lunedì 30 luglio 2007

LA CONFUSIONE E LA BRECCIA DEL MISTERO

La consapevolezza del desiderio del cuore, chiave di volta del metodo che mette nelle condizioni di incontrare la risposta. La presentazione pubblica de Il cammino al vero è un’esperienza

La Diaconia Nazionale di Comunione e Liberazione ruota intorno a due fattori: una domanda e una risposta. Né l’una né l’altra sono pure idee pensate in astratto, ma piuttosto esperienze vissute nel concreto.


Usa/Diaconia
La confusione e la breccia del Mistero
Santiago Ramos
I responsabili del movimento in Nordamerica per tre giorni in California. La consapevolezza del desiderio del cuore, chiave di volta del metodo che mette nelle condizioni di incontrare la risposta. La presentazione pubblica de Il cammino al vero è un’esperienza

La Diaconia Nazionale di Comunione e Liberazione ruota intorno a due fattori: una domanda e una risposta. Né l’una né l’altra sono pure idee pensate in astratto, ma piuttosto esperienze vissute nel concreto. Le 349 persone, convenute quest’anno a San Diego, erano unite non solo dalla domanda, che era parte della vita di ciascuno, ma ancor più dalla risposta, che abbiamo imparato a riconoscere seguendo un metodo.
Don Julián Carrón ha aperto la Diaconia la sera del 12 gennaio. «Se uno nascesse oggi in una delle nostre città - ha esordito rivolgendosi al gruppo di americani giunti da New York, Los Angeles, Washington e da più di cinquanta altre città -, se volesse trovare il significato della vita, il modo per vivere la vita, e andasse in un’edicola o in una libreria, ne uscirebbe confuso, perplesso, o se guardasse la televisione per 24 ore filate, che cosa apprenderebbe in merito a come affrontare la vita?». La domanda era retorica, ma importante. Tutti erano d’accordo con don Carrón sul fatto che la risposta era poco più che nulla. Ma per ognuno dei presenti quel venerdì sera a San Diego, California, questa triste considerazione ha significato l’aprirsi a un dramma più grande. «Malgrado noi viviamo in un tale contesto - ha continuato don Carrón -, nessuna incertezza può cancellare il fatto che siamo qui a motivo di un desiderio. Questo è già stupefacente. Non datelo per scontato».
Don Carrón ha insistito sul fatto che il desiderio del cuore di un compimento «è inestirpabile: ultimamente, non possiamo strappare questo desiderio del destino dal nostro cuore». Può essere soffocato o represso, ma mai del tutto spento dalla confusione in cui viviamo. Essere consapevoli di chi siamo, di quale è il nostro bisogno, è la chiave del metodo che ci mette in condizione di incontrare la risposta: «Guardare con simpatia l’umano - ha detto don Carrón -, tenendo presente tutto ciò che siamo, prendendo sul serio ogni nostra esperienza». Così Carrón ha posto il tema della Diaconia: “Il cammino al vero è un’esperienza”.
Dei 349 arrivati a San Diego per la Diaconia 2007, dieci sono venuti dall’Italia, ventuno dal Canada, altri dieci dal Messico. Il resto - più di trecento - erano americani. Il Kona Kai Hotel and Marina, che ha ospitato i tre giorni di lavori, è un bellissimo albergo affacciato sulla baia, con una gran quantità di yachts e barche da pesca ancorate nel porto vicino. Nel programma della Diaconia, anche una visita alla Missione di San Diego - la prima Missione francescana in California - e una conferenza sull’educazione. Ma l’obiettivo primo della Diaconia era la riconferma del metodo del movimento, l’attenzione alla proposta del movimento e il confronto di essa con le esigenze del cuore di ciascuno.
Nascere di nuovo
Un tema importante, affrontato nella prima mattina di lavoro, è stato quello del risveglio dei desideri del cuore. Se è vero, come è stato detto la prima sera, che il desiderio è “inestirpabile”, è anche vero che spesso la vita si fa monotona, o siamo sopraffatti dalla “confusione”, e perdiamo il contatto col desiderio. Il risultato è lo scetticismo, la stanchezza, il disinteresse, se non addirittura il cinismo. Ma non si può vivere il metodo senza un’attenzione viva al nostro desiderio.
L’assemblea ha ospitato diverse commoventi testimonianze da ogni parte degli Stati Uniti e dal Canada; due interventi in particolare hanno parlato del risveglio del desiderio e dell’intensità della vita, dovuti all’esperienza del movimento. Don Carrón, colpito da queste testimonianze, ha detto: «Quante persone conoscete che, arrivate a una certa età, non sono scettiche? Quante ne conoscete? Il fatto che uno alla tua età - ha aggiunto rivolgendosi a uno degli intervenuti -, a quaranta, cinquant’anni, possa sentire il proprio desiderio risvegliato come se fosse un ragazzo… Cosa significa questo? Innanzitutto questo è un fatto. Il ritrovarmi a una certa età con questo desiderio rinnovato, totalmente nuovo, è un fatto. Se guardiamo a esso, dobbiamo darne le ragioni, siamo obbligati a dare la ragione del perché questo desiderio si è rinnovato in me». Guardare a questo puro fatto è la chiave del metodo del movimento. «È questo fatto che risveglia in noi tutta la nostra umanità. È l’inizio della presenza di Cristo».

