Con questo blog desidero dare la possibilita' a tutti di leggere articoli ,commenti ,interventi che mi aiutano a guardare la realta', a saperla leggere ed essere aiutati a vivere ogni circostanza positivamente. Mounier diceva "la vita e' arcigna con chi le mette il muso" (lettere sul dolore). E' importante saper abbracciare la realta' tutta per poter vivere la giornata con letizia.
martedì 31 gennaio 2012
ANONIMO SCRIVE
E il libro di Verga sfonda la porta. Basta fare i perbenisti, i politicamente corretti e chi più ne ha più ne metta! I genitori di figli handicappati si sentono in colpa, cattivi, frustrati, impotenti e la sopportazione arriva al limite perché...siamo esseri umani. E pur amando e adorando i propri figli handicappati, a volte non si regge, a volte non ce la si fa più. Perché siamo fallibili. Tu hai mai avuto a che fare con handicappati? O con anziani, magari con Alzheimer o decadimento cognitivo? Anche se sono i tuoi genitori arrivi a non farcela più, a scoppiare perché non sei un santo né un'immaginetta ad uso e consumo di preti e parrocchie.
Verga ha soltanto detto ciò che prova, non ha voluto essere ipocrita, si è messo a nudo con il rischio di essere condannato, come nel tuo caso. Ma sono convinta che ama questo figlio e che continuerà ad aiutarlo ad andare avanti.
p.
FRATELLI NE MANCA UNO!!!ALESSANDRO MANDA LA FOTO
ANTONIO SOCCI:
Nick Vujicic
Primogenito di una famiglia serba cristiana, Nick Vujicic nacque a Melbourne, Australia con una rara malattia genetica: la tetramelia; è privo di arti, senza entrambe le braccia, e senza gambe eccetto i suoi piccoli piedi, uno dei quali ha due dita. Inizialmente, i suoi genitori rimasero scioccati per questo.
La sua vita è stata piena di difficoltà. Non ha potuto frequentare la scuola tradizionale a causa del suo handicap, come la legge australiana richiede. Durante il suo periodo scolastico, la legge fu cambiata, e Nick fu uno dei primi studenti disabili a frequentare una scuola normale.[1] Ha imparato a scrivere usando le due dita del suo “piede” sinistro,
Farina: «Abbiamo vinto
una grande battaglia:
l'Europa ha detto "no"
all'eutanasia»
«È stata una vera e propria battaglia. E abbiamo vinto. il Consiglio d'Europa ha varato un testo che esprime un netto no all'eutanasia e al suicidio assistito». Renato Farina, parlamentare del Pdl, non nasconde a tempi.it di essere molto soddisfatto perché l'assemblea del Consiglio d'Europa, che riunisce parlamentari di 47 Stati europei, 20 in più dell'Ue, compresi gli ex Stati comunisti, ha varato un testo sulle dichiarazioni anticipate di trattamento dove si afferma: «Deve essere sempre vietata l'eutanasia, nel senso di procedure attive od omissive volte a provocare intenzionalmente la morte».
Come siete riusciti a fare approvare un testo simile in ambito europeo?
La proposta di varare un testo su questi temi è nata nella Commissione affari sociali del Consiglio d'Europa. Per evitare contrapposizioni, il lavoro è stato affidato alla guida di Costa, un catalano del gruppo dei liberali. Lui ha affrontato la questione del fine vita in modo intelligente, arrivando a un testo davvero equilibrato, che si distaccava molto da chi voleva che fosse affermata la libertà di scelta fino a permettere l'eutanasia e il suicidio assistito.
Il testo infatti è molto deciso: il "no" all'eutanasia non lascia spazio a interpretazioni.
Sì, perché l'abbiamo reso ancora meno ambiguo. Trovando l'appoggio del relatore e di molti paesi anche non cristiani, siamo riusciti a fissare due paletti. Primo: si chiarisce che non si avallano in alcun modo eutanasia e suicidio assistito, anzi, che bisogna opporsi a queste pratiche. Secondo: nel caso che ci sia un dubbio sulla volontà del paziente, deve sempre prevalere la salvaguardia della vita.
Si aspettava questo risultato?
Sapevo che sarebbe stato molto difficile perché di solito l'assemblea è in mano al nichilismo nordico. E a volte neanche il Partito popolare europeo svolge bene il suo lavoro. Oggi però, insieme anche a Volontè e Santini, abbiamo fatto un grande lavoro.
