sabato 25 aprile 2009

TESTIMONIANZA DI FRANCO

Don Giorgio: Da che cosa capiamo che una pianta è viva?

Dai boccioli, altrimenti non potremmo mai capire che dentro quell’albero c’è vita!

Da che cosa capiamo che non stiamo parlando di cose inconsistenti?

Dai frutti, dai boccioli. L’espressione massima dei frutti è il miracolo, il cambiamento di sé. Dio fa i miracoli per dirti: vedi come sono capace di cambiare la vita? Vedi cosa sono capace di fare? Il vero miracolo è il cambiamento che vedi nel compagno che hai vicino. Come con il paralitico: Gesù gli dice che gli rimette i peccati, ma non Gli credevano, e visto che dubitavano lo fa alzare.

Ma il miracolo più grande è la remissione dei peccati, non quello che è accaduto un attimo dopo.

Ho invitato questi amici perché è la forza di un cambiamento che ci fa capire la vittoria che Cristo è sulla vita, la forza della Sua risurrezione. Altrimenti son solo storielle quelle che ci raccontiamo.

La testimonianza del cambiamento ci fa capire non solo che in quella pianta, che d’inverno sembrava morta, in realtà c’era la vita, ma anche che perché questa vita sbocci ci vuole una presenza misteriosa.

Cosa c’è di più grande e misterioso del cambiamento di uno di noi per capire la portata della potenza di Cristo?

La resurrezione di Cristo è espressa nel cambiamento del popolo. Li ho invitati per questo: perché uno, vedendo quei boccioli, sia più certo che c’è la vita.

Nicola: vi ringrazio di cuore e vi saluto uno ad uno. La prima cosa che vi dico è che io riconosco di non aver fatto niente, ma di essere stato soltanto voluto bene. Non serve che vi spieghi chi è Franco perché quando un’esperienza è vera non servono spiegazioni o mediazioni. Grazie a lui e ad altri “ladroni”, io ed i miei amici siamo stati sollecitati alla verità della nostra vita. Io e Franco siamo legati dallo stesso destino ed il grande dono è quello di riconoscerlo: ci si scopre amici e sembra di conoscersi da sempre. Com’è successo ieri alla Via Crucis o questa mattina qui con voi: ci sembra di conoscervi tutti perché quando tieni presente la domanda vera e cerchi lealmente la risposta, immediatamente sei insieme a chi ti è accanto perché è un Altro che risponde ad entrambi:



I desideri del cuore
Ciò che nella realtà ci viene incontro
Queste due cose son vere per tutti e non vengono mai meno! Ho creato con degli amici una cooperativa, ma non avevamo un progetto preciso; nel 1991 per caso abbiamo incontrato l’esperienza del carcere. Ma è stato solo dal 2005 (e da lì in poi, fino all’esplosione del Meeting di quest’anno) che è cambiata la nostra vita. Non è stato un progetto né il buonismo o il pietismo per gli altri a cambiar le nostre vite: sono grato e commosso per quello che il Signore ha fatto accadere alla nostra vita attraverso le loro conversioni. Da settembre facciamo scuola di comunità in carcere: è come ritornare a 2000 anni fa! Ciò che ci ha cambiato è quello che è successo, non quello che abbiamo fatto noi. E’ successo che abbiamo imparato che ognuno di noi è unico e voluto! Quest’amicizia è il fatto più grande che ci sia mai capitato!