Educazione ed esperienza
cristiana
La domanda e la risposta sono state al centro della presentazione del libro di don Giussani The Journey to Truth is an Experience (Il cammino al vero è un’esperienza), appena pubblicato in lingua inglese. Il tavolo dei relatori della conferenza - intitolata “Educazione ed esperienza cristiana” e moderata da monsignor Albacete - comprendeva l’arcivescovo Donald W. Wuerl, di Washington, D.C., il reverendo Dr. John W. Wright, professore di Teologia e Sacra Scrittura alla Point Loma Nazarene University di San Diego, e don Carrón.
L’arcivescovo Wuerl ha aperto la discussione con una lunga relazione sullo stato attuale della Chiesa americana, sul secolarismo e sulla nuova apertura che egli vede nella gioventù americana. La mentalità americana - ha detto -, che tiene in maggior conto l’individuo rispetto alla comunità e la competizione rispetto alla solidarietà, è un ostacolo all’evangelizzazione. La nostra risposta alla cultura dominante oggi è un problema di identità personale e di rapporto»: un’identità forte, che richiede che crediamo nel nostro messaggio, e una relazione reciproca, dentro la Chiesa, perché «è dentro e attraverso questo Corpo che possiamo conoscere qualcuno che conosce Gesù».
Pur non vestendo il clergyman, anche il Dr. Wright è un membro del clero, essendo pastore protestante della Chiesa nazarena. Proprio in quanto protestante, Wright appartiene a quella tradizione cristiana che parla molto di “esperienza”, e si accosta con cautela a questo termine, perché esso è spesso inteso come qualcosa di interiore, separato dal mondo reale. Wright ha messo in guardia sul fatto che “Dio” diventa un’altra parola per definire il progetto particolare del singolo, un campo separato di esperienza al di fuori della vita. L’esperienza umana oggettiva, allora, diventa una materia puramente profana. Per tutta la vita Wright è stato un ammirato osservatore dall’esterno della presenza oggettiva e dell’approccio sacramentale della Chiesa, proprio perché ciò salva dal soggettivismo che spesso caratterizza i protestanti. «Ora - ha detto - anche i cattolici sono attratti dall’“esperienza”. Può essere un danno per la Chiesa?», si è chiesto. Wright ha sottolineato che fortunatamente il significato che don Giussani dà al termine “esperienza” salva tanto dal soggettivismo che dal dualismo: «Per don Giussani, si tratta dell’esperienza che è profondamente umana e insieme aperta a qualcosa al di là dell’uomo, qualcosa con noi che non ci permette di rinchiuderci nella sola dimensione mondana; essa ci conduce al di là di noi stessi, ma nello stesso tempo non può definire ciò che questo altro è».
Durante il suo intervento, don Carrón ha citato Dostoevskij per delineare la nostra condizione nella società occidentale contemporanea. «La fede cristiana - ha citato - si può ridurre a questo problema: un uomo colto, un europeo dei nostri giorni - potremmo dire un occidentale con tutta la sua cultura - può credere veramente alla divinità del Figlio di Dio, Gesù Cristo?». La risposta, ovviamente, è: «Sì», il Mistero può sempre far breccia nella confusione. Ma dobbiamo fare attenzione, ha proseguito Carrón, perché «spesso quello che passa per cristianesimo è l’etica kantiana», un’etica che separa l’impegno morale dal compimento e dal destino, e quindi non si trasforma in una vita per il cristiano. La risposta cristiana, invece, è una esperienza integrale di vita, che riconosce che l’uomo non vive in una dimensione religiosa la domenica e in una dimensione mondana il lunedì, ma cammina nel mondo come una fragile unità, guidato dalla luce dell’incontro con Cristo.
«La sfida che ci sta di fronte è di questa natura», ha ribadito don Carrón nella sintesi finale. «Volete partecipare a questa avventura, all’avventura di vivere in questo modo, o no?». L’avventura consiste nel seguire il fatto che noi abbiamo incontrato Cristo attraverso il movimento, e nel vivere il metodo di don Giussani; significa usare il cuore per cercare il significato di ogni circostanza della vita, e agire di conseguenza. Dopo la sintesi finale e la messa conclusiva, si poteva vedere su molti volti la risposta: «Sì».






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