una prefettura apostolica, due sedi metropolitane e tre vicariati apostolici. Nelle quasi tremila diocesi ha nominato 169 nuovi vescovi. Poi ci sono le udienze, le omelie, i viaggi, le tante decisioni prese ogni giorno. Nonostante tutto questo ha anche scritto una grande opera su Gesù, il cui secondo volume sarà pubblicato nel marzo del 2011. «Lei oggi ha 83 anni, da dove prende tutta questa forza?». La risposta del Santo Padre merita di essere copiaincollata per intero: «Innanzitutto devo dire che tutto quello che Lei ha elencato è segno di quanto sia viva la Chiesa. Osservandola soltanto dal punto di vista dell’Europa, sembrerebbe in declino. Ma è solo una parte dell’insieme. In altri luoghi della terra, la Chiesa cresce ed è viva, è molto dinamica. Negli ultimi anni, il numero dei nuovi sacerdoti è aumentato in tutto il mondo, e anche il numero dei seminaristi. Nel continente europeo, sperimentiamo soltanto un determinato aspetto e non anche la grande dinamica del risveglio che in altre parti esiste veramente e che incontro continuamente nei miei viaggi e tramite le visite ad limina dei vescovi. È vero che in realtà questo è uno sforzo quasi eccessivo per un uomo di 83 anni. Ringraziando Iddio, ci sono tanti bravi collaboratori. Tutto viene ideato e realizzato in uno sforzo comune. Confido nel fatto che il buon Dio mi dà la forza di cui ho bisogno per fare quello che è necessario. Però mi accorgo che le forze vanno diminuendo».
Le forze andranno pure diminuendo, ma intanto il Papa non fa un passo indietro rispetto allo shock e alla denuncia degli abusi sessuali nella Chiesa. «La verità, unita all’amore inteso correttamente, è il valore numero uno». Conosce i suoi polli, il Papa («la burocrazia è consumata e stanca»). E a quei chierici autoccupati a gestire di tutto – dalla solidarietà ai clandestini alla rivolta morale contro i premier libertini, dalle rivolte nel Terzo Mondo alle banche etiche – dice che così non va bene. E perché non va bene? Perché «Paolo non intendeva la Chiesa come istituzione, come organizzazione… È importante capire questo, e dunque intendere la Chiesa non come un apparato che deve fare di tutto… bensì come organismo vivente che proviene da Cristo stesso». Purtroppo il Papa è una persona normale, semplice, non ideologica. Non cerca il consenso e gli zuccherini. Non ha bisogno di ciurlare nel manico con lo Zygmunt Bauman della «società liquida» e moderna «nel senso di un fiume che non è più tale se cessa di scorrere, o il vento che non è più vento se cessa di soffiare» (Bruno Bonsignore e Francesco Varanini, Un’etica per manager, Guerini e Associati). Però alla domanda dell’intervistatore che parte col piede sul «Papa più potente di tutti i tempi» e che «mai prima d’ora la Chiesa cattolica ha avuto tanti fedeli» succede per la prima volta che un papa dia ragione a Stalin: «Sono statistiche che certo hanno la loro importanza… Stalin aveva effettivamente ragione quando diceva che il Papa non ha divisioni e non può intimare o imporre nulla».
Lo svuotamento di Gesù
Cristo: «Spesso questo Colui che viene è stato presentato con formule senz’altro vere che però sono insieme inerti. Esse non riescono più a penetrare nel contesto della nostra vita e spesso ci risultano incomprensibili. Oppure accade anche che questo Colui che viene è totalmente svuotato, falsificato in quanto ridotto a generico topos morale dal quale non viene niente e che non significa niente. Dobbiamo quindi cercare di dire veramente l’essenziale come tale, ma di dirlo con parole nuove». E come si fa a dirlo con parole nuove? Viene in mente il «ciò che Dio desidera maggiormente per ciascuno di voi è che diventiate santi» detto dal Santo Padre ai ragazzi inglesi nel recente viaggio in Gran Bretagna. A Seewald il Papa dice che «la traduzione intellettuale presuppone la traduzione esistenziale. In questo senso i santi vivono l’essere cristiano nel presente e nel futuro, e a partire dalla loro esistenza Colui che viene diventa anche traducibile così da rendersi presente nell’orizzonte mentale del mondo secolare. Questo è il grande compito di fronte al quale ci troviamo».
«L’essere cristiano è esso stesso qualcosa di vivo». Perciò solo un avvenimento di vita cambia la storia. «La Chiesa non grava gli uomini di un qualcosa, non propone un qualche sistema morale. Veramente decisivo è il fatto che essa dona LUI».
È da un amore, non da una istituzione, che una civiltà si rimette in movimento. Ma non è impossibile opporsi alla propaganda mondiale del negativo? «In effetti abbiamo bisogno in certo qual modo di isole… oasi, arche di Noè, nelle quali l’uomo può sempre trovare rifugio… nelle quali, al contrario di ciò che di sfasciato ci circonda, si manifesta la bellezza del mondo e la bellezza della vita».
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