Erano tutti d'accordo con il testo?
No. In aula c'era una forte tensione e sono venute fuori tutte le posizioni che circolano in Europa. C'è anche chi ha negato esplicitamente il principio secondo cui la vita è un bene indisponibile. In tanti volevano che il testamento biologico diventasse l'anticamera implicita dell'eutanasia. Alla fine si è votato, e abbiamo vinto 30 a 25. Uso queste parole perché è stata una vera battaglia. E noi l'abbiamo vinta, con una convergenza molto bella di culture, partiti e religioni diverse.
Che valore ha questa risoluzione, cambia qualcosa a livello pratico?
Sì. Queste risoluzioni sono moralmente vincolanti per i Parlamenti europei ma soprattutto costituiscono la base delle decisioni della Corte europea per i diritti dell'uomo, quella che aveva sentenziato inizialmente contro l'affissione del crocifisso nelle scuole, per intenderci. Se invece avessimo legiferato per l'eutanasia, chissà quanti ricorsi sarebbero fioccati, con la Corte che avrebbe potuto costringere i tribunali nazionali a dare ragione a chi pretende che gli Stati promulghino leggi a favore di eutanasia e suicidio assistito.
twitter: @LeoneGrotti
lunedì 30 gennaio 2012
MASSIMO SCRIVE
COMMENTI DEI LETTORI SUL LIBRO ZIGULI DI MASSIMILIANO VERGA
domenica 29 gennaio 2012
NECESSITO DI ESPERIENZE POSITIVE
Cortometraggio del 2009 diretto da Joshua Weigel.
Emozionante e commovente “The Butterfly Circus” ha una bella fotografia e una narrazione poetica. Un messaggio di speranza, forte, diretto e positivo, insegna a non arrendersi. Molto bravo Nick Vujicic. Il corto è un pò la storia della sua vita. Senza arti fin dalla nascita, non ha mai smesso di credere in se e nella vita; è riuscito a laurearsi e adesso gira il mondo raccontando la sua storia, e cercando di portare in giro un messaggio di speranza a chi come lui ne ha bisogno.
Nick Vujicic (Melbourne, 4 dicembre 1982) è un predicatore, uno speaker motivazionale australiano, direttore di “Life Without Limbs”, un’organizzazione per i disabili.
I LETTORI SCRIVONO (ZIGULI')
forza, alza lo sguardo forse ce la puoi fare,guarda fuori da , non fare del tuo credo una forza ma una risorsa come ha fatto il sig. Verga
- Non confondiamo.Quando si parla di disabili=diversamente abili in genere
- lo si fa perche' effettivamente hanno capacita' diverse
- Quando parliamo di handicap (nonostante i due vocaboli si pareggino)si parla di disabilita' gravi e multiple.
- Sempre la vita viene sconvolta da un figlio"diverso"
- Ci sono poi disabilita' che convivono meglio con la realta' dei normodotati
- altre invece che trovano mille ostacoli.
- Ci sono genitori che accettano altri che sopportano altri ancora che abbracciano.
- Tutti sono da rispettare ,ogni padre ed ogni madre.
- Non abbiamo bisogno di paladini come il lettore di sopra.
- Non abbiamo bisogno di guerre fra poveri!!!
- Trovo conforto non dalle persone che vorrebbero mettersi nei miei panni(quasi sempre si hanno misure diverse!!!!)ma da tutti quelli che vogliono fare un pezzo di strada con me.
BB scrive
CIAO
sabato 28 gennaio 2012
I LETTORI SCRIVONO
Dalle pagine di Ziguli esce il profumo della vita di tutti i giorni in casa nostra e tutto l'amore del suo papa per Moreno.
E' stato scioccante, un po' come ritrovarsi davanti ad uno specchio. E non me ne vogliano le varie persone che la pensano diversamente ma quello che sentono e vivono i genitori dei bambini handicappati lo possono capire solo quelli che condividono questo "dono" (dono maledetto!).
