lunedì 30 luglio 2007

E SE DON GIORG RICORDA RATISBONA


di Antonio Socci
da Libero



Ha fatto clamore don Georg Gaenswein, segretario del Papa, il quale ha dichiarato alla Sueddeutsche Zeitung: “I tentativi di islamizzare l’Occidente non vanno taciuti. Ed il pericolo connesso per l’identità dell’Europa non può essere ignorato a causa di una falsa idea del rispetto”. Il prelato ha sottolineato che “la parte cattolica vede molto chiaramente (tale pericolo) e lo dice anche”. Il discorso del Papa a Ratisbona del settembre scorso – ha affermato – “dovrebbe servire a contrastare una certa ingenuità”. E’ un allarme esagerato? Può apparire tale solo alle “anime belle” che ignorano la storia. Che ci viene ricordata da due storici (peraltro non cattolici). “Per quasi mille anni” ha scritto Bernard Lewis “dal primo sbarco moresco in Spagna al secondo assedio turco di Vienna, l’Europa è stata sotto la costante minaccia dell’Islam”. Samuel Huntington ha ricordato inoltre che “l’Islam è l’unica civiltà ad aver messo in serio pericolo e per ben due volte, la sopravvivenza dell’Occidente”.

Il Papa conosce molto bene la storia. E anche l’attuale situazione. Fece impressione, al sinodo dei vescovi del 1999, monsignor Giuseppe Bernardini, arcivescovo di Smirne, in Turchia, il quale riferì che, durante un incontro ufficiale di dialogo islamo-cristiano, un’autorevole personalità musulmana si rivolse ai cristiani con queste parole dure e calme: “Grazie alle vostre leggi democratiche vi invaderemo; grazie alle nostre leggi religiose vi domineremo”. Dunque in Vaticano si torna a ricordare quanto il Papa disse a Ratisbona anche se quel discorso scatenò le violente reazioni del mondo islamico. Finora non era mai stato rievocato, perché, paradossalmente, fu proprio il papa, insultato e minacciato, a doversi quasi scusare con gli intolleranti e i violenti. In quel clima di grave tensione il Vaticano fu indotto a dare il suo “sì” all’ingresso della Turchia nella Ue, contraddicendo quanto Ratzinger aveva sempre sostenuto da cardinale. Anche nei giorni scorsi il Segretario di Stato ha ribadito questa nuova, disastrosa posizione. Il fatto che in Vaticano oggi si torni a citare il discorso di Ratisbona – che, sottolinea La Repubblica, “piacque molto” fra gli addetti ai lavori, come l’ex segretario di stato americano Kissinger - può significare che il Papa tornerà a far prevalere la cautela sulla questione turca?

L’allora cardinal Ratzinger, nell’ottobre 2004, mi diceva che era molto preoccupato per l’ingresso in Europa di un Paese di 70 milioni di musulmani: “l’amicizia e il rispetto sono necessari verso tutti i Paesi, ma inserire la Turchia in Europa mi sembra contraddittorio. Sono proprio la storia, la cultura e la religione ad aver disegnato il confine dell’Europa con la Turchia. Non si possono ignorare tutte queste cose”.

Se è vero, com’è vero, che incombe su di noi una minaccia di islamizzazione, non si vede perché mai si dovrebbe spalancare la porta dell’Europa a un Paese che non è mai stato europeo e che all’apice della sua potenza, in passato, ha ferocemente tentato di invaderci (l’Europa moderna è nata letteralmente opponendosi all’invasione turca). Un Paese, la Turchia, la cui democraticità è molto discussa, che oggi è governato da un partito islamico, che ancora reprime chi parla del genocidio armeno (il primo del Novecento: un milione e mezzo di cristiani armeni massacrati dai turchi). Con l’ingresso della Turchia nella UE ci troveremo 70 milioni di islamici in casa. Più islamizzazione di così…
Ma in queste ore un’altra voce si è fatta sentire, quella del nuovo capo della polizia Antonio Manganelli il quale, alla Commissione Affari Costituzionali della Camera, ha affermato che il terrorismo internazionale “preoccupa perché l’Italia è oggetto di invettive”. La stessa cosa, giorni fa, aveva detto, nella stessa sede, il capo dei Carabinieri, generale Siazzu.