Franco: dalla prima sigaretta (a 12 anni) in poi ho provato tutto, ma non avevo provato la cosa più bella: incontrare Dio, che non è paragonabile a nient’altro. Dai 12 ai 24 anni la mia vita è stata un disastro: droghe, rapine spaccio. Fino al carcere, che mi ha salvato la vita. Dei miei amici di un tempo siamo rimasti vivi solo in 2. Eravamo gli irrecuperabili. Ma il carcere mi ha salvato togliendomi tutto quello di cui fuori non potevo fare a meno. Ma se in carcere non capisci cosa stai pagando o a Chi devi render conto, allora esci che sei peggio di prima. Nel 1997, dopo anni di isolamento, sono stato trasferito a Padova. Pensavo d’aver finito l’isolamento ed invece mi hanno fatto fare un altro anno, ma è stato un bene per me non essere messo subito con gli altri. In quell’anno ho conosciuto una volontaria che veniva per stare con me un’ora alla settimana, dedicava il suo tempo a me invece di fare altro. Non aveva di meglio da fare? Ma lei insisteva e così mi son lasciato seguire. Uscito dall’isolamento mi è stata data la possibilità di lavorare; mi piaceva, ma dopo un po’ ho dovuto smettere con quella cooperativa, ed è così che ho conosciuto Nicola. Lo guardavo perché era troppo buono e non mi ispirava fiducia, ma ho comunque accettato il lavoro e le loro regole, così pian piano che il lavoro era davvero un bene perché ti fa sentire utile ed importante. Poi l’anno scorso arriva il Meeting: “Vieni! Fidati!”. Mi fido e vado, ma senza troppa convinzione. I primi giorni mi sembrava che tutti recitassero un copione. Così chiedo a Dio un segno chiaro e preciso (me ne aveva già dati tanti, ma ne volevo uno grande) in cui mi dicesse: “Sono Io”. Vedevo la gente commuoversi davanti a noi, come se i ruoli si fossero invertiti: loro, buoni, si commuovevano per noi! Volevo scappare! Ma poi mi son reso conto che Lui c’è: “Va bene, ok, fermati, ho capito, mi stai schiacciando!”. Stavo così bene, meglio di quando avevo tutto! Ho capito che iniziavo a scontare la condanna quel giorno! Mi sveglio la mattina e ringrazio Dio, penso al male che ho fatto e cerco di tamponare, ma non si può! Al Meeting ho conosciuto Vicky: anche lei ha visto quello che ho visto io, anche lei sente quello che sento io! Non vedevo l’ora di tornare in carcere e di portare quello che ho visto. I miei compagni hanno iniziato a venire a Messa, si sono avvicinati a Dio, al cristianesimo: e questo grazie a voi! Attraverso di me abbiamo portato tutto questo nel carcere, che comporta comunque dei sacrifici (come per andare a Messa visto che bisogna passare tantissimi controlli). Dopo il Meeting abbiamo aperto un gruppetto di scuola di comunità: è un miracolo! Se Lui non esistesse una cosa così non potrebbe mai entrare in carcere! Io fino a 10 anni facevo il chierichetto, dai 12 in poi invece ho mandato via tutto. Ma Lui c’era e mi ha lasciato fare (non mi ha lasciato morire però) per poter portare oggi qualcosa in più. Quello che oggi mi dà è tutto un di più! Senza quella sigaretta non avrei mai conosciuto Gesù come lo conosco oggi. Lui è con noi e dentro di noi: ognuno di voi è Gesù. Lo si sente, Lo si può vedere. Non so quando e se uscirò dal carcere, ma va bene così perché io sono libero lo stesso: in carcere si sta male perché ti manca tutto, ma se tu hai Lui puoi stare tutta la vita in isolamento perché stai bene nella circostanza che vivi con Lui! Ogni tanto quando esco non vedo l’ora di tornare perché c’è da fare più lì che fuori! E’ bellissimo andare a lavorare perché partiamo la mattina con il sorriso, insieme. Pranziamo tutti insieme (ed è davvero un’eccezione, un grandissimo privilegio). Poi torniamo, e alle otto ognuno è in stanza e si dorme presto. Siamo felici e contenti! Io devo ringraziare i miei compagni, Dio che mi ha mandato loro a parlarmi. E devo ricordarvi di dire una preghiera per chi ha subito delle cose brutte, dei torti. E io nelle mie mi ricorderò di voi e ringrazio ognuno di voi e don Giorgio che mi ha invitato.

Don Giorgio: ciò che cambia è il nostro cuore: se cambia quello cambia tutto. Non son le circostanze, quelle vengono cambiate dal cuore! Il cambiamento del cuore avviene sempre in un incontro, in un avvenimento che uno non poteva nemmeno immaginare. Come Zaccheo: Gesù non gli dice di fare il conto degli errori che aveva fatto, lo guarda, e Zaccheo cambia. Mi colpisce che in una situazione come la Sua non sono i metri quadrati a far la differenza perché se ti manca il senso di tutto non sei libero, e invece puoi esserlo in isolamento. Lui ha nostalgia del carcere, e ha una pena che non finisce.

Franco: per lo Stato puoi anche scontare la pena, ma quando capisci il male che hai fatto non smetti mai di pagare perché ti senti mangiare dentro. Ma è in quel momento che inizia la vera condanna. Ho letto la Bibbia più volte senza capir niente, ora invece posso collegare tutto quello che accade con quelle pagine: combaciano, ed è una meraviglia. L’essere umano può toglierti tutto, ma non può toglierti niente perché hai Lui! Non puoi dimenticare che stai male, ma Lui è dappertutto e io ci parlo. Come la sera che il mio compagno di cella non russava, guardando il cielo dicevo: “Dove sei stasera?”; poi è passato un aereo: “EccoTi, sei anche lì!”. Un tempo volevo soltanto uscire. Oggi non c’è differenza perché stiamo bene, non ci manca niente: Lui c’è, il nostro cuore batte come il vostro e Lui c’è anche per noi. Non dimentichiamo perché non si può: per mandar fuori la gente con l’indulto bisogna prepararla e accompagnarla perché in carcere c’è gente che ha sbagliato. Io alla vostra età ero una larva, uno zombie, e mi son preso quello che mi meritavo! Pensate cosa mi sono perso io dai 12 ai 26 anni? Voi invece avete il privilegio di conoscere persone così, come il don Giorgio, e di sguazzare nel bene

Nicola: volevo solo leggervi ciò che a metà Meeting ci ha sconvolto: l’incontro con Rose che ha voluto conoscerci uno a uno: “Non c’è un peccato più grande di un altro. Chi può dire di essere senza? Non puoi misurare la misericordia di Dio. C’è solo da stare davanti a Lui e chiedere: “Chi sono io perché te ne curi?”. Non guardare gli altri, ma chiedersi: “Io chi sono?”. Sono io che devo cambiare non sperare che cambino gli altri. Che serve se cambiano tutti i detenuti e poi io vado all’inferno? A volte corriamo dietro a tutti i miracoli, ma se non serve a me cosa me ne frega che gli altri cambino? Se non cambio io potrebbe anche scendere Gesù dal cielo e noi rimarremmo comunque fermi alle parole. Ci sono tanti bravi al mondo, ma a noi non è chiesto di complimentarci per quello che abbiamo fatto o di ripeterci delle parole”

Don Giorgio: ricordiamocelo! Quando un testimone entra nella nostra vita ci spalanca l’orizzonte di ciò che viviamo. Non c’è chiesto di mettere in pratica quello che abbiamo sentito, ma di domandarlo perché poi si realizzerà come il Mistero vorrà.

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