Grazie Massimiliano.
martedì 24 gennaio 2012
IL CRISTIANESIMO COME CONTEMPORANEITA'
DA IL CLANDESTINO |
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Nella intervista rilasciata al Corriere della sera nei giorni scorsi il presidente della fraternità di comunione e liberazione, don Julian Carron, precisa la posizione del movimento sia rispetto alla politica sia rispetto alla crisi. Ne esce il ritratto di un movimento che da metà degli anni '50 a oggi continua a crescere in tutto il mondo – e non italianocentrico come molti si ostinano a vedere - grazie a una passione per la vita intera, a una distanza critica dalla politica e a una libertà di giudizio e di azione rispetto a quanto il potere (ogni potere, compreso quello mediatico) vorrebbe. Il cristianesimo resta - nel suo nocciolo di esperienza umana di liberazione nel vivo drammatico della esistenza - una cosa sconosciuta se non ai semplici di cuore. Il continuo tentativo di ridurre una esperienza di Chiesa ad altro è destinato a frangersi contro questa semplice intelligenza dei cuori. Le testimonianze di tenacia, di carità e di impegno (senza esimersi dai rischi che queste cose -la carità compresa- comportano) è il modo migliore con cui il movimento parla di ciò che lo origina e muove. La responsabilità dei cristiani in questa epoca di crisi è di essere se stessi, con la gioia del profondo e la passione con cui la fede anima le nostre vite, anche quelle piene di limiti e di difetti come quelle di tutti. |
FRANCESCO SCRIVE
23/01/2012 - Un'auto che piomba su un bar. L'inizio del calvario di un giovane neo-maturato. Fino alla sua morte. Fatti che, riguardati oggi, hanno il sapore della Grazia...
Carissimo Julián,
finalmente mi sono deciso a raccontarti una storia grande che sta capitando a me e ad altri amici. È impressionante la coincidenza del lavoro che stiamo facendo su Il senso religioso come verifica della fede.
Varese, Basilica di San Vittore, 7 novembre 2011
Giovanni, un amico che ci ha mostrato Cristo
08/11/2011 - A Varese i funerali di Giovanni Bizzozero, lo studente di Veterinaria morto nella notte tra giovedì e venerdì in un incidente: «Attraverso di lui, il Signore ci chiede: cos'hai di più caro?». L'omelia di don Ambrogio Pisoni
Giovanni Bizzozero.
Ti ringraziamo, Signore Gesù, perché ci hai commossi fin qui oggi. Non è una svista linguistica, ma un giudizio che dice fino in fondo la verità di quello che stiamo vivendo in questo momento assolutamente unico: siamo qui perché un Altro ci ha chiamati, ci sta muovendo, ha così a cuore la nostra vita che ci ha condotti fin qui insieme, cioè ci ha com-mossi. E ha cominciato a commuoverci qualche tempo fa: 23 anni fa per il padre e la madre di Giovanni, qualche tempo dopo (fino a poche ore fa) per ciascuno di noi. Altrimenti non saremmo qui.
Perché è il Signore, è Lui, Colui che non possiamo cercare tra i morti perché è vivo! È resuscitato, cioè è qui adesso. Sta accadendo adesso, nella festa della vita che è la Sua Santa Eucaristia che stiamo celebrando. È questo Signore che un giorno è entrato, discretamente e definitivamente, nella vita di Giovanni: nel giorno del suo Battesimo, il regalo più grande che i suoi genitori hanno fatto alla sua vita. E poi attraverso l’incontro definitivo, affascinante, pieno di bellezza, di musica, di gioia, di letizia: è stato l’incontro con il carisma donato a don Giussani che, a un certo punto, ha affascinato con la sua forza di bellezza irresistibile il cuore, la libertà, la ragione, la carne di Giovanni. Perché noi abbiamo avuto la grazia di incontrarlo così.
Così che oggi, alla radice del nostro cuore, sta balbettando in qualcuno, in altri forse in maniera più chiara, più potente, la domanda dei discepoli di Gesù consegnata per sempre al Santo Vangelo. La domanda che Pietro, Giacomo, Giovanni, Andrea, Bartolomeo, davanti alla persona di Gesù, davanti ai Suoi gesti e alle Sue parole, sentivano prepotente ergersi dentro di loro, fino ad affiorare sulle loro labbra: «Chi sei Tu, cui il mare e il vento obbediscono?». Chi sei Tu, che sei capace ancora oggi di affascinare così la nostra vita? Chi sei Tu, che hai preso fino alla radice il cuore di Giovanni e hai compiuto la sua vita? Perché quando ci si congeda da questo mondo, la ragione è una sola (la Chiesa l’ha ricevuta, questa ragione, la custodisce e l’annuncia al mondo in maniera instancabile): il congedo da questa vita avviene quando il nostro compito si compie, quando abbiamo assolto il nostro compito. A 23 anni, a 16 anni, a 100 anni… La morte, l’ultimo atto di una vita che si è consegnata, è il suggello di questo.
