sabato 5 giugno 2010

APPELLO PER NORMA E LA LAZZARUS HOME




A Betania, tra i bambini di Samar
Andrea Finessi
Tracce N.5, Maggio 2005
Terrasanta

È palestinese, cristiana. Nella sua “casa” più di cento bambini orfani imparano a perdonare e un gruppo di donne palestinesi si rifanno una vita. Poi c’è il panificio dove cerca di guadagnare soldi e di creare lavoro

«Io passo in questo mondo una volta. Se c’è un bene da fare, una gentilezza, un’azione, fammi o Dio, farla adesso, perché io non passo da qui un’altra volta», sono queste le parole che Samar si ripete sempre. Le dice nel suo italiano appreso dai tanti amici che ha in Italia.
Samar Sahhar è palestinese, vive a Betania dal 1971, quando i suoi genitori si sono trasferiti da Gerusalemme.

Da trentatré anni porta avanti un orfanotrofio, un’opera che la sua famiglia cominciò affittando una camera. Una stanza usata per le pecore, molto vecchia, per poter accogliere dieci bambini e mentre suo padre diceva «dieci e basta, non di più!», l’ufficio sociale israeliano continuava ad affidargliene. Dopo, con l’acquisto di un terreno, è stato realizzato un nuovo edificio e la possibilità di ospitare anche bambini palestinesi: «È stata la realizzazione di un sogno».
Per Samar non c’è differenza di origine: «In che lingua piange un bambino?» era la risposta dei suoi genitori a chi chiedeva come mai, loro che erano cristiani, tenevano tanti bambini musulmani.
Oggi la sua “casa” a Betania è piena di bambini che stanno mangiando e ti guardano con occhi stupiti e curiosi. Bimbi che si avvicinano e vogliono che li prendi per mano o in braccio. Sono senza genitori e Samar è diventata la mamma di tutti loro.

Spazio per tutti
«Qui in Terrasanta, dove Gesù ha portato tutto l’amore, dove è vissuto, è un peccato che ci sia questa guerra. Noi dobbiamo sempre cercare delle persone che possano stringersi la mano per un futuro in questo mondo. C’è spazio per tutti», e tra queste persone lei ha scelto i più innocenti. Bambini che diventando adulti e hanno la coscienza che Samar gli ha trasmesso. Uno di questi le è rimasto particolarmente impresso: «Un ragazzo cresciuto da noi è andato in Libano e gli è stato chiesto di uccidere dei cristiani. La risposta è stata: “Come posso uccidere dei cristiani, quando le persone che mi hanno più amato sono stati proprio loro, la mia famiglia di Betania?!”». Samar si ferma a pensare: «Continuano a seguire la nostra storia, con il desiderio e la curiosità di vedere le cose per quello che sono».
È una grossa responsabilità, la sua, ha più di cento bambini, settantadue maschi e trentuno femmine, che vivono in strutture separate. Dopo l’orfanotrofio maschile è nata una casa femminile, dalla necessità di aiutare delle bambine e delle donne perché in tutta la Palestina non ci sono strutture di accoglienza per loro: «Ho cominciato ospitando le sorelle degli uomini che erano già da noi e quando l’ufficio sociale mi ha mandato una famiglia, ho sentito la responsabilità di accettare non solo gli uomini, ma anche le donne che hanno bisogno di una casa. Ho creato una nuova struttura e gli ho dato il nome “Lazaros”, perché prego sempre Dio di ridare la vita a queste donne in Palestina, allo stesso modo in cui Gesù ha fatto con Lazzaro».

La bambina alla Natività
Un giorno tre suore, mentre camminano per Betlemme, trovano una bimba incatenata in una grotta. Alcune parti del corpo sono bruciate. È stata in ospedale più di un anno dove ha potuto essere curata e fare diverse plastiche. «Ora ha tredici anni, e per la prima volta va a scuola. Non voleva andarci, ma adesso è una delle più brave. La pagella del primo semestre è una delle migliori. Adesso è arrivata da noi anche la sorella anche lei totalmente bruciata dalla madre. Poco tempo fa siamo andati a Betlemme, alla chiesa della Natività e le ho detto “Vai da Gesù e chiedigli una cosa”. Quando è tornata mi ha detto: “Gli ho chiesto di perdonare la mia mamma”». Samar sta un attimo in silenzio e poi, con il sorriso di chi continua a commuoversi davanti a questa bimba: «È stata bastonata sulla testa e ha perso tutti i denti, fa fatica a mangiare. Che una bambina possa chiedere il perdono per tutto questo a Gesù, per la sua mamma, è un miracolo!».

Il pane in garage
La storia di Samar è davvero ricca di miracoli. Uno di questi è il panificio “più grande di Betania”. L’idea: guadagnare i soldi per l’orfanotrofio, dare da mangiare ai bambini e l’opportunità di un lavoro per qualche palestinese.
Samar firma un contratto di 75.000 dollari con un israeliano di Tel Aviv per comprare le macchine. «Ero senza soldi e avevo paura di finire in prigione, ma alla fine è stato pagato tutto e ne ringrazio Dio». L’affitto di uno spazio lungo la strada principale è troppo alto, una cifra enorme. Trova un garage, un posto molto isolato: «L’ho affittato e l’ho modificato per farlo diventare un panificio. Tutti quanti mi davano della matta e mi dicevano che le cose non potevano funzionare. Con mia grande sorpresa, quando hanno fatto il muro, la strada davanti al panificio è diventata la strada principale della città. Qualcuno è venuto nel mio ufficio chiedendo: “Ma tu, stai lavorando con Sharon?!”. E io ho risposto: “Qualcuno molto più potente, sto lavorando con Gesù”».
L’israeliano da cui ha comprato le macchine non voleva venire a montarle in territorio palestinese. Dopo tanta insistenza alla fine si convince: «Nemmeno per un milione di dollari verrei, ma per te Samar, va bene». Alla fine dei lavori c’è una festa, un pranzo in un ristorante a Betania. Hanno fatto davvero un sacrificio a partecipare. Allo stesso tavolo c’erano musulmani, ebrei e cristiani: «Abbiamo mangiato insieme - racconta Samar - ed è stata una bella testimonianza anche per tutti i miei ragazzi».

Generare al significato della vita
Anche il fatto di essere madre di tanti bambini è un grosso aiuto. Samar vive, fin dal ’71, un’esperienza di verginità «per vivere meglio la maternità con i bambini» dice. È l’esperienza dei Memores Domini che ha segnato la sua vita nel ’94, quando è entrata a far parte del Gruppo Adulto sotto la guida di don Giussani. Così ha imparato che generare la vita è «generare al significato della vita», come fa un genitore. Samar si commuove ancora parlando della sua “maternità”: «Sentivo che questi bambini senza mamma, senza genitori, mi chiamavano ad essere con loro a continuare il lavoro che avevano cominciato i miei genitori. Con tutto il cuore. Io li chiamo miei figli. Siamo come una famiglia, non ci siamo mai considerati in altro modo. A Betania, in questo luogo, io ho sentito la mia vocazione a essere madre».
Una palestinese cristiana, mamma di cento bambini, una martire. Eppure è proprio questa testimonianza della sua carità e la sua stessa presenza in quella terra, che sono segno di pace e cambiamento per tutti i figli che ha generato.

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