Manganelli indica – come fatto che deve allarmare – l’operazione che ha sbaragliato una presunta cellula che si muoveva attorno alla moschea di Ponte Felcino, a Perugia. “Il modo di operare dell’imam di Perugia” ha affermato il capo della Polizia “è simile a quello riscontrato nei progetti degli attentati di Londra del 21 luglio 2005, dove non sono stati usati tritolo o dinamite, ma una miscela di prodotti chimici legali, come fertilizzanti ed altro, acquistabili anche al supermarket”.

Il “caso Ponte Felcino” è molto istruttivo. Il paese, alla periferia di Perugia, ha 7 mila abitanti e gli immigrati sono circa il 10 per cento della popolazione. Una percentuale abnorme. E’ in miniatura l’esempio della società multiculturale che la Sinistra invoca per il nostro futuro. Qua gli immigrati hanno trovato le porte spalancate che la Sinistra indica come antidoto alla “guerra di civiltà”. Ma proprio qua, guarda caso, pochi giorni fa è stato arrestato, fra gli altri, l’imam della locale moschea per le imputazioni di cui hanno parlato tutti i giornali.

Il Gip giustamente ricorda che poi il giudizio spetterà alla magistratura. Ed è giusto essere garantisti con tutti. Va però sottolineato che questo imam, in pubblico, non si presentava affatto come un estremista. Il periodico “Quattrocolonne” (della Scuola di giornalismo che ha sede proprio lì), in un suo numero recente si era occupato proprio dell’immigrazione a Ponte Felcino. Si riportavano le dichiarazioni degli immigrati che chiedevano agli italiani di mostrarsi “aperti”. E le risposte delle istituzioni che si fanno in quattro per “integrare”, per favorire l’incontro, per “fare largo all’interculturalità”. Secondo l’idea del “dialogo” cara alla Sinistra che governa l’Umbria e a qualche gruppo cattolico, gli stranieri “sono una risorsa e non un problema”.

Su “Quattrocolonne” si parlava anche dell’imam di Ponte Felcino come uno impegnato a favorire l’avvicinamento tra comunità musulmana e quella italiana. L’imam dichiarava che, con la Circoscrizione, “stiamo organizzando per aprile una manifestazione per pulire le sponde del Tevere che vedrà impegnati, fianco a fianco, immigrati e italiani. C’è un muro di sfiducia” denunciava ancora l’imam “nei confronti dei musulmani e questa barriera va abbattuta. La gente ha paura perché pensa che siamo venuti qui per rubare il lavoro. Si tratta di una falsità. Conto molto sull’opera dei musulmani italiani che frequentano la moschea. Il loro aiuto potrebbe essere determinante nel percorso di integrazione di noi musulmani stranieri nella vostra società”. Parole che acquisteranno un significato opposto se la magistratura accerterà la fondatezza delle accuse o la loro infondatezza. In ogni caso il problema immigrazione resta colossale anche a prescindere dal fenomeno terroristico. Il Gip di Perugia, Nicla Flavia Restivo, che ha firmato le ordinanze di custodia cautelare, ha pronunciato parole su cui riflettere seriamente: “A Ponte Felcino il controllo dello Stato è stato latitante per anni. Un intero quartiere di Perugia, che ufficialmente era territorio italiano, nella pratica era ed è un’isola”.

L’immigrazione può essere il “cavallo di Troia” dell’islamismo terrorista e anche dell’islamizzazione (due fenomeni da non confondere). Ma è pure un problema drammatico in sé quando è governato male. Secondo le rilevazioni dell’istituto americano Pew Research Center, condotto in 47 stati, il 64 per cento degli italiani ritengono l’immigrazione un enorme problema nazionale. E’ un primato mondiale. Ma la nostra classe di governo pensa l’esatto opposto e impone agli italiani la sua ideologia “immigratoria”. Originata da cosa? Dal disprezzo della nostra storia e della nostra identità? Da un (miope) calcolo elettorale? Da ideologia terzomondista? Forse da tutto questo condito dall’ “ingenuità” irresponsabile denunciata da don Georg.

Da “Libero” del 28 luglio 2007






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