Siamo qui perché noi abbiamo avuto la grazia di incontrare questo amico. Con gli occhi sempre aperti, con il cuore sempre attento, con una generosità senza limiti non dovuta alla bellezza del suo temperamento. Giovanni non ha avuto pudore nel manifestare nella sua vita il segreto che l’animava, la forza che la rendeva giovane ogni giorno, la bellezza che l’affascinava: forza, bellezza, bontà, verità, che hanno il nome e il volto di Gesù Cristo. A questa Presenza, Giovanni ha consegnato la sua vita. E il Signore è stato generoso: attraverso di lui, infatti, ha toccato almeno le vite di noi qui oggi. E chissà quante altre. Così che il Signore, attraverso di lui, ancora una volta ha confermato il metodo con cui sta nella storia, con cui rimane presente, vivo tra i vivi: il metodo è la testimonianza. Così noi possiamo ancora oggi conoscere Cristo, e dopo la vita terrena di Giovanni possiamo dire, e dobbiamo dire: «Signore grazie, perché ti conosciamo di più: Ti sei concesso a noi, attraverso Giovanni». Perché è questo che è veramente accaduto.
Qualcuno, incontrandolo in questa stagione così intensa della sua vita, quando lo vedeva così limpidamente ingenuo di fronte alle cose, faceva fatica a trattenere un sorriso lievemente imbarazzato. Di quell’imbarazzo strano che ci prende sempre, quando siamo davanti ai testimoni del Signore, davanti ai bambini. Perché essere cristiani vuol dire essere chiamati a diventare grandi come un bambino, e Giovanni è diventato così rapidamente grande come un bambino, che il Signore gli ha detto: «Vieni, servo buono e fedele, vieni. Adesso continuerai a lavorare con me dall’altra parte». Cioè più presente di prima. Quel sorriso imbarazzato che ci mette un po’ in difficoltà, perché facciamo ancora fatica ad arrenderci di fronte alla testimonianza disarmante del Mistero. Eppure siamo costretti a renderci ancora conto che veramente si può vivere così, come ha vissuto Giovanni. Cioè lasciando che il Signore diventi realmente il Signore della mia vita. Il Signore dell’istante. Il Signore della libertà. Il Signore del cuore. Il Signore della ragione. Il Signore della carne e del sangue.
Qualcuno tornerà a casa più pensoso, perché il testimone ci inquieta. Come è inquietante la presenza del Signore, quel Signore che - come don Giussani instancabilmente ci ricordava - ama la nostra libertà più della nostra salvezza. Per questo è inquietante. Eppure è così segretamente atteso, così desiderato. Così che quando incontriamo i Suoi amici, i Suoi testimoni, coloro che hanno avuto l’umiltà e il coraggio di rispondere alle domande di Gesù… Come è stato per Giovanni, perché Giovanni ha risposto alle domande di Gesù, alle domande consegnate per sempre alla Sua parola scritta e santa, il Vangelo: «Giovanni, che cosa stai cercando?». È la domanda che fa ad ognuno di noi: prima di morire bisogna rispondere a questa domanda! E non sappiamo quando accadrà. «Che dice la gente di me, Giovanni? E tu cosa dici?». Fino a quel momento drammatico e supremo in cui il Signore ha avuto il coraggio di chiedere a Giovanni, come a noi oggi: «Giovanni, se ne sono andati tutti. Non hanno retto di fronte allo scandalo di un amore così grande che si concede nella carne, perché se tu non mangi la mia carne… Giovanni, vuoi andartene anche tu come gli altri?». E Giovanni è rimasto: se andiamo via da te, Signore, dove andremo? Che ne sarebbe della nostra vita senza di te? Della nostra vita, del nostro piangere e del nostro sorridere, del nostro lavoro e del nostro amore, delle nostre lacrime e della nostra fatica. Fino all’ultimo: «Giovanni, mi ami tu? Ester, mi ami tu? Flavio, mi ami tu?». A ciascuno di noi che siamo qui: «Mi ami tu? Che cosa ti è veramente caro nella vita?». Il Signore attraverso Giovanni ce l’ha detto: «Non c’è nulla di più caro che la mia vita. Perché senza di me non potete vivere».
