venerdì 12 marzo 2010

SECONDA PARTE DELL'INTERVISTA A SUSANNA TAMARO UN PURITANESIMO CHE CI È ESTRANEO

....«questo moralismo bigotto che spesso proviene da quelle stesse
persone che ci propongono il libertinaggio più assoluto. Ci vogliono imporre il
matrimonio omosessuale, ma poi ci mandano alla gogna se finiamo a letto con la
fanciulla consenziente. Amici libertini, ma queste cose succedevano già ai tempi
dei faraoni!».......
Tamaro afferma che questa prassi indecorosa dello squadernare la vita altrui su pagina è «una cosa indegna e assurda», oltre che incomprensibile. «A leggere le intercettazioni non si capisce nulla. Si usa un linguaggio gergale, si fa riferimento a contesti incomprensibili… Questo non è giornalismo, è il suo contrario». È un elenco di frasi tagliate ad arte per avvalorare una tesi precostituita. «Nella mia visione del mondo quel che è segreto deve rimanere segreto. Il giornalismo dovrebbe aiutarci a capire, non confonderci. Così, invece, si sparge nero di seppia per annebbiarci».


C’è una costante negli ultimi scandali: la tresca sotto le lenzuola. Tamaro l’ha conosciuto bene quel mondo e ci ha scherzato su: «Sebbene io nel mio pormi sia più simile a un’atleta di una squadra cecoslovacca di slittino che a una escort, ho sempre dovuto difendermi dagli assalti, dalle proposte oscene, dall’invito a condividere la camera in albergo durante le trasferte».
Però non scherza quando denuncia «questo moralismo bigotto che spesso proviene da quelle stesse persone che ci propongono il libertinaggio più assoluto. Ci vogliono imporre il matrimonio omosessuale, ma poi ci mandano alla gogna se finiamo a letto con la fanciulla consenziente. Amici libertini, ma queste cose succedevano già ai tempi dei faraoni!».Per Tamaro l’uomo dalle mani e dalle mutande pulite, icona di «un puritanesimo che non ci appartiene», non potrà che finire impiccato al cappio della sua coerenza. «Da questa presunta richiesta di perfezione nasce il giustizialismo d’assalto, ma non la giustizia. “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”, dovrebbe essere il precetto laico e cristiano che regolamenta la convivenza civile». Altrimenti rimane solo la fila al patibolo e il terrore che «un giorno toccherà anche a me la parte della vittima. Perché la logica del capro espiatorio è vorace e ha sempre bisogno di nuovi e repentini sacrifici».
Come il filosofo inglese Roger Scruton, anche Tamaro pensa che «il sentimento più diffuso nel nostro tempo sia il risentimento». Non si può sopportare il successo altrui, è un monito troppo concreto alla noia del nostro vivere. È per questo che tutti chiedono sempre di essere risarciti: «Dobbiamo essere risarciti perché siamo stati gettati nel mondo senza che nessuno ci abbia chiesto il permesso, e questo crea in noi risentimento e livore».
È da qui che nasce la mistica della denuncia. Tamaro lo ha scritto a proposito del successo dei film Gomorra e Il divo, «premiati perché ripercorrono la strada dei film di denuncia. La denuncia dà sempre una patente di maggior coraggio. Ma cos’è la denuncia se non un modo di sentirsi migliori, avallando l’idea che, tramite l’indignazione, si possa contribuire a costruire un mondo più giusto? Ma siamo sicuri che sia proprio così?».
Le denunce, le firme, i manifesti. Sono la passione di molti intellettuali, quegli stessi che l’hanno rifiutata ed emarginata. «È una frattura che non si è ricomposta dopo che ho scritto Anima Mundi. Quello è un mondo in cui bisogna accettare la fluttuante negoziabilità dei propri princìpi». Firmano appelli «per lavarsi la coscienza. Si sentono a posto perché hanno detto cosa non va. Ma non basta, bisogna andare a fondo delle cose».

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