domenica 3 aprile 2011

CARDINAL RUINI:PRINCIPI NON NEGOZIABILI E LIBERTÀ DI COSCIENZA

.....È invitato invece a fare i conti con la realtà, a perseguire cioè l’efficacia delle proprie azioni nel concreto delle situazioni esistenti. Questa è del resto una caratteristica essenziale della politica, espressa da Benedetto XVI laddove precisa che la politica è “una complessa arte di equilibrio tra ideali e interessi”.

Così però il papa, al tempo stesso, ci mette in guardia da quella riduzione della politica al solo aspetto della sua efficacia pratica che è il limite costitutivo del cosiddetto “realismo politico”, il quale purtroppo facilmente degenera in cinismo politico. In questo modo la politica diventa fine a se stessa, si concentra esclusivamente, o almeno prioritariamente, sul perseguimento del potere.....


.....È teologicamente infondata, pertanto, quella posizione – rivendicata a volte con enfasi da alcuni politici cattolici – per la quale il richiamo alla propria libertà di coscienza viene fatto valere per discostarsi dagli insegnamenti della Chiesa. Sul piano politico e giuridico essi hanno certamente il diritto di agire così, ma non possono pretendere che questi comportamenti e queste scelte siano anche teologicamente ed ecclesialmente legittimi.

All’interno del mondo cattolico, la controversia sui “principi non negoziabili” ha qui il suo vero nocciolo.......


Ruini a Riva del Garda. Ma non in vacanza
Postato in General il 2 aprile, 2011
DAL BLOG DI MAGISTER

A Riva del Garda, la sera di venerdì 1 aprile, è ricomparso il cardinale Camillo Ruini, a parlare a una platea di politici di area prevalentemente ciellina, sotto l’insegna di “Rete Italia”.

In realtà, il cardinale non era mai sparito. Da presidente del comitato per il progetto culturale della Chiesa italiana, ogni sua parola ha inesorabilmente anche un riflesso politico. L’ultima sua sortita di rilievo risale ai primi di dicembre, quando disse papale papale che per governare l’Italia bisogna rafforzare i poteri dell’esecutivo, tener fermo il sistema elettorale maggioritario e attuare il federalismo.

Questa volta Ruini è stato invece più sui principi, i principi di “un’autentica sapienza politica”. Che per i cristiani esige di far sintesi tra ideali e interessi, tra “l’intelligenza della fede” e “l’intelligenza della realtà”.

Nelle loro cronache, “Avvenire” e ancor più il “Corriere della Sera” hanno dato evidenza alla delusione espressa dal cardinale per le manchevolezze dei governi nel campo della politica famigliare.

Ma alla famiglia Ruini ha dedicato non più di tre righe della sua ampia relazione. Il cui testo integrale può essere letto in questa pagina di www.chiesa: “Bisogna rinvigorire un’autentica sapienza politica“.


Eccone qui di seguito quattro assaggi, che in realtà bastano per un pranzo luculliano.

[...] Vorrei tentare di approfondire, alla luce delle parole del papa, una questione oggi abbastanza scottante per l’azione politica dei cattolici. Essa riguarda la natura della dottrina sociale della Chiesa e il suo rapporto con la coscienza personale di ciascuno nell’assunzione delle decisioni politiche.

Questa dottrina da una parte è proposta dal magistero della Chiesa e quindi ha pur sempre un aggancio con la fede in base alla quale la Chiesa esiste. Dall’altra parte è argomentata razionalmente, a partire da ciò che è conforme alla natura di ogni essere umano.

Per questo secondo aspetto essa può fornire una luce e un riferimento sia ai credenti sia ai non credenti. Per il primo aspetto, però, l’atteggiamento dei credenti verso di essa non può essere semplicemente uguale a quello dei non credenti. I non credenti, infatti, si sentiranno legati a tale dottrina solo nella misura in cui essa li convince razionalmente. I credenti, invece, se intendono comportarsi in maniera coerente con la loro fede, faranno riferimento alla dottrina sociale anche al di là di ciò che sembra loro evidente razionalmente.

In altre parole, la coscienza dei credenti deve essere illuminata e formata non solo dalla loro ragione ma anche dalla fede e dall’insegnamento della Chiesa.

È teologicamente infondata, pertanto, quella posizione – rivendicata a volte con enfasi da alcuni politici cattolici – per la quale il richiamo alla propria libertà di coscienza viene fatto valere per discostarsi dagli insegnamenti della Chiesa. Sul piano politico e giuridico essi hanno certamente il diritto di agire così, ma non possono pretendere che questi comportamenti e queste scelte siano anche teologicamente ed ecclesialmente legittimi.

All’interno del mondo cattolico, la controversia sui “principi non negoziabili” ha qui il suo vero nocciolo.


Se vogliamo inquadrare questa questione in una problematica più vasta, possiamo considerarla un sintomo di quelle tendenze alla “secolarizzazione interna” della Chiesa e dei cattolici che da una parte non devono sorprendere, per l’influsso reciproco tra Chiesa e società che è sempre in atto: la secolarizzazione del mondo occidentale tende quindi fatalmente a riverberarsi anche all’interno della Chiesa. D’altra parte, però, è indispensabile reagire a questo processo, se non vogliamo che la fede diventi irrilevante e intendiamo invece conservare le nostre capacità di testimonianza missionaria. [...]