Per questo, oggi il nostro sentimento deve, almeno una volta (e forse per qualcuno è la prima volta), sottomettersi al giudizio. E il giudizio non è una parola astratta: il giudizio è questa assemblea di noi qui, che stiamo partecipando dell’atto di Cristo che rinnova il Suo sacrificio per la salvezza del mondo, l’Eucaristia. Questa assemblea è il giudizio sul mondo: Egli è vivo, non cercatelo più tra i morti! Egli è vivo ed è qui! E ha riempito di Sé a tal punto la vita di Giovanni, che il cuore di Giovanni a un certo punto sanguinava di amore per Lui. Questa è la verità sulla sua così breve e intensa vita.
Ma la nostra vita non è mai breve, perché il tempo - ci ricordava don Giussani - non è qualcosa che passa: è Cristo che ci viene incontro. Non dimentichiamolo. Questa è la grande risposta alla domanda inesorabile che Agostino ha consegnato a tutta la storia della Chiesa, a tutti gli uomini: che cos’è il tempo? Il tempo è Cristo che mi viene incontro. Il Signore dell’istante, il Re della gloria, dello spazio e del tempo, capace di riempire la vita nostra fino a quel punto. Di renderla piena di ingenua baldanza. L’abbiamo visto coi nostri occhi, cos’è l’ingenuità. E Giovanni era un ingenuo: non come può essere ingenuo un bambino, che paga ancora il debito dell’essere bambino, ma quell’ingenuità voluta che nasce da un amore totale. Da un sì a Cristo senza riserve. Così si sta nel mondo. A 20 anni e a 90 anni, si sta nel mondo così, perché questa è la ragionevolezza suprema cui siamo chiamati: vivere così perché Cristo è tutto, presente qui e ora.
Grazie, Signore, che ci hai permesso di incontrarlo. Perché adesso, tornando alle nostre case, dicendo «arrivederci» a Giovanni, conserviamo la memoria della sua testimonianza come sorgente della nostra speranza. Perché, nella vita della Chiesa, la speranza coincide con la memoria: fiori bellissimi che rinascono continuamente dalla radice della fede, cioè dall’uomo che Lo riconosce presente.
Torneremo alle nostre case più lieti, ne sono certo. La letizia è quella strana posizione del cuore che nasce miracolosamente dalla fede, e che convive anche con il dolore. E solo in quel momento svela il suo volto vero: il dolore, il nome vero dell’amore. Torneremo alle nostre case più certi, più lieti, e perciò più inquieti: «Chi sei Tu, Signore, capace di compiere (oggi, adesso, qui, in questo momento!) questo miracolo? E di convocarci così?». Non abbiamo potuto rimanere a casa, non abbiamo potuto vivere questo lunedì come il lunedì dell’anno passato o come il giorno prima. Non abbiamo potuto farlo. Perché? Chi sei Tu, capace di riempire di questa letizia la nostra vita? Chi sei Tu, capace di rendere così certa la nostra vita, in un mondo che grida tutto il contrario di questo? Eppure il mondo attende questo. Tutto il mondo e tutti gli uomini attendono Cristo, cioè i suoi testimoni. Giovanni non ha mai detto “no”. E, se è stato possibile per lui, è possibile per me ed è possibile per te. Nell’abbraccio di Cristo che è il Battesimo, nel germogliare continuo, nel rinnovarsi instancabile del nostro essere nuova creatura.
Per questo, Giovanni, ti diciamo grazie. E, così come ci hai accompagnato in questi brevi istanti così definitivi della tua vita su questa terra, Giovanni, ti preghiamo: non abbandonarci! Anzi, siamo certi che non ci abbandonerai, perché la memoria della tua storia diventa già adesso sorgente di speranza e di certezza rinnovata. Perché sappiamo (altrimenti non saremmo qui) che si può davvero vivere così. La tua testimonianza porterà alla vera domanda: abbiamo bisogno di Te, Signore Gesù. E basta. In ciò che viviamo abbiamo solo bisogno di Te.
