domenica 28 settembre 2008

I SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY


E' un problema di Dio e Dio, come ha permesso che questo povero uomo che sono passasse per una depressione in cui l'unica cosa che voleva era di morire perché capisse il valore della sua vita, così vuole che Victor sia come Suo Figlio, strumento di salvezza. Ma capite che io sto in adorazione davanti a lui? Lui è Gesù. Se lui non ci fosse, non ci sarebbe Cristo, io non esisterei. Amici, o capiamo che la questione si gioca su una domanda sola: Dio esiste o no? Se esiste, come credo più che al sole che mi brucia, allora Victor fa parte come me, come te, di un disegno bellissimo che io già vedo e spero che anche voi nel tempo vediate. Dio mio quanto mi fanno soffrire coloro che si pongono anche solo la domanda: ma perché Victor vive in quelle condizioni?


Ogni mese la storia di un nostro "santo e martire" della clinica per ammalati terminali abbandonati San Riccardo Pampuri. E' un modo per aiutarci a guardare la morte con la certezza che é il compiersi della vita.

. .....Che dire? Grazie o Gesù e Maria addolorata perché una volta in più mi mostrate che "quell'ingenua baldanza" di cui parlava Giussani negli anni della nostra giovinezza a 62 anni la vivo in modo infinitamente più grande. Ancora si documenta che il "politicamente corretto", il "savoir faire" ha poco a che fare con la chiarezza della propria fede......

......Cari amici,
il giorno per me incomincia alle 5 del mattino e termina alle 23. Sono un po’ stanco, ma Gesù è con me tutto il giorno per cui tutto è più semplice e bello. Nelle ultime 24 ore ho accompagnato a morire 6 moribondi. Debbo dire che il cielo gode e l’inferno freme dalla rabbia, perchè la mia clinica rilascia solo passaporti per il cielo… e in quattro anni e alcuni mesi ne abbiamo già mandati quasi 600 in paradiso.....



Chi volesse aiutare padre Aldo può farlo attraverso www.avsi.org specificando che desidera sostenere un bambino nel seguente progetto: Paraguay, Fundaciòn san Rafael – Collegio Paì Alberto. VEDI IN allegato il MODULO AVSI
I SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY n° 18 - settembre 2008



La visita del vicepresidente della Repubblica
Cari amici,
incominciare il giorno quando ancora il sole dorme però guardando il vero sole che illumina Gesù Eucarestia, esposto sia nella parrocchia come nella clinica le 24 ore del giorno e respirare il profumo del miracolo quotidiano.
Come ogni lunedì mattina, anche questa mattina, puntuale come un orologio è arrivato, scortato fino al collo, il vicepresidente della Repubblica, in questi giorni presidente ad interim, essendo Lugo alle Nazioni Unite, per recitare lodi e stare alcuni minuti in adorazione davanti al santissimo.
Eravamo lui, la scorta ed io, essendo padre Paolino in Argentina. Così il vicepresidente ha fatto da lettore ed io il resto. Abbiamo poi fatto colazione come ogni lunedì assieme. Un'occasione per vedere i fatti accaduti e preparare la settimana. Per esempio questa mattina è stato interessante vedere i punti che il presidente Lugo avrebbe sottolineato nel suo discorso davanti all'Assemblea dell'ONU, in particolare sui temi del terzo mondo. Punti che riflettono la dottrina sociale della Chiesa. Interessante pure l'approccio al presidente Lula e, spero il progressivo distanziamento da Chavez “Lugo è Lugo e Chavez è Chavez” l'ha detto il Presidente prima di partire.
Insomma è impressionante come un povero prete, due poveri preti (padre Paolino pure) che prendono sul serio quanto Carron ci dice, rischiano di essere il polo positivo anche del governo.
Tutto questo mi commuove perché è l'accadere della profezia che è stato Giussani che grazie il suo amore a Cristo e alla Chiesa, alla sua chiarezza umana, alla “ingenua baldanza” molto lontana da tanti clericalismi che ci riempiono la testa ed il cuore, ci ha instillato fino al midollo una cosa: il problema è l'io nel suo rapporto con il Mistero. E da questa identità, una capacità di dialogare con tutti, abbracciare, valorizzare tutto terminato questo momento in cui ancora una volta il Presidente ad interim ha ribadito la stima e l'interesse dell'esecutivo di collaborare a 360 gradi con questa comunità è venuto a trovarci il braccio destro di uno dei più grandi imprenditori latino americani del gruppo Vierci.
I motivi dell'incontro:
il consiglio di amministrazione del gruppo ha deciso di finanziare il nostro settimanale “l'Osservatore della settimana” che esce ogni giovedì con il quotidiano “Ultima Hora” ed il libretto del Papa che esce ogni ultimo mercoledì del mese sempre con il giornale (si tratta della pubblicazione di tutti i discorsi del Papa di ogni mese), perché grazie a questi due strumenti (20.000 copie ogni settimana in un paese quasi analfabeta e con 6.000.000 di abitanti) ha quasi raddoppiato le vendite del quotidiano.
Una cosa dell'altro mondo nel terzo mondo in cui il dramma non è economico ma educativo. Sono grato infinitamente a Giussani per averci educato a pubblicare ogni settimana, come minimo, un giudizio su ciò che accade. E sono da più di 30 anni che come mi confesso ogni settimana così esprimo pubblicamente un giudizio, partendo dalla scuola di comunità su ciò che accade. Così da un foglietto, da un bollettino parrocchiale siamo arrivati ad un settimanale, autorevolissimo ad ogni livello della società e strumento, fotocopiato nella selva e nei villaggi più sperduti, di catechismo. Non bastasse questo ha aggiunto: “il signor Vierci, l'imprenditore, vuole aprire con noi un ospedale completo con 150 camere, moderno e per i poveri. Lui farà tutto ed a voi chiede la gestione, la condivisione umana”. Ovviamente mi sono messo a ridere... ma il suo rappresentane: “ma, noi non scherziamo, abbiamo fiducia in C.L e presto ti porterò il progetto”. A me l'unica cosa che potei dirgli è stata:
“manderò tutto ai miei amici responsabili di C.L. Che vedano loro cosa possono fare”. E l'ho fatto subito, perché sono cose troppo grandi per uomini così piccoli come siamo noi qui. Però, più in là di quello che potrà accadere (è un problema della Divina Provvidenza e non mio) l'importante è vedere come prendendo sul serio il proprio io come relazione con il Mistero, la realtà ti cerca, ti vuole, ti desidera. Una cosa inimmaginabile per noi, per voi, perché non siamo noi a cercare, fare, progettare.... anzi ci preoccupiamo solo del nostro “io” e che questo “io” stia bene... eppure proprio per questo la realtà ci cerca ed esige risposte. E l'unica risposta è prendere ancora più sul serio il proprio “io” e consegnare poi agli amici più grandi il tutto. Il resto se Dio lo vuole sarà lui a realizzarlo come ogni giorno tocca con mano. La compagnia delle opere che vive qui nella nostra comunità è nata e vive così....prendendo sul serio il proprio “io” dentro le circostanze quotidiane. Ed è un respiro a pieni polmoni. Grazie per avermi ascoltato, però ci tenevo a raccontarvi l'accaduto questa mattina.
con affetto, P. Aldo Trento

SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY n° 19 - settembre 2008
Dopo gli incontri fatti al Meeting
Cari amici, Gesù mi sorprende ogni giorno con la Sua Grazia, come è accaduto in questi giorni ascoltando Julian Carron, durante gli esercizi del Gruppo Adulto (sono dei consacrati che vivono nel mondo lavorando). Sentire quell'uomo, come dissi durante la Messa di sabato 14, è stato come risentire, ma soprattutto riaccadere con una intensità di un uomo di 61 anni che da sempre "coltiva" gelosamente la ferita del desiderio di pienezza, quanto percepito moltissimi anni fa nell'incontro con Giussani. Seguire, stare attaccato a quest'uomo, prendendo sul serio il suo magisterio mi permette di vivere drammaticamente tutto, mi permette di non dare nulla per scontato, di mendicare ogni attimo. La purezza della sua religiosità, la certezza della sua fede, capace di sorprendere ogni aspetto della propria umanità è di un fascino unico. Mentre lo ascoltavo parlare dell'io, dell'obbedienza alla propria umanità pensavo ai 3 discepoli di Gesù sul Tabor, ai due discepoli di Emmaus "non ci ardeva il cuore mentre parlava con noi?". Ringrazio Dio di quest'uomo a cui offro la mia vita perché è la continuità chiara, carnale di Giussani. Sono tornato ad Asunciòn come quei due di Emmaus, desideroso di riabbracciare tutti, di abbracciare l'enorme schiera di amici che dopo il Meeting mi hanno letteralmente preso di assalto, con moltissime e-mail, ognuna con un dramma, con una gioia da comunicare. Una cosa miracolosa, che testimonia quanto il cuore umano ha sete di ciò che Giussani e Carron, con una insistenza che mi commuove, continuamente ci reclamano. Incontrare Carron a San Paolo è stato per me rivedere, rigustare l'abbraccio pieno di umanità e tenerezza di Giussani. Quell'abbraccio che oggi lunedì 15 settembre mi ha permesso, insieme a Paolino e Daf, di incontrare, come ogni lunedì mattina il vicepresidente della Repubblica che puntualmente alle 6 recita Lodi e fa colazione con noi. Però il miracolo dei miracoli è che questa mattina con il vicepresidente è venuto, fra la sorpresa di tutto il paese, il nuovo Presidente della Repubblica, l'ex-vescovo Lugo. E' stato un momento commovente che mi ha lasciato sconcertato, perché è stato un miracolo, sapendo come fra noi e lui fino alle elezioni del 20 aprile in cui è stato eletto a maggioranza assoluta Presidente, avevamo lottato perché non fosse votato, anche con articoli abbastanza duri...e sempre dentro un rapporto preciso con il Nunzio Apostolico. Una volta di più si compie quanto Giussani ci ha insegnato e che Carron riprende continuamente: "Solamente chi è impegnato con il proprio io, con la propria umanità sente l'io di tutti come parte di sè.". Questa mattina quando dopo aver pregato con il vicepresidente, lui stesso ha chiamato il Presidente in partenza per il Cile, per la riunione di emergenza di tutti i presidenti Latinoamericani per l'emergenza drammatica della Bolivia. E' stato con noi un'ora, volendo vedere tutti gli ammalati e sfilando davanti ai bambini poveri della nostra scuola. Quindi una buona colazione, un dialogo sincero, schietto e pieno di carità, con la consegna di una buona grappa, di un libro di Giussani. Commoventi le parole sull'opera dette dal Presidente ai mezzi di comunicazione sociale, presenti in massa. Che dire? Grazie o Gesù e Maria addolorata perché una volta in più mi mostrate che "quell'ingenua baldanza" di cui parlava Giussani negli anni della nostra giovinezza a 62 anni la vivo in modo infinitamente più grande. Ancora si documenta che il "politicamente corretto", il "savoir faire" ha poco a che fare con la chiarezza della propria fede. Il problema è solo uno per dialogare: che il mio cuore sia strapieno di Cristo fino a straripare per l'abbondanza della gioia di vivere. Ve lo garantisce un depresso di cui Dio si serve per mostrare a tutti che Lui ama l'uomo e lo vuole salvare. Un'ultima parola (poi risponderò personalmente) a quanti mi hanno detto: perché tenere in vita il piccolo Victor, il bambino terribilmente deformato che è il santo di questo mese? Non sono io, nè noi che lo teniamo in vita. E' Dio che lo mantiene in vita, perché noi l'unica cosa che facciamo è dargli da mangiare per sonda e un drenaggio (non so se il linguaggio è corretto) per permettere all'acqua della testa di smaltirsi. E' Dio che lo mantiene in vita, questa piccola ostia bianca, che come Gesù soffre crocifisso sulla croce e gemendo continuamente. Come vorrei che foste qui con me per guardarlo coi miei occhi e sentire viva la Presenza di Cristo. Uno non decide quando nasce e neanche quando muore. Ma io do la mia vita perché Dio faccia di lui ciò che solo Lui conosce.
con affetto, P. Aldo Trento

I SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY n° 16 - settembre 2008
La cittadinanza onoraria di Asunciòn per padre Aldo
Cari amici,
il giorno per me incomincia alle 5 del mattino e termina alle 23. Sono un po’ stanco, ma Gesù è con me tutto il giorno per cui tutto è più semplice e bello. Nelle ultime 24 ore ho accompagnato a morire 6 moribondi. Debbo dire che il cielo gode e l’inferno freme dalla rabbia, perchè la mia clinica rilascia solo passaporti per il cielo… e in quattro anni e alcuni mesi ne abbiamo già mandati quasi 600 in paradiso. Come vedete è il lavoro più bello che ci sia… perchè a cosa servirebbe la vita se non ci fosse il cielo? E che varrebbe vincere le 99 battaglie della vita se perdiamo l’ultima? Ebbene io vivo perchè quanti arrivano qui vincano l’ultima battaglia e a dire il vero ce la fanno. E non vi dico la rabbia di quello del piano di sotto, come la mia amica Lorenza di Monaco ama definirlo…
Ho da qualche minuto firmato le pagelle dei miei numerosi bambini. Quando sono arrivato alla casa numero 2 erano già tutti a letto. Solo la mamma Cristina, un figlio naturale Richard e un bebè di alcuni mesi, Arnaldo, stavano guardando la partita Paraguay-Venezuela (Lugo contro l’amico Chavez) vinta per 2-0 dal Paraguay. Povero Chavez… quante volte il vescovo-presidente l’ha vinta almeno sul piano sportivo.
Ho firmato lì dove è scritto: padre o madre. Una bella soddisfazione… molto più grande dei numeri che c’erano dentro. Solo qualche sufficienza e per il resto tutto da costruire. Però nessuno è più a 0 ma tutti a 1. Arrivare ad 1 è stata l’impresa più difficile… adesso c’è tutta la vita per crescere e arrivare al massimo. Dopo la firma li ho guardati mentre dormivano: sono proprio belli questi miei figli. Dietro i loro volti carini quanti segni di violenza, di sopruso…eppure adesso sono contenti nella loro casetta bella, grande, nuova. Si sentono amati ed io li adoro. Guai a chi me li tocca. Sono tutti qui per ordine giudiziario e, quindi, anche protetti legalmente contro ogni forma di violenza. Vedo in ognuno il bambino Gesù. Mi chiamano “papi”. E’ una soddisfazione che non vi dico… anche se, data l’età, mi sento più un nonno che un papà. Però papà si è sempre quando la verginità è la forma della vita. Guardandoli mi è più semplice capire perchè Giussani l’8 settembre del 1989 (19 anni fa) mi ha spedito qui. Lui si che ci vedeva bene…anche con gli schizzati come me. Invece di mandarmi dallo psicologo come fanno i preti moderni, formatori in particolare, mi ha mandato in Paraguay. Ce ne vuole del fegato per una simile operazione. Però i santi hanno fegato ed anche le palle. Ti guardano negli occhi senza fissare appuntamenti…e capiscono subito e decidono in pochi minuti, sconvolgendo tutto e tutti. Chi l’avrebbe detto 19 anni fa che quel prete depresso domani 10 settembre venisse nominato cittadino illustre di Asunción con il Sindaco che gli consegna le chiavi della città! Certamente nessuno è molto meno di questo asino che scrive. Così adesso con le chiavi potrò decidere chi lasciare entrare dentro e chi no. La lista sarebbe lunga, ma per il momento ve la risparmio. In fondo una chiave in più o una in meno in questa terra vale poco. Ciò che vale sono le chiavi di S. Pietro e quelle mi preoccupano un po’… ma la misericordia di Dio risolverà tutto. Il premio? Lo dedico alla divina Provvidenza che mi ha “fregato” perchè io in tutta questa vicenda non conto niente. O meglio, ho una grande responsabilità: ho sempre preso sul serio la vita e obbedito alla realtà. Molti anni fa una del gruppo adulto mi ha chiesto: ma tu a chi obbedisci? Non le ho mai risposto, semplicemente la guardavo e le dicevo: per il momento faccio già una grande fatica obbedire alla realtà…abbi pazienza che prima di morire imparerò ad obbedire anche ai Superiori. Beh, a dire il vero, se avessi obbedito di più ai Superiori e meno alla realtà non ci sarebbe tutto questo bel casino che la Provvidenza ha messo in piedi. E chissà, molti dormirebbero meglio…però non ci sarebbero quei 600 morti in paradiso, i miei bambini contenti, i miei vecchietti assistiti. E soprattutto non ci sarei io…questo rompiballe che ogni giorno mette a soqquadro il cielo e la terra con il suo mendicare.
E pian pianino sto imparando a obbedire a tutto e a tutti. Per questo oggi 10 settembre dopo aver ricevuto un immeritato premio sono commosso quando ho visto il Nunzio Apostolico in Paraguay presente alla cerimonia piangere dopo le mie povere parole in cui ho ringraziato Giussani, don Massimo, gli amici, attraverso cui il Signore ha cambiato la mia vita. Ma su questo vi scriverò raccontandovi il miracolo che è accaduto oggi nella sala del consiglio comunale della città di Asunción quando il consiglio intero ha riconosciuto il miracolo che don Giussani ha fatto recuperando questo uomo.
Pregate per me e buona notte, P. Aldo Trento



I SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY n° 17 - settembre 2008
Non a me Signore ma al tuo nome da gloria
Cari amici,
vigilando ogni istante perché la vipera della vana gloria, dell’orgoglio non entri nel mio cuore, perché convinto che non c’è tentazione più dolorosa per me di questa, perché è la tentazione che pretenderebbe togliere l’iniziativa esclusiva di Dio sulla libertà umana, mi permetto umilmente di raccontarvi brevemente l’accaduto di giovedì 10 Settembre quando il Consiglio Comunale in seduta straordinaria e presieduta dal sandaco ha riconosciuto pubblicamente davanti a tutta la città e l’intero paese l’opera che la Divina Provvidenza sta realizzando per la gloria di Dio in favore dei più poveri del paese. All’atto erano presenti i miei figli, i miei bambini, che ha voluto personalmente che fossero lì con me. Lascio a voi immaginare la gioia, l’orgoglio di questi innocenti di vedere il loro “papi” lì seduto sul palcoscenico, solo, mentre al suo fianco, al centro, sedevano il sindaco e coloro che erano stati i primi firmatari della proposta di nominare “cittadino illustre” questo povero prete. Con loro c’era il Nunzio Apostolico che durante le mie brevi parole si è letteralmente commosso, come mi disse alla fine della cerimonia. C’erano i rappresentanti del governo Lugo, in particolare il Vice Ministro delle finanze, colui che, puntualmente ogni mese ci fa arrivare i 15000 Euro che la precedente finanziaria ha stabilito per la clinica, e che ha messo già la nuova richiesta di aiuto (piccolo ma importante per il significato politico e sociale che contiene) per la prossima legge finanziaria 2009, attualmente in discussione al parlamento.
Sono stato commosso perché durante il discorso ufficiale della nomina hanno parlato di Giussani, di CL, della Fraternità San Carlo. Ho sentito viva la presenza di quell’uomo Giussani, che ha avuto sempre fiducia in me, che ha guardato alla mia malattia, la non voglia di vivere, chiamata oggi dagli “esperti” depressione o con altri nomi più brutti, come una grazia, come la condizione per mandarmi in missione. Solo i santi sono capaci di questo eroismo, di questa intelligenza di fede nel guardare tutto e in particolare la malattia della mente.
Quando mi hanno chiesto di parlare davanti alle autorità e al pubblico presente, ho visto i miei bambini e un nodo mi ha chiuso la gola. Ho faticato a riprendere la parola e mentre un silenzio di tomba mi circondava, sono riuscito a fare l’unica cosa che mi caratterizza da sempre: annunciare “ciò che di più caro abbiamo nel mondo, Cristo stesso e ciò che deriva la Lui perché in Lui risiede la pienezza della divinità” (Solov’ev) e la mia storia di morte e risurrezione mediante la quale Dio ha fatto e solo Lui ha fatto tutte le opere di carità che ci sono nella parrocchia. “Io non c’entro niente in tutto questo agire della Divina Provvidenza”, perché io ho solo obbedito, come ancora seguo facendo, alla realtà, perchéè attraverso la carnalità della vita che Dio si manifesta ed opera. Certo Dio mi ha fatto sputare sangue e ancora mi chiede tutto…però se questa è la condizione perché Lui manifesti il Suo disegno su questo piccolo perimetro di terra, sia fatta la Sua volontà.
Ho anche accennato al mio passato ideologico e come l’incontro con quei 4 ragazzi di Salerno e poi con Giussani hanno cambiato la mia vita. E a questo punto l’unico rappresentante della sinistra Lughista (del presidente) ha abbandonato l’aula, sotto gli occhi esterefatti di tutti.
La gente poi in Municipio è stata bella. C’erano tutti, proprio tutti i rappresentanti dei miei poveri e dei miei amici ricchi. Alla televisione e in particolare alla CNN americana ha detto che sono il Miracolo di don Giussani e della sua fiducia in me.
Mentre scrivo sono qui a S. Paolo agli esercizi del Gruppo Adulto. Sono commosso per l’abbraccio di Carron che fin dalla prima sera mi ha regalato, in compagnia dell’amico P. Alberto, una mezz’ora di tempo gratuita, non programmata per parole “dell’io” dell’uomo, delle sue esigenze, del Meeting. Un regalo grande perché in questo uomo vedo il cuore e non solo l’accento di Giussani. Carron va dritto al cuore, va al centro dell’io. Mentre lo ascolto provo lo stesso impeto, ma data la mia età infinitamente piu`grande, di quello che sentido con Giussani. Un impeto di tornare a casa, al mio paese, il Paraguay, per gridare a tutti la gioia dell’incontro con Cristo, perché tutti capiscano che la depressione (ancora prendo alcuni psicofarmaci dopo 20 anni) e ogni malattia è una grazia, perché permette all’uomo di mendicare. Mi sento ogni attimo un mendicante fino al punto che quando di notte mi sveglio, nonostante il sonnifero, mi trovo a ripetere: “Io sono Tu che mi fai”. “Io non sono il frutto dei miei antecedente nè delle mie angosce, nè dell’insonnia, ma della Misericordia Divina”. “Anche i capelli del tuo capo sono contati”… e allora guardo con ironia anche gli psicofarmaci da cui non dipendo e non ho mai dipeso…perche`io sono di Cristo. E guardare così i miei bambini e ammalati è aiutarli ad amare la vita anche se crocifissa.
con affetto, P. Aldo Trento


I SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY n° 15 - settembre 2008
Il santo di settembre
A dire il vero sarebbero tanti i santi di questo mese. Santi incontrati al Meeting di Rimini, santi che ogni giorno mi riempiono di e-mail, una più bella dell’altra, e santi che stanno morendo nella clinica “Casa Divina Provvidenza S. Riccardo Pampuri”.
E chi sono questi santi? Sono le centinaia di persone, di tutte le età che dopo l’incontro di Rimini mi “assediano” con il loro grido di verità, di bellezza, di amore, di felicità. Persone desiderose, bramose di saperne di più rispetto al centuplo. Padre ma è vero che quanto è accaduto a lei è possibile anche per me? Padre è vero che la depressione è una grazia? E come accettarla così? Dove trovare un uomo con questa libertà di vivere, di amare? Padre ho paura del sacrificio, del dolore…come ha fatto lei a sopportare tutti questi anni di sofferenza psichica e morale? Ma è possibile amare e come coniugare l’amore con il dolore? Ma che bella la verginità se poi accade quanto è accaduto a lei! Dove ha trovato l’energia per obbedire a Giussani? Come ha fatto a dargli credito? Padre ci parli dell’umanità di questo uomo che ha saputo condurlo per mano in un modo così umano che sbalordisce e nello stesso tempo sentiamo che se non fosse così non varrebbe la pena credere in Cristo.
Le e-mail di questi giorni sono tutte un tentativo di rispondere a queste domande. C’è un vuoto affettivo, una paura d’amare e un’assenza di padri impressionante. Come non ricordare le code di ragazzi, ragazze, adulti che hanno fatto impazzire Miriam, la hostess, per poter sentirsi dire che ciò che il cuore desidera è vero e può incontrare una risposta adeguata?
Perfino mi correvano dietro con il loro dramma anche quando andavo al bagno. No, non è spento il cuore dell’uomo, il cuore del santo. Solamente, mi domando, dove siamo noi adulti? Sentiamo che il grido dell’uomo è sempre potente ed è un grido che ha bisogno non di telefonate,di consigli, ma di una compagnia? Vorrei mandarvi le e-mail che ricevo perché potessimo rendercene conto. I santi sono quelli che gridano, che vivono irrequieti, senza patria, mendicanti dell’Infinito.
Tornando a casa ho rivisto tutti i miei figli ed è stata una festa. Ma ho rivisto in particolare il piccolo Victor di un anno. Se non ve lo ricordate vi rimando la foto… però così come è ora.
Sono rimasto sconvolto appena l’ho visto. Gemeva, geme in continuazione…mmm, ah, ah, ah…e tende le braccia stringendo forte le manine a forma di pugno. La sua testa è enorme e come d’improvviso la parte inferiore si è sprofondata lasciando una piccola fossa, lì dove non ha il cranio. Cos’è successo? D’improvviso, attraverso l’apparato messogli dai medici, è uscita tutta l’acqua della testa, quell’acqua che avvolgeva il suo piccolissimo cervello. Una immagine impressionante, dolorosissima. E’ come guardare un pallone da calcio bucato. Non bastasse questo, l’altro giorno gli è scappato l’occhio sinistro, rimanendo una cavità vuota che spurga di tutto. Abbiamo dovuto mettergli una garza. Lo guardo e non posso non andare con la mente al testo di Isaia, lì dove il profeta parla del servo sofferente, di Gesù, senza apparenza senza nessuna bellezza, distrutto fisicamente, gemente per l’atrocità del dolore. Victor il mio bambino non solo è un piccolo cadaverino che vive, ma è tutto deformato, lacerato, pieno di cannucce che entrano ed escono dal corpo. Il mondo ha paura di lui, sente ribrezzo, non sopporta vedere questo piccolo ridotto ad un mostro. Il mondo dice: perché non lo lasciate morire? Ma voi siete inumani, non è giusto, etc…Io lo guardo, piango, soffro perché Victor è Gesù, il mio piccolo Gesù che agonizza, che soffre, che geme, che chiede un po’ di amore. Lo bacio, lo bacio sempre…i gemiti si calmano. Gli accarezzo la fronte…non più testa ormai sgonfiata con la pelle infossata, come un laghetto di montagna…e sento che accarezzo Gesù. Le domande mie sono tante e tutte rivolte a Gesù e così pure le domande di chi ha il cuore di Cristo per vederlo, perché senza questo cuore posseduto da Cristo uno non ce la fa. Chiedo a Gesù di aiutarmi perché questa piccola ostia bianca, ridotta ad un “mostro”, così lo definirebbero quanti in Italia vogliono che Eluana muoia, cambi il cuore, lasciando a Gesù di possederlo, tenga desto in me quella drammaticità toccata con mano in Rimini. Mentre scrivo sento i suoi gemiti continui, come un sibilo che ti rompe il cuore…e non mi resta che inginocchiarmi davanti a Lui, Gesù che sta morendo sulla croce. Però Gesù aveva il Padre, la mamma ai suoi piedi, questo Gesù ha solo me, noi poveri uomini e per di più non ha mai conosciuto il sorriso, né il pianto…ma solo un gemito che dura dalla nascita fino ad ora. Il suo corpicino deformate non ha più niente di sano, gli manca solo che si spappoli l’occhio sinistro poi tutto è consumato. Amici, quanto dolore nel mondo e noi? Noi siamo grati a Gesù per quanto ci dà? Per me Rimini ha voluto dire la percezione che Gesù da quel momento in avanti mi avrebbe chiesto ancor di più sia come capacità di soffrire, sia come capacità di fare compagnia. E ne ho avuto subito l’esperienza appena tornato in cui da subito, lontano da quel frastuono umano, mi sono trovato alle prese con la vita quotidiana.
Aiutatemi con la vostra preghiera perché a chi molto è stato dato, molto gli è chiesto. Sono grato a Gesù perché non mi lascia tranquillo un secondo e così la vita diventa supplica.
Con affetto , P. Aldo Trento
Nota Bene: Come vorrei che questo scritto con la foto arrivasse a coloro che hanno deciso che Elvana “deve” morire. No, non può morire se Dio non ha ancora deciso. La vita è sua, di Dio... se la uccidiamo saremmo tutti più poveri e disgraziati.


I SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY n° 13 - luglio 2008
Il santo di luglio
"Contemplate ogni giorno il volto dei santi per incontrare riposo nei loro discorsi".
Personalmente direi nel loro modo di affrontare la morte, come il momento bello di incontrare il volto di Gesü, ogni giorno esperimento il riposo. Quel riposo che nasce dalla drammaticità della vita di cui il contatto quotidiano con i moribondi è la grazia piu grande che tengo.
In questi ultimi giorni ho avuto una grazia meravigliosa: la celebrazione nella clinica di tutti i sacramenti!
La clinica, un ospedale o è un luogo sacramentale o è una cella mortuaria, ed è un ospedale quando l'Eucarestia è il cuore di tutto. La clinica come luogo sacramentale contiene ed esprime Cristo presente nell'Eucarestia e nel malato. Che bello iniziare il giorno con la processione Eucaristica, dando ad ognuno la comunione e inginocchiandomi davanti ad ogni ammalato e dandogli un bacio senza la preoccupazione se è un tubercolotico, un piagato per l'AIDS etc.
E' Gesù, capite è Gesù e Gesù è per me tutto. E' il mio cuore, è il mio respiro. Con quanta commozione ho baciato questa mattina la faccia fredda della bella Schirley la mamma di tre bambini, morta a trentadue anni. La guardavo morta e già viva, viva con il mio Gesu. Domenica 29 di giugno ho celebrato il battesimo di Nicolas, quel malato di cui avete già visto le foto con il corpo mangiato dai vermi. Non solo il battesimo, ma anche gli altri sacramenti. I vermi spariti e lui felice come la primavera. Guardate adesso la sua foto e confrontatela con la precedenti.
L'altro miracolo è il matrimonio della bella e giovane madre di 6 figli, Marina, ammalata terminale di cancro. Guardatela nella foto! E' proprio bella. Ho celebrato il suo matrimonio domenica 29 giugno. Quando l'ho vista arrivare dal letto al salone non l'ho neanche riconosciuta tanto era bella. La pensavo nel suo letto, distrutta dal dolore e come d'improvviso la vedo rifiorire. " Dio è carita'": questa consapevolezza che si esprime nel sacramento ridà vita al corpo distrutto dal male. Era commossa. Ho voluto consacrare una relazione con una norma che da sempre l'ha teneramente ornata e che, però, come mi dicevano, sentivano che mancava qualcosa fra loro nonostante i molti figli. Il giorno del matrimonio mi dissero: "Era Gesu che ci mancava..... che grazie al dolore abbiamo incontrato". Terminata la Messa mi dicono: "Padre il corpo si consumerà, ma il nostro amore è eterno". La festa che è seguita è stata un anticipo del padre. Marina è riuscita, per la gioia del sacramento, anche a ballare. Marina..........con ometostosi....è riuscita a ballare. La guardavo e mi veniva da piangere.
Ecco quel bambino che già conoscete e che per il mondo sarebbe un piccolo mostricciattolo. Che bestemmia! E' Gesù nel giorno del suo battesimo .E' figlio di Dio. Capite cosa significa? Mentre voi, giustamente, andate in ferie Victor di Gesù, gemendo notte e giorno si sta immolando come Gesù sulla croce. Senza la sua Presenza nè io nè voi avremmo la grazia di gustare la vita e per voi anche le ferie. Guardatelo e siate uomini cioè un " io" che vive drammaticamente ogni istante. Le vacanze si godono veramente solo in questa prospettiva.
Ed infine Rosetta, 6 mesi, la mia bambina datami da una giovane " madre" disperata. Anche lei, battezzata, figlia di Dio e figlia mia, dopo un lungo ricovero nella nostra clinica adesso è nella casetta di Betlemme in compagnia di altri sedici bambini, i miei bambini che mi ricordano "Marcellino, pane e vino". Come dire, uno sguardo grande sulla realtà e la totale fiducia nella divina Provvidenza.
Buone vacanze , P. Aldo Trento

LA STELLA DELLA SOLIDARIETÀ A PADRE ALDO TRENTO QUATTORDICI VOLTE “PAPÀ”
E’ stata consegnata l’onorificenza di Cavaliere della Stella della Solidarietà Italiana da parte dell'Ambasciatore italiano in Paraguay, a nome del Presidente Giorgio Napoletano, a padre Aldo Trento (vedi servizi su Famiglia Cristiana n. 19 e 20 del 2006) che da vent’anni è in missione ad Asunciòn, capitale del Paraguay, dove ha costruito un asilo, una scuola, un poliambulatorio, un ospedale per malati terminali (con un reparto speciale per i più piccoli ammalati di Aids). Padre Aldo ha inoltre adottato di persona 14 neonati che ha trovato abbandonati alle porte della parrocchia-missione di san Rafael a lui affidata. Questo prete eccezionale affronta casi impossibili con la tranquillità che nasce dalla fede: “il vero parroco di san Rafael è Cristo” ama ripetere nelle quotidiane difficoltà che incontra; per questo passa lunghe ore notturne in preghiera, inginocchiato davanti all’Eucarestia. Chi volesse aiutare padre Aldo può farlo attraverso www.avsi.org specificando che desidera sostenere un bambino nel seguente progetto: Paraguay, Fundaciòn san Rafael – Collegio Paì Alberto.

I SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY n° 12 - giugno 2008
Una medaglia per padre Aldo
Mi commuove, conoscendolo, vedere padre Aldo Trento insignito della stella della solidarietà da parte dell'ambasciatore italiano del Paraguay a nome del presidente Giorgio Napolitano. Mi commuove perché la sua faccia - l'icona di padre Aldo - fa a pugni con quel luccichio... Eppure ci sta, ci sta tutta anche quella medaglia piovuta in Paraguay come la pioggia, imprevedibile e violenta a lucidare, a dare lustro alle cose... alle foglie di tutti i giorni; imprevedibile perché esprime come il percorso umano di quest'uomo incredibile su cui don Giussani ha scommesso tutto - e nelle più difficili circostanze (un trentino nell'irrespirabile afa tropicale) - abbia fatto fiorire intorno a lui l'umano in modo così eclatante ed evidente che... ci è scappata pure l'onorificenza, il riconoscimento formale di Qualcosa che padre Aldo custodisce nel petto e che formale non è: un cuore invisibile, una medaglia più grande e ardente, il cuore stesso del Dio fatto uomo. Così quel luccichio sul golf da prete di padre Aldo mi commuove. Piango un pianto asciutto che grida l'incolmabile distanza tra quello che il mondo vede e il Volto che Aldo porta dentro. E l'umiltà con cui accetta tutto, proprio tutto; anche quella medaglia dalle mani dell'ambasciatore italiano in Paraguay.
Alfredo Tràdigo




I SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY n° 11 - giugno 2008
Il santo di giugno
Il santo bambino
Padre Aldo ha trovato questo piccolo abbandonato di due mesi, ammalato di Aids, e lo ha subito adottato dandogli il nome "Gesù" e diventando padre per la tredicesima volta... grazie al suo voto di Verginità. Perché la Verginità è feconda, dono di un Dio che è Padre!
Cari amici,
questa mattina il Signore mi ha fatto una sorpresa. Mi alzo e trovo questo bambino nella casetta di Betlemme, abbandonato dalla giovane madre ammalata di AIDS. Lo chiamo Gesù e scopriamo che ha l’AIDS anche lui. Me lo prendo in braccio, lo guardo e sento un dolore immenso mescolato ad una grande tenerezza. Ringrazio Dio di avermi chiamato alla Verginità che sempre più vivo come l'unica pienezza di fraternità, perché è sinonimo di pura gratuità.
Quando a mezzogiorno tornano da scuola gli altri dieci figli dico loro: “ E' arrivato un nuovo fratellino, questa sera per festeggiarlo andremo tutti alla pizzeria com mamma Cristina”. L’allegria è tanta, solamente i tre più piccolini, per gelosia fanno il musetto. Però quando alle 19.30 siamo tutti attorno alla tavola della Pizzeria “O sole mio”, con mamma Cristina alla testa, è una grande festa. Gesù ha due mesi ed è bello come il sole. Adesso la casetta è piena: sono 13: da Gesù che ha due mesi, Abigail 7 mesi, Giorgetto, anche lui con AIDS di 1 anno, attualmente ricoverato nella nostra clinica, Carlito 1 anno e su su fino a Natalia 11 anni. Sono tutti miei figli. Alla mattina alle 7 vado a prenderli per portarli a scuola. Mi aspettano già in fila, un bacio ed una benedizione ad ognuno, attraversiamo la strada, ci fermiamo davanti alla grotta della Madonna e subito raggiungiamo il cortile della scuola. L’ultimo abbraccio è poi... prima di dormire alle 20.30 con il bacino della buona notte, le preghiere, il pigiama, la benedizione e ... hasta mañana. Lascio i miei piccoli e passo alla clinica per salutare i miei figli terminali.
L’ultimo saluto forte è per Eucarestia.... e finalmente vado a riposare.
Davvero sono commosso per il dono della vocazione alla Verginità perché questi bambini non gusterebbero tanto amore se Gesù non mi avesse fatto questo dono.
Con affetto, P. Aldo Trento


I SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY n° 10 - maggio 2008
Il santo di maggio
Cari amici,
il 1° maggio, festa di S. Riccardo Pampuri abbiamo festeggiato il 4º Anniversario della Clinica, con la S. Messa alla quale hanno assistito ammalati, moribondi e la cosa più commovente i bambini della Casetta di Belemme (vedi foto), orfani dei genitori morti nella clinica e affidati a me. Mi chiamano "papà"! Guardateli, che belli. La mamma adottiva è Cristina, quella sulla destra. Quanto è bella la paternità che non è frutto della carne nè del sangue, ma dono puro di Dio.
Vi mando anche il Santo del mese. La testiminianza è di Crispino, un musulmano ateo che grazie al cancro ha chiesto il Battesimo e tutti i sacramenti. L'altro giorno ha compiuto 48 anni e ha voluto festeggiare con tutti il suo ultimo compleanno in questa terra. Ha pagato tutto: le pizze e le bevande.
Con affetto, P. Aldo Trento
Testimonianza di Crispin Morinigo
Asunciòn 23/04/08
Una coppia giunse in Brasile dalla Palestina e dal Libano per iniziare una nuova vita, con molti sforzi realizzarono i loro sogni e uno dei loro figli è mio padre, che ha avuto 54 figli.
Io sono nato nel 1960 da una relazione casuale tra mio padre e una paraguagia, allora adolescente, che al principio mi rifiutò e mi lasciò con mio padre con il quale ho passato una buona infanzia con molto affetto e molte attenzioni.
Quando ho compii i 14 anni volli conoscere mia mamma, allora andai in Paraguay, dove sono nato, e incontrai mia madre che al inizio mi rifiutò dicendomi che non aveva nessun figlio però con il passare del tempo si convinse che anch’io ero suo figlio e mi trattò con amore e affetto insieme agli fratelli miei.
Ho studiato nel CNC (Collegio Nazionale della Capitale) e più tardi lasciai gli studi per andare a lavorare per mantenermi. Ho sempre lavorato come venditore di confezioni e grazie a questo ho sempre mantenuto una buona posizione economica e tornai in Brasile e lavorai con imprese Brasiliane e girai tutta l’America, raggiunsi degli esiti, cose materiali e tutto quello che offriva il mondo sempre cercando qualcosa senza sapere mai cos’era, perché niente mi completava, niente mi riempiva, sentivo un vuoto terribile senza sapere perché.
Conobbi varie donne dalle quali ho avuto 35 figli in tutto ma la vita, per me, non era mai completa, addirittura mi innamorai di mia cugina con la quale ho convissuto 3 anni. Lei è stata il mio grande amore fino a quando, nel 1996, vivendo con me si sposa con un americano e va a vivere negli USA. Persi totalmente il senso della vita, pensavo solamente alla vendetta per il suo tradimento perfino sua madre mi accusava che per colpa mia aveva perso una figlia.
Poco dopo iniziai a infermarmi, sentivo dolori allo stomaco, andai dal medico che mi diagnosticò gastrite acuta. Seguì un trattamento però il dolore non mi passava. Segui in questo modo fino al 2005 quando gia non sopportavo più il dolore e andai all’ospedale di Clinica e mi dissero che avevo il cancro. Mi operarono il 22/10/07 però appena aprirono tornarono a chiudere senza togliere niente perché era avanzato gia troppo e non c’era più niente da fare.
Li conobbi al Dr. Mazzotti, un buon medico e una buona persona che mi parlò di un luogo dove potevo stare meglio. E compì la sua parola, grazie a lui sono qui da febbraio del 2008.
La mia prima impressione al entrare qui fu meravigliosa, sentì che c’era qualcosa di più grande, conobbi al Padre Aldo che rispettò il mio ateismo, senza smettere di accompagnarmi.
Col passare del tempo qualcosa mi attraeva, chiamava la mia attenzione, la forma che mi trattavano il personale della clinica, lo sguardo differente che avevano, l’amore con il quale mi trattavano, l’ambiente che si sente e non potei più sopportare finché un giorno mi inginocchiai davanti al Santissimo e piansi come un bambino che si aveva comportato male con la mamma e chiesi perdono a Dio per tutti i miei peccati e in quel preciso momento il mio cuore s’inondò di pace e serenità e dissi il Signore sta con me e non sarò mai più solo.
Raccontai la mia esperienza al Padre Aldo e mi disse che il miracolo erra avvenuto e mi chiese se volevo ricevere il battesimo e gli dissi di si e tutto fu allegria e gioia.
Finalmente il vagabondo incontrò la sua casa che tanto aveva cercato senza sapere qual era. Da poco ho festeggiato il mio quarantottesimo compleanno ed è stato il migliore che ho avuto nella mia vita con Dio nel mio cuore e circondato da persone che mi vogliono bene.
Ho venduto tutto quello che avevo e resterò qui nella mia casa fino a quando Dio mi chiamerà per stare con Lui nel Paradiso.
Per me morire è bello, perchè finalmente vedrò il volto di Gesù che da un mese, solamente, ho potuto intravedere.
Crispin Morinigo

I SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY n° 09 - aprile 2008
Il santo di aprile
Cari amici, sentite cosa mi scrive un paziente terminale di cancro, già verso la fine.
Ogni giorno mi abbraccia come un figlio. La sua FEDE rispetto alla mia è come l’Everest rispetto ad una collina. Che cos’è la morte? E’ come la cima del “Civetta” che mi permette di entrare nel bellissimo orizzonte delle mie dolomiti. Per usare un esempio a me tanto caro e ormai lontano. Il titolo della lettera è:
Dall'inferno al Paradiso
Caro P. Aldo,
Ti voglio raccontare la mia vita di ammalato terminale di cancro. Quando giá la mia situazione era insostenibile ricorsi a un Centro Medico, dove mi ricevettero. Peró mai avrei potuto immaginare che in quel luogo che è anche l´ospedale universitario di Asunción, avrei dovuto passare la più triste e dolorosa esperienza della mia vita.
Tre lunghi mesi mi portavano alla disperazione fino al punto di pensare che fosse un castigo di Dio a motivo dei miei peccati. Non faccio nomi, anche perché in quel inferno avevo incontrato alcune persone buone, che però sempre furono ostacolate per l´istituzione nel blindarmi l’aiuto necessario. Tre mesi in quell’ospedale sono stati per me l´antisala dell’inferno. Ma la fede non conobbe oscillazioni perché ero certo che il Dio fatto uomo e morto per me non mi avrebbe abbandonato. Ero comunque convinto che la salute non l’avrei più recuperata. L’angelo che mai mancò di assistermi è stato mia figlia, sposata e madre di tre bambini, perché mia moglie morì 14 anni fa. A questa figlia debbo tutto perché senza la sua presenza non so cosa sarebbe stato di me. E sarà lei a portarmi fuori da quell’inferno, dopo aver sentito parlare della “Casa Divina Provvidenza San Riccardo Pampuri”. Quando mi diede la notizia da subito ho immaginato il paradiso, anche se non conoscevo l´ospedale. Al momento di lasciare l’inferno dell’ospedale Universitario la figlia mi disse: “Papà ti porto nella casa Divina Provvidenza. Ed io le risposi: “Dio e la Vergine Santissima ci portano nel paradiso di Padre Aldo”. Arrivato in questo luogo ho visto la faccia di Padre Aldo che subito mi disse: “sono qui con te”. In quel momento compresi che realmente Dio mi aveva tolto dall’inferno e portato in Paradiso. I tre mesi di sofferenza non nell’anima, ma nel corpo incominciarono ad essere come un ricordo lontano in modo particolare quando mi facevo il bagno, mi posero il pigiama ben pulito e mi diedero un letto tutto bianco con le lenzuola belle bianche. Mi sono sentito un angelo avvolto nella purezza.
Grazie Padre Aldo per ricevermi nel tuo paradiso. I tuoi angeli sono i tuoi ammalati ai quali con il tuo affetto li trasmetti pace, tranquillità e rassegnazione.
Paziente Roque Alcaraz
“Non nobis Domine sed tuo nomini tuo da gloriam”
Io sono un niente che ha avuto la grazia di incontrare Giussani che non mi ha dato consigli o guardato l´orologio per darmi del tempo e molto meno l´agenda o la segretaria. Al contrario mi ha preso per mano e fino alla morte mi ha fatto compagnia. Se l’ospedale è un susseguirsi di miracoli (500 sono i pazienti como Roque che sono morti) è solo perché quest’uomo mi ha rivelato concretamente cosa vuol dire che Cristo è la COMPAGNIA di Dio all’uomo. Lui mi ha preso in consegna, lui mi ha mandato in Paraguay quando mio fratello voleva ricoverarmi al reparto “esaurimenti” di Feltre, lui mi ha accompagnato a Linate e caricato sull’aereo, lui mi chiamava al telefono, lui mi diceva “chiamami quando vuoi, lui mi ha portato un mese a Corvara nel 1989 e mi ha pagato l’albergo, lui ha chiesto e voluto che Don Massimo mi ricevesse nella San Carlo e vedesse tutte le questioni giuridiche con la mia congregazione di appartenenza, lui ogni volta che veniva a Rio de Janeiro per l’incontro responsabili mi voleva vedere e sentire come stavo. Potrei continuare all’infinito raccontando dettagli e dettagli di come quest’uomo mi ha voluto bene, dandomi fiducia che anche oggi credo che difficilmente, conoscendo quanto mi è accaduto, un altro mi darebbe. Allora capite, cari amici che io non posso non cercare di vivere così con tutti, in particolare con chi soffre nel corpo e in particolare nell’anima o nella mente.
Quell’uomo ha dato la vita per me, come per tutti. Per cui quanto accade qui è solo opera sua e non certamente mia che solo da tre anni riesco a vedere un po’ chiaro nella mia vita, cosa che mi permette di gridare a Gesù giorno e notte, consegnandomi totalmente al Suo disegno su di me. E vi garantisco che a 61 anni è davvero bello vivere, essere papà come mi chiamano i miei 11 bambini orfani dei genitori morti per AIDS e che tengo con me in una casetta vicina alla parrocchia e regalataci da un industriale, e che ogni mattina alle 7 vado a prenderli per portarli nella nostra scuola. “Ciao papà” mi dicono ogni volta che mi incontrano.
Domenica è venuto il Nunzio Apostolico del Papa a pranzo con noi, i bambini e le tre mamme che li custodiscono con tanto amore. Ad un certo punto il Nunzio Apostolico guardandomi mi disse: “Padre Aldo, solo la verginità compie queste miracoli, genera questa fecondità, permette una paternità impensabile all’uomo. La verginità è la forma suprema della paternità e per questo da subito ti hanno riconosciuto come papà”.
Una gioia indescrivibile che mi spinge non solo a stare più ore al giorno davanti al Santissimo Sacramento, ma passare ogni momento libero a giocare, fare loro compagnia. Quella compagnia che Giussani ed P. Alberto hanno fatto a me giorno per giorno. Mi piace immaginare Giussani lassù in cielo che sorride e mi dice: “vedi P. Aldo che avevo ragione quella volta che ti dissi e te non ci credevi che quanto ti era accaduto sarebbe stato una grazia per te, per la chiesa e per il movimento”.
P.S: il parroco della parrocchia è il Santissimo Sacramento, il primario o direttore sanitario della clinica è il Santissimo Sacramento. Funziona a meraviglia. Anzi credo fermamente che un ospedale senza il Santissimo serve ben poco. In questi giorni abbiamo ricoverato un poveraccio, ateo fino al midollo, con cancro terminale. Dopo un dialogo pieno di affetto mi sono reso conto che parlargli di Dio era disgustarlo. Per cui, ho lasciato perdere. Però, siccome ogni giorno, tre volte al giorno faccio la processione con il Santissimo Sacramento quando arrivo davanti a lui e gli do un bacio chiedendogli come a tutti, come stai. E lui: padre molto meglio. Un giorno lo vedo partecipare alla processione, con il Rosario al collo e inginocchiarsi. Tutti siamo rimasti colpiti e commossi. Conclusione: quello che le mie parole non riescono a fare se non confusione, lo ottiene l’Eucarestia. E’ un miracolo del Santissimo Sacramento.
Dice il Papa: “non si cura nessun ammalato se il medico non lo aiuta a incontrare l´amore di Dio”. Ecco il problema degli ospedali: al posto dell’Eucarestia si è messo sul piedistallo l’orgoglio professionale dei medici e del personale.
Amici: provare per credere. Qui tutto cammina, come in parrocchia perché l´Eucarestia è il cuore, l´anima della clinica ed è un spettacolo. Vedere anche di notte gli ammalati trascinarsi davanti al Santissimo Sacramento esposto e mettersi in ginocchio davanti a Lui che è il massimo e l’unico vero medico li cura tutti, é commovente.
E’ per ricordarci il valore delle 40 ore della settimana santa, davanti al Santissimo Sacramento.
Approfittiamone. Buona Pasqua.
Con affetto, P. Aldo Trento


I SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY n° 08 - marzo 2008
Il santo di marzo
Cari amici, solo con chi ti è vero amico, puoi condividere le grandi gioie e i grandi dolori.
Per questo mi permetto mandarvi le foto delle mia ultima bambina ammalata di un orribile cancro.
E' qui con me da un mese questa bellissima ostia bianca. Ha 18 mesi, viene dalla miseria piú terribile. La giovane mamma da un anno vive stesa al suo fianco, muovendosi solo per le necessità basiche, perché solo il calore del suo corpo ottiene quelle che ormai la morfina non ottiene piú. La sua faccia è stata sostituita dal cancro che le ha mangiato tutto, perde pus, sangue e la mamma la bacia con tenerezza, la bacia su quello che era prima la bocca, gli occhi, il naso, che ormai il cancro ha distrutto. La guarda e vede Gesú.
Aggiungo il commento di una suora che ci aiuta a non aver paura nel guardare le foto.
Sono drammaticamente belle, come quelli di Gesú nel film di Mel Gibson. Non avere paura: è la realtá e questa bambina è il mio tesoro. Non posso vivere con gioia ogni istante se non fosse qui con me.
Anche e sopratutto per lei vale “anche i capelli che lei non ha piú, sono contento per il Padre Celeste”
Che bello, che grazia, che dono.
La nuova martire di Quaresima: Fatima un volto trasfigurato
Fatima è una piccola bambina di 18 mesi che è giunta nella nostra clinica con il volto totalmente “mangiato” da un cancro. Questa terribile malattia che le ha distrutto il volto ha reso Fatima un Cristo morente nella croce. Lei possiede un anima piú forte di tutti noi cristiani; per questo motivo Dio l´ha scelta per condividire la passione del suo figlio. Quando l´ho conosciuta non potevo comprendere come quel piccolo corpo potesse sopportare tanta sofferenza; ma prima dei vesperi del mercoledì delle ceneri, mentre con Padre Aldo facevamo la processione con il Santissimo mi sono inginocchiata con lui davanti a quel corpicino. La sensazione che mi prese fu quella di essere in adorazione davanti a Gesú in spirito e verità. Non saprei dire dove lo vedevo piú presente, se nella Eucarestia o in quel piccolo corpo sotto una apparenza misteriosa ma non meno reale.
Guardandola risuonavano nel mio cuore le parole che il profeta Isaia riferite al Servo sofferente:
“Chi avrebbe creduto alla nostra rivelazione?
A chi sarebbe stato manifestado il braccio del Signore?
É cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza nè bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui dilecto.
Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenza, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, precoso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbatuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti”
Fatima come Gesú porta la nostra croce. Lei, così piccola “completa nella sua carne ciò che manca alle sofferenze di Cristo” come ci ricorda San Paolo. Essendo completamente innocente porta sopra di se tutto il peso dei nostri peccati, come Gesú, senza che per questo la sua anima rimanga minimamente macchiata. Al contrario, lei, così piccola e con pochi mesi di vita appare piena di grazia davanti agli occhi del Padre Eterno; adulta a causa delle sofferenze sopportate, bella e raggiante dopo di essere stata purificata come l'oro con il fuoco del dolore.
Alla mamma di Fatima guardo con ammirazione. Lei come la Vergine Maria è stata scelta da Dio per accompagnare la sua piccola figlia fino al calvario.
E lì, in piedi, guarda il corpo crocifisso del figlio senza comprendere misteriosi disegni di Dio.
Lì ai piedi come la Madonna, carica di amore consegna giorno e notte la sua vita per la piccola Fatima.
A Fatima la mia gratitudine e riconoscenza per la sua innocenza e grandezza davanti al dolore perché grazie alle sue ferite io sono stata sanata.
Non per casualitá, oh Signore, hai mandato questo angelo davanti ai miei occhi nei vesperi de mercoledi delle ceneri. Ora ti contemplo faccia a faccia.
Suor Carmen
Carissimi, la piccola Fatima di 18 mesi è morta. Il suo corpo martoriato e il suo volto completamente distrutto dal cancro, adesso finalmente è trasfigurato, come ci ricordava il vangelo di domenica. La mamma è distrutta, solo Gesú, che per la prima volta ha ricevuto domenica (vedi foto) la consola... e il mio povero amor di padre.
C'è un'ultima amarezza: Fatima è una delle tante vittime innocenti dei proprietari terrieri della soia che sistematicamente spargono potenti prodotti chimici come insetticidi, con l’aereo, sulle immense distese di soia. Le denunce non servono a nulla, nonostante la documentazione medica con la grande lista dei bambini nati malformati, o come le piccole Fatima con il volto distrutto dal cancro, dopo un anno di atroci deliri. L’uomo non conta piú niente, meno i bambini. Solo Gesù e chi è innamorato di Gesù può capire il nostro immenso dolore. Vi chiedo di pregare. Fatima vittima innocente perdonaci.
Con affetto, P. Aldo Trento



I SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY n° 07 - febbraio 2008
Il santo di febbraio
Bianca Neve e i sette...
Doni dello Spirito Santo. Qualcuno avrà pensato: adesso P. Aldo vuole raccontarci la storia di Bianca Neve e i sette nani, ma non é cosí, per questo insieme ai puntini, puntini, puntini, aggiungo: I sette doni dello Spirito Santo, perché solamente chi possiede questi doni può vivere come ha vissuto Bianca Neve”. La sua storia é l’evidenza del miracolo, di quello che puó fare la grazia Divina attraverso i sette doni dello Spirito Santo, che qui voglio ricordare per quelli che li hanno dimenticati o che non ne hanno mai sentito nemmeno parlare: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio.
Bianca Neve (che bel nome ... mi ricorda non solo una storia simpatica che quando ero piccolo mi raccontava mia madre, la notte, prima di andare a letto, ma alla neve bianca, molto bianca delle mie amate montagne!). Bianca Neve é stata un'umile donna, che la malattia obbligò su una sedia a rotelle per 13 lunghi anni, impossibilitata a muoversi. L´unica forma che le rimaneva per comunicare era la parola, lo sguardo pieno di affetto e le mani, che con il tempo rimasero "mute", cioè immobili. Ha vissuto in un quartiere marginale, in un'umile casa, circondata dai suoi familiari e da sua figlia di 13 anni. Da giovane, aveva conseguito il diploma in scienze umanistiche; la fede, anima e respiro dei poveri di spirito, ha mosso tutta la sua vita, ma è diventata l’unica ragione della sua esistenza, quando un giorno, è rimasta paralizzata, assolutamente incapace di qualsiasi movimento.
Ancora giovane, ciò che per molti sarebbe stato un motivo di disperazione é diventata una ragione per vivere una vita più intensa ed impegnata, dalla sedia a rotelle creò una scuola per i bambini poveri ed analfabeti del quartiere. Tutti i giorni, circondata dai bambini, gli insegnava il catechismo, le preghiere, il gusto per la vita, inoltre, li aiutava nei compiti di scuola con una pazienza infinita. La testimonianza che, quando l´uomo vive l’esistenza come coscienza di essere relazione con il Mistero, di essere stato creato dal Signore, tutto si trasfigura, perche l'io ritrova quella unità persa con il peccato originale. Un'unità che si dilata, vivendo una solidarietá con il cosmo ed in particolare con il re del cosmo che é l’uomo stesso. Bianca Neve ha vissuto questa unità nella sua persona, un'unità ogni giorno più evidente grazie alla sua vita di fede, e perciò, in modo commovente e instancabile, completamente al servizio dei suoi bambini.
Con il tempo le sue condizioni sono peggiorate e il cancro si è impadronito di lei, ed a questa terribile malattia ne seguirono altre. La situazione diventava grave ed i medici le diagnosticavano 6 mesi di vita. La grande povertà non le permetteva di entrare in nessun sanatorio, ma la Provvidenza, che ama i suoi figli preferiti, i più umili e bisognosi, l’ha portata alla nostra clinica, dove adesso si trova anche suo fratello Pietro. É arrivata sorridente, nonostante il suo corpo era completamente rovinato. Già dal primo giorno il suo sorriso ha trasformato la sua camera in un tempio. Con tutti dimostrava una gentilezza ed una gratitudine impressionante. Non c’é una persona che si sia avvicinata a lei senza sentirsi provocata a un cambiamento. Era lei la presenza dello Spirito Santo con i suoi sette doni: La pazienza, più grande che quella di Giacobbe, non le ha mai permesso di concedersi un piccolo lamento, neanche quando la morfina non riusciva più a calmare il suo dolore; la sapienza le permetteva di gustare qualsiasi dettaglio; il dono del consiglio la spingeva ad incoraggiare chi, famigliare o no, si avvicina al suo letto; il dono della pietà trasforma il suo letto in un altare; il dono del timore di Dio era la coscienza chiara e intensa della tenerezza divina che transformava il suo volto; il dono della fortezza le permetteva di affrontare tutto con sicurezza, nella certezza che tutto era grazia e che tutto era utile per testimoniare la gloria di Dio.
Prima di morire, dice a sua cognata: “non vedo l’ora che il Signore mi porti con sè, desidero che si compia la Sua volontà, desidero già essere con il mio Dio. Non si preoccupino per me, perché quando Dio dirà basta io sarò pronta per stare sempre con Lui”.
Pregava continuamente e, negli ultimi giorni, quando alternava momenti di lucidità ad altri di incoscienza, pregava, offriva. Personalmente sono stato testimone dell’ordine con il quale pregava l’“Ave Maria” e le preghiere che fin da piccola aveva imparato da sua madre. Quando passavo davanti al suo letto con il Santissimo Sacramento, tre volte al giorno, lei mi aspettava con le mani giunte, in posizione di supplica, di ringraziamento al Signore per il dono della vita e della malattia. Quando riceveva l’Eucarestia il suo volto si trasfigurava: era l’evidenza che lei e Cristo erano una sola cosa.
I famigliari, conscienti del dono della sua persona, non l’hanno lasciata sola un istante. I suoi bambini, quelli del quartiere povero nel quale aveva vissuto la sua vita di madre e maestra, ogni giorno, volevano parlare con lei, purtroppo, la sua grave malattia non l’ha reso possibile. Ma questa intensitá di relazioni era l’evidenza che Bianca Neve era per loro la grande mamma e la buona maestra.
Quando è morta, dopo averla vegliata nella nostra clinica, é stata portata al suo quartiere perché i bambini, i bambini del quartiere volevano vederla, baciarla, salutarla, ringraziarla prima di lasciarla nella speranza della risurrezione. Bianca Neve, una grande persona sconosciuta al grande pubblico, appartiene a quella classe di persone nelle quali la santitá é vissuta come conscienza che qualsiasi cosa, qualsiasi istante é relazione con l’infinito, e perciò, segno in questa terra della bellezza e della misericordia divina.
Una goccia nell´oceano, direbbe qualcuno ... ma senza questa goccia l’oceano della vita sarebbe stato terribilmente più povero.
Grazie, Bianca Neve, eroina del istante, testimone di quello che puó la fede e la sofferenza vissuta come il sacrificio di Gesù nell’altare della croce.
Con affetto, P. Aldo Trento


I SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY n° 06 - gennaio 2008
Il santo di gennaio
“Contemplate il volto dei santi per incontrare il riposo in quello che ci dicono”. Credo che all´inizio di quest´anno sia essenziale ricordarci queste parole che da sempre accompagnano le mie giornate e non solo mi impediscono il borghesismo di chi sa già tutto o dà tutto per scontato (è il peccato più grave che possiamo vivere) ma come un pugno nello stomaco mi “obbligano” a vivere in ginocchio gridando: “Vieni Signore Gesù”.
Quanto scrivo ogni mese non ha niente di mio, neanche una virgola, ma è tutto opera della grazia che opera i miracoli che cerco di raccontarvi e la mia mano, tremolante per la commozione, cerca di mettere sulla carta come può. Come vorrei che ognuno leggendo queste testimonianze le potesse sentire con le proprie orecchie e vedere coi propri occhi!
A volte sembra “esagerato” quanto scrivo, eppure se c’è una esagerazione è per difetto, perché mai riuscirò a scrivere quanto in questo angolo di paradiso accadde ogni giorno. Desidero una sola cosa all'inizio di quest'anno: non perdere mai, neanche per un istante, lo sguardo di Marcellino pane e vino (ricordate il film?), non dare mai per scontato niente e vivere con la semplicità di un bambino.
La tristezza più grande è lasciarsi, anche senza accorgersi, guidare dalla scontatezza, dalle nostre categorie mentali. Dio voglia che stiamo sempre svegli e curiosi di imparare, coscienti che è la Divina Provvidenza che muove tutto.
Morire con letizia
Già in altre occasioni ho offerto ai lettori la testimonianza di questa “Santa”, come, senza un minimo di dubbio, amo definirla. Se la Santità, come dice il Papa Benedetto XVI quando era ancora cardinale: “è quel peccatore che nella sua vita ha vissuto in modo eroico le virtù; è sempre lo stesso peccatore che ha permesso a Dio di realizzare il disegno previsto dalla Sua Divina Provvidenza nella esistenza di ognuno di noi”; certamente Helena é stata una Santa.
Già provata nella sua vita da tanti dolori (l´ultimo è stata la morte di suo marito, morto nella nostra clinica), in questo ultimo anno è stata toccata dal terribile cancro maligno alle mammelle che in poco tempo sono diventate metastasi diffuse in tutto il corpo. Lascio a voi immaginare il dolore, un tormento che nell´ultimo tempo sembrava impedirle perfino di respirare e neanche la morfina riusciva a calmare. Mesi in questa situazione, una prova che avrebbe distrutto per fino l'acciaio. Ma in lei non abbiamo visto, quanti la hanno assistita, una smorfia sulle sue labbra, neanche un lamento dalla sua bocca. Impressionava per la sua serenità che spesso si trasformava in felicità.
“Padre, sono felice”, mi ripeteva spesso. “Padre, sono cosciente di morire presto; ma lei sa cosa significa vedere faccia a faccia a Gesù? ”. “Padre non ho paura di morire, perché Gesù mi sta aspettando”. “Padre non ho dolori, sto troppo bene, mi sento amata, sento che Gesù è al mio fianco...che si faccia la sua volontà”. “I miei figli sono pronti, protetti, e questa era l'unica cosa che mi preoccupava”. “Padre, parlami di Gesù, regalami la sua benedizione, prega con me”. “Padre, a tutte le ore prego il rosario, a tutti chiedo di pregare il rosario con me, ma ho paura che si stanchino per la mia insistenza nel pregare e non mi vengano più a visitare”. “Io ho bisogno solamente di pregare, perché il rosario mi calma i dolori. Il rosario fa quello che la morfina non può. È la medicina più potente che esista, e come mi piacerebbe che tutti lo comprendessero”. “Padre, che si faccia la sua volontà, finché il Signore non dica basta, perché tutto quello che viene da Lui, che è misericordia, è una cosa buona”. “Padre, che bello è amare la mia Madonnina. Quando dopo un piccolo sogno mi sveglio, immediatamente prendo il rosario e chiedo, chiedo! Inoltre, tra un rosario e l'altro lavoro, ricamo e faccio braccialetti per il rosario”. “Padre, desidero che mi trovi degli occhiali per trovare consolazione nella Parola di Dio”. “Il regalo più bello che mi fa è quando celebra la Santa Messa nella mia stanza, quando mi visita e mi benedice con il Santissimo Sacramento, quando posso contemplare l’ Ostia consacrata”. “Padre, tutto è al suo posto nella mia casa e nella mia famiglia...non sono preoccupata, perché so che il Signore accompagnerà i miei tre figli”. “Grazie, padre, per aver dato un lavoro a mia figlia. Che Dio e la Madonna la benedicano”.
Tutto ciò sono alcune delle molte testimonianze che Helena mi ha regalato. Mi parlava continuamente di Dio e della sua offerta, finché un giorno non ho potuto non chiedere un registratore per immortalare tutte le parole che uscivano dalla sua bocca. Ricordo con quanto affetto e amore riceveva la comunione, mi aspettava nel suo letto con la mente immedesimata nel Signore, le mani unite esprimevano la grande statura religiosa della sua personalità. Era cosciente e la posizione supplicante delle sue mani testimoniavano il suo essere una mendicante dell'Eterno. Le braccia distese e le mani strette una nell'altra in forma di grido, come chi è cosciente che le manca tutto, si mette in ginocchio e con le mani supplicanti urla: “Vieni, mio Signore, mio Dio”. Distrutta dal dolore che per lei era allegria, notte e giorno mendicava l'Eterno, desiderava già essere nelle braccia dell'amato Gesù.
Negli ultimi giorni, già aveva speso tutte le energie, domandava ai suoi figli o ai parenti che la aiutassero a mantenere le mani alzate in forma di supplica quando arrivavo con il Santissimo Sacramento o per darle la Comunione o benedirla. Sembrava Mosè sul monte Sinai quando, mentre nella valle il popolo lottava, egli stava giorno e notte con le mani alzate e pregava perché Dio desse la vittoria al suo popolo. Ugualmente, Helena ha vissuto i suoi ultimi giorni aiutata in questa posizione dalle persone che la accompagnavano al destino finale, orami vicino. Mentre la morte giá stava bussando alla porta lei non guardava piú nessuno, non parlava piú. Ma, come per miracolo, quando ascoltava il canto “Alabado sea”, ed io entravo nella sua stanza, i suoi occhi si aprivano fissandoli nella Ostia bianca come un’ innamorata, e la sua bocca si apriva per unirsi al piccolo coro cantando “Alabado sea el Santísmo”. Era una sola cosa con l'Eucarestia. Non si accorgeva di chi era al suo fianco, ma in Cristo era come se tutto il cosmo fosse presente nella sua relazione ultima con il Mistero, nel sacramento dell'Eucarestia.
È morta dopo aver guardato intensamente il Santissimo Sacramento e averlo ricevuto fisicamente nel suo corpo. L'abbiamo vista andarsene in silenzio, senza nessun lamento. I suoi respiri si facevano ogni volta sempre piú distanziati l'uno dall'altro (era la sua ultima maniera di pregare), finché alle prime ore dell'alba della domenica 22 dicembre è andata all’incontro con Gesù.
Amici, ogni settimana i cari amici ammalati muoiono in questo modo.
Credo che se un ospedale non serve affinché accadano questi miracoli è meglio chiuderlo. Perché questi fatti accadano occorre che tutti, prete, medici, e personale, viviamo un’autentica e drammatica posizione religiosa, l’unica che ci permette di non essere mai tranquilli, ovvero borghesi o peggio ancora borghesi che osano definirsi cristiani.
Vi auguro, come diceva Giussani, che nel 2008 “non siate, e non sia” mai tranquilli.
Con affetto, P. Aldo Trento
a nome del direttore Sanitario
che è Gesù Cristo Eucarestia











I SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY n° 05 - Natale 2007

Il santo di Natale
Una carriola al posto della culla: è Natale
Carissimi amici,
queste settimane inizia la novena di Natale. Quest'anno il Papa ci ha davvero sorpresi con un regalo unico e bellissimo: “Spe salvi”. Nelle sue parole c’è tutta la clinica, il volto addolorato e sereno di ogni paziente, perché la speranza è un “già” evidentissimo nella Presenza Eucaristica. In questi giorni in cui sono stato in Italia il Direttore Sanitario, cioè Cristo stesso Eucarestia esposto 24 ore su 24 nel cuore della Clinica, e il Parroco, sempre Lui, ha portato avanti l'opera come nessuno potrebbe neppure immaginare. Il segno più evidente è l’atteggiamento del personale, pieno di responsabilità e l’allegria con cui i pazienti, quelli che hanno sopravvissuto, mi hanno ri-accolto. “Che bello che sia tornato... così a notte fonda vediamo ancora la tua sagoma aggirarsi nei corridoi per vedere chi dorme o chi sta male e non riesce a chiudere occhio neanche con dosi forti di morfina”. L´uomo ha solo bisogno di compagnia, dicevo ai medici e al personale. L'uomo non ha bisogno di consigli ma di qualcuno che lo prenda per la mano e l´accompagni davanti al Padre Eterno. E così il giorno dopo il mio ritorno, siamo andati in un luogo indescrivibile per la sporcizia e la violenza a prendere Giuseppe, di cui vedete la foto, l´uomo della “caretilla” si dice da questa parte. Ossia l´uomo che ha avuto come casa una cariola, che potete vedere nell’immagine. Giuseppe di giorno con la cariola andava a portare di qua e di là la merce per i padroni di turno e di notte ci dormiva. La carriola racchiude tutta la sua vita. Però da alcuni mesi era diventato il suo letto di agonia. Parcheggiata al solito posto, in uno sgabuzzino ricoperto di plastica, era diventato per lui l´unico luogo di accoglienza. Quando già non parlava più, disidratato, già in fin di vita, un vicino non vedendolo da tempo si è avvicinato a quell´immondezzaio e vedendo Giusseppe in quelle condizioni, aiutato dai vicini, l´ha portato in vari ospedali statali, dove è stato rifiutato. E così e stato riportato nella sua cariola, nell´attesa della morte. Ma Dio che non dimentica un istante i suoi figli bisognosi ha fatto il miracolo. Una donna avvisa l’amico di Giuseppe della nostra Clinica. La nostra assistente sociale - come una freccia con la punta piena della carità di Cristo - corre a vedere. Torna, e al Direttivo sanitario riunito pone all’attenzione di tutti i membri il problema, e ovviamente subito diamo l’ordine all’autista dell’ambulanza di andare a prenderlo. Le condizioni in cui lo troviamo sono indescrivibili, peggiori di quelle che la foto di qualche mese fa mostra. Arriva da noi e subito il personale, cosciente che è arrivato un nuovo Gesù Bambino sporco, con la barba incolta, avvolto in poveri cenci, lo puliscono e lo metteno in un letto bello, tutto bianco. Adesso sembra l’ostia, meglio è come l’ostia consacrata che domina la clinica. Non parla, non vede, solo qualche movimento... peró capisce il linguaggio dell’amore… ed è tutto. Anche per lui è iniziata la novena di Natale. Mi inginocchio davanti a questo Cristo crocifisso, lo bacio, lo adoro: è il mio nuovo Gesù.
Questa mattina gli ho dato gli oli santi, la benedizione Papale e l'ho consegnato nelle mani della Madonna. Sono contento perché davvero non potevo desiderare una cosa più grande e più bella per iniziare la novena di Natale. Un po' in anticipo... però che importa per chi ogni giorno è Natale. Lo vedo lì avvolto nelle lenzuola bianche e lo guardo, possibilmente e con la grazia di Dio, come la Madonna e Giuseppe guardavano quel bambino nelle grotta di Betlemme.
Pregate per me e per questi miei figli.


I SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY n° 04 - dicembre 2007
Il santo di dicembre
Santo del Mese: Julián
Carissimi amici,
“Ricordati che devi morire” (memento mori) “memorare novisima tua et in aeternum non pecabis” (ricordati che devi morire e non peccherai mai) ci insegnavano quando ancora il cuore dell´uomo non era offuscato per l´orgoglio di oggi e la chiesa ricordava incessantemente all´uomo la bellezza del suo destino. Novembre, per noi della clinica é un mese di festa per noi chiesa militante (medici, infermieri, personale, etc) chiamati a contemplare tutti i giorni la chiesa purgante (quanti muoiono ogni settimana) e la chiesa trionfante (i piú dei 350 che in tre anni abbiamo accompagnato in paradiso. L´ultimo é di ieri e si chiamava Julian, 43 anni, ammalato di AIDS, con sua moglie (diventata tale alcune settimana fa quando ho celebrato il loro matrimonio dopo anni di concubinato e anche il battesimo della piccolina Belen di 2 anni, loro figlia, siero positiva) é morto nelle prime ore del mattino. Corro al suo capezzale, é ancora lucidissimo ma giá la morte aspetta che io termini il bellissimo dialogo con lui per prenderselo. Riferisco il dialogo:
“Julian é arrivata l´ora”, “Si, padre, lo sento e non vedo l´ora che il Signore mi prenda”. “Julian desideri finalmente vedere Gesú e la Madonna?” “Si padre, tanto”. “Hai paura della morte?” “No padre, sono giá molto stanco di soffrire”. “Mi saluterai il mio Gesú e la mia cara Madonnina?”
“Si padre Aldo te li saluteró”. “Li dirai che mi perdonino se sono ancora cosí poco apassionato a loro...peró di a loro anche che li amo tanto e mi aiutino” “Si padre”. Bellissimo e commovente questo dialogo. Prima di lasciarlo, sapendo che giá la morte era dietro di me ed aveva fretta, gli dico: “Julian non preoccuparti per Graziella, tua moglie e i tuoi bambini. Tu dal cielo fai la tua parte ed io qui, finche avró fatto la mia”. Gli diedi un grande bacio, chiedendogli di fare lo stesso...e mi stampó sulla moscella destra un bacione. Chiamai le infermiere perché lo accompagnassero tenendogli le mani e lasciai alla morte fare il suo lavoro.
Alcuni minuti, e Julian era morto. Lo guardai, un sorriso di paradiso sulla bocca. Celebrai il funerali e gli diedi l´ultimo bacio, come faccio con ogni morto prima di sepellirlo.
Al ministro della sanitá che alcuni giorni fa é venuto a vedere il nostro ospedale ed era letteralmente comosso alle sue domande ho cosí risposto:
Ministro: Padre qual é il segreto della bellezza e del modo con cui gestite la clinica
P. Aldo: la presenza durante le 24 ore del giorno dell´unico direttore generale che é il Cristo Eucarestia, esposto nel centro della clinica.
Ministro: ho visto e letto la “carta magna” della clinica, e vorrei che me la spiegasse meglio.
P. Aldo: é molto semplice: l´ammalato é Cristo per cui tutto il personale deve stare davanti a Lui come davanti alla Eucarestia: in adorazione, anche fisicamente.
Ministro: come avvengono i turni di guardia?
P. Aldo: ogni turno cosegna le cartelle di ogni paziente davanti al Santissimo Sacramento, in ginocchio. Poi prima di andare nella infermeria oguno deve salutare i pazienti uno per uno.
Ministro: nella riunione “tecnica” che fate ogni giovedí come parlate di ogni ammalato?
P. Aldo: da due settimane partecipo anche io e mi sono reso conto che debbo aiutare medici e responsabili a guardare l´ammalato nella sua totalitá e non piú solamente dal punto di vista solo medico “tecnico”. Guardare e parlare di oguno come guarda e parla Gesú ad oguno di noi.
Ministro: mi hai detto che ogni giorno fai la processione Eucaristica nella clinica. Mi puoi spiegare meglio?
P. Aldo: Si, signor Ministro. Alla mattina con tutto il personale facciamo alcuni minuti di adorazione e poi parto la comunione agli ammalati cosciente di ció che ricevono. Dó la comunione, bacio ogni paziente e mi inginocchio davanti ad oguno di loro. Cosí rifaccio gli stessi gesti sia nella procesione di mezzogiorno che in quella della notte. Inginocchiarmi davanti ad oguno é riconoscere che L´Eucarestia che porto nelle mani in modo solenne vive nel Cristo che é ammalato. Per me é la stessa cosa. Non solo, ma con i bambini ammalati, li tocco e li faccio il segno di croce, perché loro innocenti sono una ostia bianca, sono Gesú bambino.
Ministro: ma perché prima di chiudere la bara dai ad oguno un bacio in fronte?
P. Aldo: perché é un figlio che saluto, certo di rincontrarlo in paradiso.
Ministro: ma alcuni sono in condizioni pietose, con membra putrefatte, pieni di vermi, etc. Come fai?
P. Aldo: O riconosci Cristo e allora anche i vermi non ti fanno problema.
E in questo gli infermieri sono un esempio commovente.
Ministro: Ho visto che avete una mendicante con il naso mangiato dal cancro. Una cosa terribile e da volta stomaco..
P. Aldo: La suora che l´attende si é messa a piangere come una bambina vedendo la sua sofferenza ed ogni giorno la pulisce, la cura e aspettiamo di operarla al piú presto. Ministro é Gesú, anche se puó fare ribrezzo.
Ministro: P. Aldo, qual´é il problema di una riforma sanitaria.
P. Aldo: E´il Papa a ripetercelo: “nessuno potra curare in modo adeguato un ammalato se non gli permette di incontrare l´amore di Dio”
Cari amici questo é il dialogo avvuto con il signor Ministro Oscar Martinez, presente il senatore Alejandro Velazquez che con un affetto particolare sta lottando perche nella finanziaria che si sta discutendo nel parlamento sia riconosciuta la clinica per ammalati terminali, come un´opera che lo stato deve aiutare, perché segua evidente, segno di cosa vuol dire ospedale, salute, dolore e anche la morte.
Sono sempre piú convinto che senza questa posizione gli ospedali non servono a niente e i medici sono peggio degli stregoni.
Vale quanto detto da Gesú: “é meglio entrare in paradiso con una gamba sola che andare all´inferno con tutte due”
Certamente senza la coscienza che il medico, le enfermiere, l´ospedale stesso esiste per vivere quanto affermiamo nel credo “propter nos homines y propter nostram salutem descendit de cielo” e tutto diventa disumano.
E non dimentichiamo l´articolo di fede piú bello del CREDO “credo la rissurrezione della carne, la vita eterna”.
L´ospedale é parte integrante del Credo e no un´appendice. Per questo ogni istante vissuto con i miei ammalati é il rinovarsi della fede, atraverso il martirio della caritá.
Con affetto, P. Aldo Trento




I SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY n° 03 - novembre 2007

Il santo di novembre
Il Papa nel suo bellissimo libro “Gesú di Nazareth” ha un bellíssimo e provocante paragrafo sulla medicina dove, afferma: “Chi vuole veramente guarire l´uomo, deve vederlo nella sua interezza e deve sapere che la sua definitiva guarigione puó essere solo l´amore di Dio”. Dire che mi sono comosso leggendo queste parole é poco sia perché ho visto e vedo nella mia persona questa veritá dopo anni e anni di depressione terribile che non auguro neanche a un cane e sia per quello che in ogni istante accadde nel mio ospedale.
La foto che vedete é una grande storia di miseria umana in tutti i sensi e di una innocenza che ha pagato e paga le conseguenze di questa miseria, soffrendo, offrendo, amando e sopratutto perdonando. Lui, ammalato grave di AIDS, contagia la innocente compagna (e nasce una bimba con i sintomi dell´AIDS) Il primo ad arrivare all´ospedale é lui, una vita di miseria, figli un pó di quá e un pó di la. E´un'uomo distrutto, ma gia il primo abbraccio, la prima tenerezza gli apre il cuore alla speranza. Passano i giorni il Santo Sacramento che tre volte al giorno lo visita, lo guarda, gli sorride (perché cosí é la Eucarestia nella mia vita e nella vita dei miei ammalati) piano, piano lo aiuta a guardare con gli stessi occhi la sua miseria e chiede di confessarsi.
Accadde il miracolo: l´AIDS diventa una grazia e l´inizio di un cammino di santitá. La compagna, anche lei grave, viene a visitarlo. Ha giá tre figli e solo la piú piccola appartiene ad entrambi. E´una giovane donna di 29 anni e lui ne ha quasi 50. Vive nella miseria con i suoi bimbi, adesso é completamente sola.
La vedo magrissima, pallida, sviene.
Capisco che ha bisogno di tutto ma soprattutto di amore. Cosí, assecondando il desiderio di venire ogni tanto a vedere il compagno che non solo ama e al quale ha anche perdonato di averla infettata, le garantisco i pochi soldi che le servono per la corriera. Cosí ogni settimana viene a visitare il compagno e a ritirare cibo per i suoi bambini.
Peró la sua situazione precipita e dobbiamo ricoverarla nella clinica. Anche per lei il S. Sacramento sará il cammino della salvezza. Una salvezza meravigliosa.
Un giorno mi dicono: “Padre, vogliamo che il nostro amore, prima di morire, si trasformi in sacramento”. Una breve preparazione, perché giá il dolore era e segue essendo la preparazione migliore…e arriva il giorno delle nozze. La clinica é in festa, gli ammalati di AIDS sono la corona attorno all´altare, i terminali di cancro i fiori dal loro letto di dolore. La liturgia é semplice peró quando arriva il momento in cui chiedo loro: “siete disposti ad amarvi nella salute (che non c´é piú per loro) e nella MALATTIA per tutto il tempo e per l´eternitá (amare significa dire all´altro: tu non morirai)”, a tutti venne un nodo della gola. I due si guardarono con tenerezza negli occhi e tanto il “peccatore” come la innocente si dissero “SI”.
Come vorrei, amici cari, che immaginaste quello che successe in quel momento nella clinica.
Un uomo che “distrugge” la vita di una donna innocente infettandola con l´AIDS e incontrando il S. Sacramento non solo vivono il perdono ma si sposano. Da quel giorno vivono con noi, lei con una compagna e lui con un compagno di stanza, ma la loro unitá é davvero l´esperienza di “una sola carne”. Alcuni giorni fa la bimbetta che vedete nella foto si ammala e dobbiamo ricoverarla. Finalmente assieme tutti e tre. Lei di due anni ora sta a letto con la mamma, ora con il papá.
Peró quando passo con il Santísimo, con i suoi occhi innocenti, lo guarda e sorride.
Ció che fa un ospédale, la antisala del paradiso é l´Eucarestia, il S. Sacramento esposto le 24 ore, parroco della parrocchia e ora anche direttore sanitario dell´ospedale.
Ultimamente muore gente ogni giorno e ogni giorno é una festa, perché non potete immaginare che significa per questi miei figli poter vedere faccia a faccia a Gesú, cosí come lo vedono e lo baciano tutti i giorni, peró non piú come in uno specchio ma cosí come é.
Questi tre santi, uno che ha ritrovato l´innocenza e gli altri due innocenti sono contenti perché convivono le 24 ore con Gesú Eucaristico.
Con affetto, P. Aldo Trento

Carissimi amici,

Questa volta vi mando la foto dei “santi” del mese di Ottobre, essendo questo mese dedicato dalla chiesa alla preghiera e all´aiuto ai missionari.
Che cosa significa essere missionari? Respondo con la mia esperienza. Io non sono stato mandato in missione per fare opere sociali, né per aiutare lo sviluppo socio-economico di questi popoli al limite della sopravivenza.

