martedì 15 febbraio 2011

NON SERVE UNA VITTORIA SIMBOLICA

EGITTO: La nostra scelta pacifica sarà quella vincente
Pubblicato ilfebbraio 13, 2011 dalugopress
avvenire 11 febbraio 2011
Il docente Farouq:
«Non serve una vittoria simbolica
Abbiamo chiesto la fine del regime non di una sola persona»
DAL NOSTRO INVIATO AL CAIRO
In questi giorni ho visto realizzarsi quel che ho sempre sognato: libertà, tolleranza, amicizia fra musulmani e cristiani ». È l’esperienza di Wael Farouq, 37 anni, docente di arabo all’American University della capitale egiziana e ideatore del “Meeting al Cairo”, un’iniziativa culturale “copiata” dalla kermesse riminese di Comunione e liberazione.



Wael è il tipico esponente del movimento di protesta nato il 25 gennaio, anche ieri si trovava in piazza Tahrir, luogo simbolo della rivolta. «Qui è andato in onda un meeting continuo, un incontro vero tra le persone che hanno deciso di farla finita con la menzogna di questo regime illiberale», dice.
Professor Farouq, la vostra lotta sembra non aver avuto però ancora successo, Mubarak sembra resistere…
Le nostre ragioni ed il modo paci­« fico e non violento con cui le portiamo avanti sono la strada giusta e vinceremo. Ma attenzione, non vorrei che fosse soltanto una vittoria simbolica. Abbiamo sempre chiesto la fine del regime, non di una sola persona.
Allude al ruolo dell’esercito?
C’è chi parla di un governo in divisa, di un golpe militare. Al momento le notizie sono ancora molto confuse e incerte, aspettiamo. Ma una cosa è certa: noi non accetteremo mai un governo militare.
C’è però chi teme che il potere cada in mano agli integralisti islamici.
Questo è quel che ha sempre fatto credere la propaganda governativa. Ma i Fratelli musulmani sono una minoranza dentro il movimento di protesta che è nato spontaneamente dai giovani della classe media intellettuale, studenti, professori, medici, avvocati, ai quali si sono aggiunte le classi meno abbienti e più emarginate. È la maggioranza silenziosa che finalmente ha deciso di far sentire la sua voce, è un movimento civico che chiede libertà e giustizia sociale.
Qualcuno, anche in Italia, pensa che Mubarak abbia comunque tenuto a freno le spinte integraliste ed abbia protetto la minoranza cristiana in Egitto. Lei è d’accordo?
Nient’affatto. Le violenze nei confronti dei cristiani sono aumentate in questi ultimi anni. Per la strage di Capodanno in un chiesa copta di Alessandria, pochi giorni fa è stato messo sotto accusa l’ex ministro degli Interni. La realtà è che il regime di Mubarak ha sempre cercato di fomentare le divisioni tra cristiani e musulmani. Invece, da quando è iniziata la rivolta, si respira un clima di unità. In piazza Tahrir i cristiani hanno tenuto un momento di preghiera, applauditi dai musulmani che hanno ascoltato con attenzione e rispetto la lettura della Bibbia. Non era mai successo prima.
Come giudica le reazioni dei governi occidentali al movimento di protesta scoppiato in Egitto?
Semplicemente vergognose. Finora nessuno di loro ha avuto parole di condanna per il regime, pochi hanno ricordato il diritto degli egiziani alla libertà. In Occidente si discute dell’impossibile convivenza tra islam e democrazia. Ebbene, in Egitto dobbiamo tristemente prendere atto dell’impossibile convivenza fra le nostre richieste democratiche e l’Occidente.
E adesso cosa succederà?
Non si può fare una rivoluzione a metà. Una volta che Mubarak se ne sarà andato decideremo cosa fare. Ma con regole nuove, democratiche, non più sotto leggi speciali e stato continuo d’emergenza.
Luigi Geninazzi


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