Lasciamo che la nostra vita, come quella di Giovanni, si lasci mendicare da Cristo. La cosa più ardua della nostra vita è accettare di essere amati da Cristo così: «Egli, mendicante del nostro cuore, e il nostro cuore mendicante di Lui». Parole indimenticabili proclamate con voce vibrante di emozione e di certezza da don Giussani davanti al Papa (e perciò davanti al mondo intero), il 30 maggio 1998 in Piazza San Pietro. Questa è la bellezza della vita dell’uomo: Cristo, mendicante del nostro cuore, e il nostro cuore mendicante di Cristo. Questa mendicanza è la nostra ricchezza. Questa mendicanza è la nostra certezza. E, per questo, sia lodato Gesù Cristo.
(Appunti non rivisti dall'autore)
lunedì 23 gennaio 2012
BATTESIMO MIRIAM
Schettino è il capro espiatorio. Così ci indigniamo senza immedesimarci
La gogna mediatica cui è sottoposto il capitano è frutto di una semplificazione che lascia spazio solo alla recriminazione, allo sfogo e a certe magliette idiote. «Infierendo su una persona, perdiamo tutta la carica emozionale e ci ritroviamo così incapaci di riflettere sulla vera tragedia: la morte delle persone e il mistero del dolore».
Di Leone Grotti
19 Gen 2012
«La tragedia della Concordia mette in evidenza una delle tendenze dominanti di oggi: cogliere l’aspetto più evidente e facile da comprendere di una situazione per ampliarlo, ingrandirlo, fino a trasformarlo nella sola causa di tutto il male che ne consegue. Quella di semplificare e sintetizzare tutte le cause di una tragedia in un punto solo è una tendenza dominante di oggi».
Eugenio Borgna, primario emerito di psichiatria dell’Ospedale maggiore di Novara e libero docente in Clinica delle malattie nervose e mentali dell’Università di Milano, definisce così a tempi.it la predisposizione dei giornali e di una parte della società ad affrontare i problemi in termini di capro espiatorio. «Appena una persona considerata grande e importante, come un capitano di nave, diventa debole e cade, la gente lo prende di mira, dando sfogo così alle proprie inconsce frustrazioni. I giornali fomentano questo atteggiamento perché così possono semplificare i problemi, senza fare la fatica di approfondire niente. Il problema, però, è che nell’aggressione senza pietà dimentichiamo la morte, il dolore e ogni domanda sul mistero che esse rappresentano».
sabato 21 gennaio 2012
Il loden del premier non si può bagnare
...Così fanno i comandanti veri, così non fanno invece banchieri e professori. Perché se c’è una cosa che stride in questa vicenda è la totale assenza, fisica e mediatica, del premier Monti e del ministro dei Trasporti Passera. Capisco che chi è abituato ai salotti vellutati di congressi e seminari possa avere difficoltà a muoversi tra gommoni e soccorritori sporchi di fatica e fradici di sudore.....
L'ordine di De Falco a Schettino è già cult. E qualcuno tira in mezzo Berlusconi. Ma se c’è una cosa che stride in questa vicenda è la totale assenza di Monti e del ministro Passera
di Alessandro Sallusti
Tratto da Il Giornale del 19 gennaio 2012
Vada a bordo, caz... L’ordine dato via telefono al riluttante capitano Schettino dall’ufficiale della Capitaneria di porto di Livorno è subito diventato un cult. Stampata su magliette, parafrasata in internet su migliaia di blog, la frase ha fatto il giro del mondo. È come se la tragedia già stesse scivolando in farsa. Lo provano anche le risate e gli applausi raccolti in studio dal comico Crozza l’altra sera a Ballarò. Battute di cattivo gusto che hanno dato la stura alla polemica che ancora mancava nel Paese dei parolai. O meglio, la mamma di tutte le polemiche, perché ovviamente non è che Silvio Berlusconi potesse essere tenuto fuori da questa vicenda. Secondo la solita compagnia di giro, Schettino sarebbe l’emblema dell’Italia berlusconiana. Ora, all’ex premier si possono rimproverare diverse cose, ma se c’è uno che si è immerso personalmente e fisicamente nei dolori e nei drammi degli italiani, questi è proprio Silvio Berlusconi. Da Onna all’Aquila, fino a Lampedusa, Berlusconi è sempre salito sulle navi in difficoltà ed è sceso soltanto quando anche l’ultimo dei passeggeri era stato messo al sicuro. E ancora oggi, che non è più al comando, il Pdl è rimasto sulla plancia di questa Italia incrinata.