IL REALISMO CRISTIANO È FAR SINTESI TRA IDEALI E INTERESSI


[...] Quando Benedetto XVI chiede ai cristiani laici di mostrare concretamente che la fede permette di leggere la realtà in modo nuovo e di trasformarla, ciò significa che il credente che fa politica non può, e non deve, rifugiarsi in una posizione di pura testimonianza.

È invitato invece a fare i conti con la realtà, a perseguire cioè l’efficacia delle proprie azioni nel concreto delle situazioni esistenti. Questa è del resto una caratteristica essenziale della politica, espressa da Benedetto XVI laddove precisa che la politica è “una complessa arte di equilibrio tra ideali e interessi”.

Così però il papa, al tempo stesso, ci mette in guardia da quella riduzione della politica al solo aspetto della sua efficacia pratica che è il limite costitutivo del cosiddetto “realismo politico”, il quale purtroppo facilmente degenera in cinismo politico. In questo modo la politica diventa fine a se stessa, si concentra esclusivamente, o almeno prioritariamente, sul perseguimento del potere.

L’opposto di questo realismo di corto respiro è quell’idealismo astratto che non incide nella storia e che finisce non di rado per trasformarsi in un utopismo tendenzialmente violento e totalitario.

L’autentico realismo cristiano sta invece nel non stancarsi di cercare la sintesi tra ideali e interessi, per quanto faticosa e sempre provvisoria una tale sintesi possa essere.

LA QUESTIONE NUMERO UNO È QUELLA ANTROPOLOGICA


Quanto ai contenuti dell’impegno politico, Benedetto XVI fa riferimento ai grandi problemi di oggi e in concreto al fatto che la questione sociale è diventata, al tempo stesso e radicalmente, questione antropologica, come egli ha spiegato nell’enciclica “Caritas in veritate”.

Il senso non è che la questione sociale sia ormai superata: essa rimane pienamente attuale e ha assunto sempre più una dimensione planetaria, che siamo soliti riassumere con la parola “globalizzazione”. Ancora più profonda e densa di conseguenze sembra però la nuova problematica antropologica, che mette in gioco la domanda fondamentale: chi, o che cosa è l’uomo? Chi siamo noi nella sostanza del nostro essere? Una domanda di sempre, certamente, ma oggi una domanda nuova perché nuove sono le possibilità offerte dagli attuali sviluppi scientifici e tecnologici che hanno dato all’uomo un nuovo potere su se stesso.

Parafrasando una celebre tesi di Marx, non si tratta più soltanto di interpretare l’uomo, ma soprattutto di trasformarlo. Questa nuova trasformazione non avviene però, come pensava Marx, cambiando i rapporti sociali ed economici, bensì incidendo direttamente sulla realtà fisica e biologica del nostro essere attraverso le biotecnologie, che stanno progressivamente appropriandosi dell’insieme del nostro corpo: non solo dei processi del nascere e del morire, sui quali sono già focalizzati l’attenzione e il dibattito pubblico, ma anche del funzionamento globale del nostro organismo e in particolare del funzionamento del nostro cervello. L’intenzione, dichiarata o ancora recondita, è migliorare, potenziare, trasformare l’uomo stesso.

L’impiego delle tecnologie, però, non è mai neutro: è legato agli scopi che si perseguono e, nel caso delle biotecnologie applicate all’uomo, dipende in ultima analisi dal concetto che abbiamo dell’uomo stesso, della sua natura e dignità, quindi dalle convinzioni che ci animano riguardo a ciò che l’uomo deve comunque continuare ad essere, o invece deve diventare tramite i nostri interventi biotecnologici.

Qui si aprono degli scenari davvero enormi, di cui oggi fatichiamo a renderci conto, ma che nei prossimi decenni, e ancora più nel secolo che è appena iniziato e in quelli che seguiranno, diventeranno sempre più evidenti e decisivi per le sorti dell’umanità: ecco perché non è esagerato affermare con Benedetto XVI che la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica.

LA SFIDA DELLE CIVILTÀ ASIATICHE

A questo proposito si impone una riflessione che mette insieme le problematiche antropologiche con i processi di globalizzazione, in concreto con i grandi mutamenti in corso negli equilibri geo-economici, geo-politici e inevitabilmente anche geo-culturali.

Di fatto, oggi stanno riemergendo e assumendo un peso sempre maggiore alcune grandi nazioni e civiltà che negli ultimi secoli erano state sovrastate dall’Occidente. Queste nazioni e civiltà non hanno quella matrice cristiana che, malgrado tutte le infedeltà storiche e malgrado i processi di secolarizzazione attualmente in atto, appartiene al DNA dell’Europa, delle due Americhe e di altre considerevoli parti del mondo.

La centralità della persona umana – il suo essere fine e non semplicemente strumento – si è però affermata storicamente proprio in quelle culture che hanno la loro matrice nel cristianesimo. Sono dunque i popoli eredi di tali culture quelli che per primi hanno la responsabilità e il compito di mantenere e far fruttificare la centralità dell’uomo nella nuova fase storica che si apre davanti a noi, pur cercando, come è doveroso e necessario, di sollecitare anche le altre nazioni e civiltà ad un impegno convergente.

È questo, già oggi e per il futuro, un compito fondamentale dei cristiani impegnati in politica, come del resto di quelli che operano nella cultura, nelle scienze, nell’economia e in ogni altro spazio socialmente rilevante. [...]





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