domenica 21 marzo 2010

L'AVVENTURA EDUCATIVA

Incontro col cardinale Angelo Bagnasco
Milano, Palasharp - 18 marzo 2010

Testimonianza
Andrea Franchi presidente della Federazione Banchi di solidarietà


Mi chiamo Andrea, lavoro nel settore termoidraulico, sono sposato con Cristina ed ho la Grazia di avere 3 figli.
Ho iniziato un gesto di educazione alla carità o come mi ha insegnato a chiamarlo don Giussani, un gesto di “caritativa”, quando ho cominciato l’Università a Milano. In quei primi giorni, frequentando la facoltà di Chimica, incontrai dei ragazzi che mi affascinarono per la loro umanità, per come vivevano lo studio, l’amicizia, ogni aspetto della vita. Questi nuovi amici un giorno, mi proposero di passare con loro le domeniche pomeriggio facendo “caritativa” presso un grosso istituto che accoglie persone portatrici di handicap. Io aderii subito stupito e curioso di scoprire quale fosse l’origine della loro umanità così diversa e così cominciai a sperimentare che è proprio vero che la carità educa la vita.
Oggi sono il Presidente della Federazione Nazionale Banchi di solidarietà. Questi non sono altro che gruppi di persone, spesso riuniti in associazione, che decidono di educarsi alla carità cristiana attraverso un gesto di condivisione del bisogno di chi è più povero. Il gesto consiste nel portare un sacchetto di alimenti chiamato comunemente “il pacco” a casa delle famiglie o di persone che versano in gravi condizioni economiche e che quindi fanno fatica a procurarsi il cibo. Si cerca di essere fedeli ad una periodicità definita, di solito ogni 15 giorni, e si va in coppia poichè è più facile richiamarsi allo scopo del gesto.
Attualmente i Banchi di solidarietà sono 160 e, soprattutto negli ultimi 5 anni, hanno visto un grosso incremento. Abbiamo stimato per difetto che le famiglie assistite sono circa 35mila e circa 6mila le persone che donano il loro tempo gratuitamente dentro quest’opera.
Gli alimenti ai Banchi sono, nella maggior quantità, forniti dalla Fondazione Banco Alimentare che da sempre ci sostiene e aiuta.
Personalmente conobbi la realtà dei Banchi di solidarietà circa 9 anni dopo quel primo giorno in università infatti mi riaccadde lo stesso incontro affascinante. Qui l’”umanità diversa” ha avuto la faccia di un gruppo di famiglie giovani come la mia che ad un certo punto mi proposero come caritativa di portare periodicamente del cibo ad una famiglia molto povera che abita in una cascina diroccata della Bassa Milanese.
Sono passati più di vent’anni da quell’incontro in università e oggi, a 41 anni, continuo a portare il pacco perchè non ne posso fare a meno.
Ho la necessità di un gesto che mi educhi a guardare chi sono veramente:
un poveretto con un grande desiderio di felicità nel cuore che è stato abbracciato gratuitamente da un uomo, l’unico che può rispondere a quel desiderio senza deludere: Cristo.
Cominciare a vivere le giornate con questa coscienza di sé fa affrontare la vita in maniera diversa da prima, le circostanze, le cose che capitano sono sempre le stesse ma comincio a guardarle attendendo che quel pezzo di realtà sia l’occasione del riaccadere dell’abbraccio di Cristo alla mia povera vita.
Avendo poi la responsabilità a livello nazionale di quest’opera ho spesso l’occasione di incontrare tanti amici educati da questi gesti di carità. Volevo qui citare brevemente due incontri che ho fatto negli ultimi mesi che testimoniano più di quanto possa fare io il valore educativo della caritativa.
Il primo mi è accaduto qualche mese fa, dopo un’assemblea una signora mi prende a braccetto, mi porta in disparte e mi dice: «Sa, io sono la moglie di un terrorista e dopo l’arresto di mio marito ho vissuto anni terribili, con i figli piccoli, senza denaro, ero arrivata a non uscire più di casa per paura e vergogna. Un giorno suonano alla porta, fatto rarissimo in quegli anni, erano due signore che guardandomi mi dicono: “Sappiamo che è un po’ in difficoltà, se vuole ogni 15 giorni veniamo a trovarla portandole degli alimenti”. Dopo mesi in cui, puntualmente, quelle nuove amiche mi venivano a trovare, mi resi conto, attraverso la loro tenerezza e attenzione, che chi entrava da quella porta due volte al mese era il Signore che veniva a dirmi: “Ti voglio bene”. Da quel giorno tutto è cambiato poiché le colpe di mio marito, per me e per i miei figli, non erano più il fattore decisivo, ciò che dominava era l’amore di Dio alla nostra vita attraverso tanti nuovi amici». Allora io le chiesi: «Ma oggi tu porti il pacco?». E lei mi rispose: «Da anni». Ed io: «Perché lo fai?». «Per ringraziare Dio di essermi venuta a prendere e per ricordarmi che io non sono altro che l’oggetto del Suo grande amore».
Il secondo fatto è l’incontro con Barbara, una ragazzina di 16 anni proveniente da una tradizione tutt’altro che cristiana, che, dopo aver portato il suo secondo “pacco” così scrive a Marco, l’amico che le aveva proposto il gesto: «Ciao Marco. Stasera portare il pacco è stato diverso. Sembrava di essere a casa, e non lo dico perché abbiamo mangiato insieme con la famiglia. Io mi sentivo libera, senza l’imbarazzo che ho avuto la prima volta. Quando poi, mentre venivamo via, la signora ci ha detto che il regalo più grande che potessimo fare alla piccola Sara per il suo compleanno era proprio quello di essersi fermati lì a cena con loro, mi si è aperto il cuore e subito dopo è nata in me una domanda: “Ma qual è il regalo più grande che è stato fatto a me?”. Incontrare questa compagnia, delle persone come te, che vivevano e vivono in modo diverso e che giorno dopo giorno mi aiutano a guardarmi per quella che sono: una ragazza che senza Cristo non sarebbe niente. E voi siete così per Carlo, che è così per i suoi amici di Lecco. E via via fino a 2010 anni fa. Il regalo più grande che mi è stato fatto è Cristo. Il regalo migliore che posso fare alla Sara è abbracciarla come sono stata abbracciata io. Sono venuta a casa piena, vado a letto piena. Dire che il pacco mi richiama a guardare quello di cui realmente ho bisogno non rende automatico il fatto che ogni volta che lo porto sia così. Stasera però l’ho riconosciuto.
E riconosco anche che non è bravura mia, tua, della Beatrice... È Cristo che ha reso e rende possibile tutta questa bellezza. E non dico Cristo perché lo dici tu. Dico Cristo perché era evidente che fosse Lui. Stavo come in campeggio, come a Modena, come alla Colletta, come alla Birra, come con la Martina, con l’Andrea, con la Chicca, con la Roberta, come a scuola, come sempre. Perchè è così. Sempre. Che grazia! Barbara».
Non posso concludere senza ringraziare Dio di avermi preso, me, così meschino, ed avermi fatto incontrare la compagnia nata dal carisma di don Giussani in cui sono continuamente educato a riconoscere chi sono e a verificare la bellezza della vita cristiana cioè la possibilità di letizia dentro ogni circostanza perché luogo e possibilità di rapporto con Cristo.

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