Schettino, l’umiliazione di “quell’uomo” e il marciume del moralismo
....Perché “quell’uomo” è l’uomo. C’è in ciascuno “quell’uomo”, inescusabile e capace di mentire fino all’ultimo, possibile atto di redenzione.
E proprio in “quell’uomo”, di fianco, sotto, prima, dopo, tutt’intorno alla falsità sputata (“va bene Comandante”) c’è una segreta, silenziosa implorazione, che non riesce neanche a prendere forma, tanto è capacità dimenticata o rifuggita: “Perdonatemi”. Perdonami. Tu, a cui ho rovinato l’esistenza: perdonami. Tu, se puoi, perdona un inescusabile....
....Occorre un terremoto, qualcosa che scombussoli e, nello stesso tempo, realizzi la giustizia. Qualcosa di eccezionale, come un uomo che, nonostante la sua inescusabilità, sia capace di desiderare di fare l’unica cosa all’altezza della sua statura: dare la vita per l’altro. E al Giglio si è visto anche quest’uomo. Ma la strada del dono di sé è quella meno percorsa, meno abbracciata. Si capisce: è la meno probabile....
di Pier Paolo Bellini
Tratto da Il Foglio del 18 gennaio 2012
“Va bene, comandante”. Non c’è andato, Schettino. Il comandante Gregorio Maria De Falco, della Capitaneria di Porto di Livorno (lo sentiamo tutti) “ha ragione”: sta dicendo semplicemente quello che si impone alla coscienza come “obbligatorio”. Alla coscienza d’uomo.
mercoledì 18 gennaio 2012
COMMENTO SUL LIBRO ZIGULI'
Intervista a Julian Carron , Corriere della Sera 16 gennaio 2012
.... «Il caso del San Raffaele? Non conosco la vicenda ma ricordiamoci che si tratta di una grandissima istituzione»
Don Giussani diceva: non deleghiamo a nessuno la nostra presenza culturale, sociale e anche politica L’erede di don Giussani: non esistono politici «nostri», questo va chiarito Teniamo all’esperienza cristiana, che ha a che vedere con tutto Il voto di un ciellino? Dipende da cosa vogliono destra e sinistra Sull’Ici Bagnasco ha già chiarito. Ma la Chiesa dà più di quanto riceve.....
MILANO – Don Julián Carrón, 62 anni a febbraio, è il successore di don Giussani. Vive come lui nell’istituto del Sacro Cuore, con vista sulla tangenziale Est di Milano. Ha ereditato la sua cattedra di Introduzione alla teologia alla Cattolica. E da sette anni è il capo di Comunione e Liberazione. Anche se non tutti lo conoscono, vista la sua leggendaria discrezione. «Sono nato in Estremadura, da genitori contadini. Coltivavano ciliegi. Sono entrato in seminario a Madrid, nel 1960. Avevo dieci anni. Fui ordinato sacerdote nel ’75, l’anno in cui morì Franco».
L’intervista
Come fu il suo primo incontro con Giussani?
«Fu casuale, a Madrid. Sulle prime, non ne capii tutta la novità. Solo nel tempo ho percepito la differenza che Giussani portava: non nella preghiera, nella liturgia, nella riflessione esegetica, ma nella consapevolezza vissuta che il cristianesimo è un avvenimento che esalta e compie l’umano; era ciò che diventava esperienza nel rapporto coi giovani, resi capaci di stare nel reale. Accadde lo stesso a me: conoscendo don Giussani, vidi che la mia umanità veniva ascoltata e sfidata continuamente. E che la fede può incidere sulla vita. Per questo gli dicevo: “Non finirò mai di ringraziarti, perché mi hai consentito di fare un cammino umano”».
martedì 17 gennaio 2012
da Brunella
UN ABBRACCIO BRUNELLA E COMPANY
domenica 15 gennaio 2012
ITALIA
Abbiamo salutato nipotini figli e nuore ,prima a Boston poi a Cincinnati e il 5 abbiamo fatto rientro in Italia dove ci attendeva
ALL'INDIETRO PROGRESSIVAMENTE
.....Qualcuno potrebbe dire che la scristianizzazione della società è una conquista. Che si prosegue la strada che è già stata percorsa con il matrimonio civile, con l’abolizione del diritto d’asilo.
Io ricordo sommessamente che in realtà è una ri-conquista. Che è esistito un tempo in cui non c’erano santi patroni, che si lavorava ogni giorno della settimana, in cui ci si sbarazzava di nati ingombranti semplicemente sbattendoli in un fiume. Che queste stesse “conquiste” si possono trovare in altre società, presso altri popoli, che normalmente passano per meno civilizzati......
Berlicche socio di SamizdatOnLine
Forse lo avrete già sentito nominare, ma se ancora non lo sapete c’è uno spettacolo teatrale, in giro, dove il volto di Cristo viene fatto oggetto di lancio di escrementi, o almeno supposti tali.
Anonimo ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "CONTINUATE CON I COMMENTI":
Buon anno a tutti,
Cristina
sabato 14 gennaio 2012
CONTINUATE CON I COMMENTI
COMMENTO ALL'ARTICOLO scritto da Simone Fanti in Dibattiti, Pensieri e riflessioni | Permalink
Bene
venerdì 13 gennaio 2012
ZIGULI'
"Zigulì" è una raccolta di pensieri e immagini quotidiane su che cosa significhi vivere accanto a un disabile grave, pensieri molto duri, ma talvolta anche molto ironici, su una realtà che per diverse ragioni tutti noi preferiamo spesso ignorare.
martedì 10 gennaio 2012
Dire no al libro di Massimiliano Verga: «Zigulì»
Quando leggete quest'articolo e mandate vostri commenti cercate di spiegare la vostra posizione.Non inveite non serve a nulla perche' il bello e' poterci confrontare.
Io ho messo quest'articolo,voi mandate i vostri commenti ma cercate di spiegarvi.
Dirmi che non capisco nulla sulla disabilita' quando vivo il mio quotidiano con un bimbo in condizioni simili a quelle di Moreno mi sembra ridicolo.
Mettendo quest'articolo ho volutamente non detto la mia posizione per lasciare liberi i lettori .
Dopo molti commenti come questo che ora metto...."...se Lei in questo libro ha colto della cattiveria..allora...con tutto il rispetto...non ha proprio capito niente!Che peccato per Lei però, non essere riuscito a cogliere il senso del libro.. a me ha fatto "vibrare"... e mi fa così MALE leggere certi commenti ma MALE davvero! E' un libro straordinario..è un padre straordinario che, come tutte le persone che si trovano nella medesima situazione , meritano rispetto!.......non costruisce nulla.
Nel corso del tempo ho espresso la mia posizione e spero che cerchiate nel blog quale essa sia.(L'autore dell'articolo e' Simone mentre l'autore del blog sono io Tiziana Caggioni)giusto per spiegare ad alcuni lettori che forse non hanno compreso grazie.)
grazie buona lettura
AVETE VOGLIA DI LEGGERLO?FRA QUALCHE GIORNO APRO UN FORUM E NE PARLIAMO INSIEME?
14,03 € | Zigulì VERGA MASSIMILIANO Metà di quello che ho scritto è uscito in una notte. Il resto sul tram, mentre andavo al lavoro” racconta nelle prime pagine di questo straordinario libroMassimiliano Verga, padre di Moreno, sette anni, nato sano e diventato gravemente disabile nel giro di pochi giorni. “Così ho raccolto gli odori, i sapori e le immagini di sette anni di vita con mio figlio Moreno, il secondo di tre. Odori per lo più sgradevoli, sapori che mi hanno fatto vomitare, immagini che i miei occhi non avrebbero voluto vedere. Ma anche ai sapori ci si abitua. E agli odori si impara a non farci più caso. Ho perfino pensato che fosse lui ad avere il pallino della fortuna in mano, perché lui non può vedere e ha il cervello grande come una biglia. Non posso dire che Moreno sia il mio piatto preferito o che il suo profumo sia il migliore di tutti. Perché come dico sempre, da zero a dieci, continuo a essere incazzato undici. Però mi piacerebbe riuscire a scattare quella fotografia che non mi abbandona mai, quella che ci ritrae quando ci rotoliamo su un prato, mentre ce ne fottiamo del mondo che se ne fotte di noi. Questo libro è uno dei tanti scatti che ho fatto negli ultimi anni.” Un libro crudo e insieme intenso e dolcissimo. L’atto d’amore, coraggioso e disarmante, di un padre per il figlio disabile. MASSIMILIANO VERGA ha quarantun anni. Insegna sociologia deldiritto, divertendosi molto. È un alpinista che vivrebbe volentieri al mare, se non fosse che i suoi figli e San Siro sono a Milano. |