Quando mi hanno mandato ero un uomo psicologicamente distrutto e ne avevo abbastanza per riuscire con la grazia di Dio a mettere insieme me stesso, cosa che è durata 15 anni e che ancora oggi sto cercando di fare.
Sono qui solo per anunciare il grande e unico amore della mia vita: Gesù Cristo, perché io e la migliaia di persone incontrate hanno bisogno solo di questo.
Avevo perso il senso della vita e in missione l´ho ritrovato: la passione per la gloria umana di Cristo. Le persone che incontro mi domandano sempre e solo questo: “Padre perché soffro, padre ho cercato di togliermi la vita, padre perché il cancro, l´AIDS etc?”.
Guardo a Gesú e alla Madonna e li invito, assieme con me, a fissare lo sguardo su di loro, e da lì comincia la vita nuova. Nella foto che vi mando è racchiusa una storia di disperazione e santitá.
Questa foto é stata fatti ieri, domenica 30 settembre, quando ho celebrato il battesimo dei tre bambini di Alice e la cresima di Orlando.
Alice é una ragazza di 21 anni che mi é stata donata quasi un anno fa. Ricordo quella sera in cui è arrivata. Era accovaciata nel fondo di una macchina orribile, come un cagnolino: sporca, irriconoscibile, in fin di vita. L´AIDS la stava distruggendo. La presi fra le braccia, non pesava niente, solo un terribile odore. Sembrava moribonda. Alcuni giorni nella clinica e giá incominciava a rifiorire e quello che sembrava un essere umano irriconoscibile si è rivelata una bella ragazza.
Da un anno vive con me, l´AIDS é per il momento sotto controllo. Ha ritrovato il gusto della vita. Adesso vive in una piccola stanza di fronte a casa mia. Una santa vecchietta la cura, la aiuta. Lavora come aiuto nella farmacia della clinica, stira, lava la roba dei suoi amici di AIDS, riceve un piccolo stipendio. Cura con passsione la sua stanzetta.
La sua vita,me l´ha raccontato un pó alla volta, é stata un inferno. Abbandonata dai genitori, a 15 anni ha avuto la prima figlia da uno sconosciuto, quella piú grandicella nella foto. Poi, bisognosa di protezione e nella sua ingenuitá si é messa con un altro ragazzo, ammalato di AIDS, ma lei non ne sapeva niente e neppure sapeva cos´era l´AIDS, e ha avuto due bambini, Mattia e Jennifer, la piú piccola, nata con la stessa malattia della mamma e del papá. Il suo compagno era violento, la trattava come una bestia, oltre che averle distrutto la vita contagiandola. Lei, vittima e distrutta psicologicamente non era neppure capace di reagire, sopportava tutto.
Non aveva neanche 20 anni. Finalmente arriva alla Clinica della Divina Provvidenza, si sente amata, chiede il battesimo e la cresima. Mi sceglie come papá e da quel momento la sua vita va ritrovando ogni giorno di piú la bellezza della primavera. Apprende a curare il suo corpo, a farsi bella, a gustare la sua femminilitá. Insomma diventa una donna. Nel frattempo il suo compagno, cieco per l´AIDS, e gravemente ammalato viene ricoverato nella nostra clinica. Lei lo accoglie, gli sta vicina, gli perdona, cosciente che, come direbbe il “mondo”, lui le ha distrutto la giovinezza e la vita... ma la grazia di Dio é piú forte di qualsiasi odio e Alice la perdona e lo assiste fino alla morte.
E´molto aggressivo anche con me e solo Alice riesce a calmarlo. Muore dopo alcune settimane. Lei rimane con noi, adesso siamo noi la sua famiglia. Peró ha un cruccio: i suoi tre bimbi sono presi in custodia da diverse realtà e questo la fa soffrire molto. Riusciamo che almeno ogni fine settimana stiano con lei, nella speranza di trovarle una stanza in piú perché vivano assieme.
Stiamo lavorando in questa direzione. L´altro giorno mi chiama la psicologa, erano le 23, e mi dice preoccupata: “Alice non ha piú voglia di vivere”.
Corro da lei, la trovo nella sua stanza in un mare di lacrime. Mi siedo al suo fianco, le tengo la testa fra le mie braccia e mi racconta che sente terribilmente la assenza dei suoi bambini ed è preoccupata perché sta per arrivare il giorno del loro battesimo e non ha una “lira” per andare a prenderli e poi comprarli un vestitino.
“Alice, ma se io sono il tuo papá, perché non mi chiedi?” prendo i soldi, glieli do… torna a sorridere. Le do un bacino e dorme contenta. Cosí ieri 30 settembre alle 16, ho battezato i suoi, i miei gioielli.
E´stata una festa bellissima, come bellissima era Alice e i suoi tre bimbi. Gli ammalati di AIDS le facevano corona, erano felici come lei. Orlando, con l´AIDS, al suo fianco ha ricevutte la cresima.
Sergio, suo amico, di 19 anni, era in coma e morirá alle 5 di questa mattina lunedi. Figlio di un barbone e anche lui come suo padre, dopo due tentativi di suicidio nella clinica, sventati dall´amore, é morto come un santo. Domani lo porteró nel mio cimitero con i numerosi figli che mi sono morti fra le braccia in questi anni. E li aspetterá la Risurrezione.
Mentre Alice é contenta, é tornata a sorridere. A 24 anni ne ha tutto il diritto. Davvero in questa clinica il cui direttore Sanitario é l´Eucarestia, la vita non si spegne mai. Una lezione per me, ma anche per l´emisfero Nord che é spaventato dal dolore e dalla morte. Qui é un altro mondo, perché dove c´é l´Eucarestia la morte non esiste.
Mentre sto per terminare questa lettera mi avvisano che é morta una giovane mamma con due figli, Norma, di 34 anni, ammalata di AIDS, anche lei vittima del contagio del suo compagno giá morto. Era bella ed ora che l´ho vista nella cella mortuaria della clinica é ancora piú bella.
Sergio di 19 anni e lei di 34 anni, mi stano aspettando per la Messa: sono uno a fianco dell´altro. E poi domani li porteró nel cimitero dove riposano i moltissimi figli morti di AIDS e altre malattie in questi tre anni.
Sergio e Norma sono partiti sereni da questo mondo e mentre stavo con loro ormai giá freddi, sentivo una pace e gioia grande: sono in paradiso.
Che importa quello che é stata la loro vita, adesso contemplo la Bellezza di Dio.
Essere missionari è accompagnare l´uomo giá da ora a percepire questa bellezza, come i bambini della nostra scuola che vedono i morti passsare davanti ai loro occhi e segueno giocando, dopo aver recitato “L´eterno riposo”.
Questo è il cristianesimo: la vita eterna, già ora.

Un abbraccio
Padre Aldo Trento



I SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY n° 02 - ottobre 2007


Il santo di ottobre
“Quando avevo due anni, mia madre Malena, incontró un altro uomo che non mi voleva bene e pensó di vendermi a una signora, perché non voleva responsabilizarsi di me. La signora a cui fui consegnata disse a mia madre: “io la proteggeró e da oggi in avanti tu non avrai piú nessun diritto sulla bambina. Per me lei sará una figlia e mi chiamerá mamma”.
Avevo 11 anni e andava a scuola. Un giorno mia madre adottiva mi disse che mia madre biologica stava molto male. Ho preso la bici, erano le 12 del giorno e faceva un calore infernale, tanto che per il cammino svenni e perdevo sangue del naso. La cosa curiosa fu quando arrivata nelle copanna dove viveva mia madre, e mi resi conto che stava molto bene, tanto che stava prendendo il mate (una bevenda tipica da queste parti) con il suo amante.
Stanca del lungo viaggio mi sdraiai su un povero lettuccio. Mentre io cercavo di riposare, mia madre biologica mi lasció sola con il suo concubino che cercó di violentarmi: mi aveva venduto a quell´uomo per 5000 guarani (1 dollaro).
Quando compí 12 anni mi accadde un altro episodio che mi fece molto male. Mia madre, gelosissima del suo concubino e totalmente disinteressata di me e per di piú gelosa nei miei confronti volle vendicarsi del suo concubino. Come?
Approfittó del fatto che il suo concubino era andato a comprarsi una bottiglia di Rum per tentare di uccidere la mia sorellastra, nata dalla loro relazione, che aveva appena 6 mesi.
Io, come di costume, andavo sempre a vedere questa sorellina e quel giorno la incontrai che stava convulsionando, perdendo saliva dalla bocca. La presi in braccio e a piedi per km corsi a cercare aiuto e la Provvidenza salvó la mia sorellina. Cosa era suceso? Mia “madre” aveva piazzato vicino al giaciglio della sorellina un braciere con carbone acceso e aveva chiuso la porta e la finestra. Il fumo del carbone stava per soffocare mia sorella.
Passarono gli anni e anch´io mi son messa con un uomo del quale ebbi due figli.
Quando compi 27 anni cominciai a sentirmi male. All´inizio non le di importanza, ma quando le cose peggiorarono il mio compagno mi portó in ospédale dicendo al dottore di salvarmi.
Mi fecero gli esami, l´utero era totalmente infettato e marcio per un cancro. Nel frattempo il mio compagno mi abbandonó portandosi via i due bambini. Il medico mi operó e mi mandó a casa, nella capanna dove cominciai a vivere da sola e abbandonata. Accettai tutto per amore al Signore, perdonando quanti mi avevano fatto del male. Sola nella campagna, tormentata dal dolore, andavo mendicando a piedi dovunque per poter comprarmi la morfina, perché non ce la facevo piú. Un calvario indescrivibile: tutti i giorni sotto il sole, ricurva su me stessa per il male a mendicare.
Finalmene un giorno una suora mi vide e rendendosi conto della mia situazione mi prese con sé e mi portó alla Clinica “Casa Divina Provvidenza San Riccardo Pampuri”, dove ho incontrato davvero la misericordia divina. In questo luogo non penso piú alla mia malattia, non ho paura della morte, vado dovunque perché per me il cancro non é niente, in quanto credo in Dio e amo la Madonna. Mai mi sono soffermata a pensare alla mia malattia. Quando uno ha la fede non ha piú paura di niente e in questa Clinica la mia fede cresce ogni giorno di piú.
Qui ho ricontrato la vita. Ho ricevuto anche la cresima da P. Aldo che é anche il mio padrino, che mi dá amore. Io gli voglio bene perché é mio papá, mi coccola e per questo mi sento felice. Lo stesso sentimento hanno i medici e il personale nei miei confronti. Mi sento guarita, anche se so di morire, perché mi sento amata, compresa, e in particolare perché tutti i giorni ricevo la Eucaristía. Vorrei terminare proponiendo una canzone che ho scritto alcuni giorni fa in occasione della morte di uno dei miei amici di AIDS, e che abbiamo velato qui nella clinica:
“Un tempo io fui prigioniero,
incarcerato da un tentatore vigliacco,
il peccato me teneva incatenato
dentro un oscuro e grande dolore.
Se ascolti oggi la voce del Signore
riceverai da Cristo la salvezza e una vita migliore
e alla fine di questa terra lui ti offre una casa nel cielo…
e senza dolore.
Se ascolti oggi la voce del Salvatore,
ricevi da Cristo il perdono”
María di Fatima, questo era il suo nome, morì alcune settimana fa, aveva 28 anni.
Morí con il sorriso sulla bocca e pregando.
Con affetto, P. Aldo Trento





I SANTI - PICCOLE STORIE DAL PARAGUAY n° 01 - settembre 2007

Il santo di settembre
Con una settimana di anticipo ti scrivo la breve vita del santo del mese di agosto.
E' un bambino idrocefalo (la sua testa ha una circonferenza di 60 cm) impossibile da operare e destinato a morire. Figlio di nessuno, la sua esistenza non è registrata in nessun libro. Per gli uomini, per lo stato non è mai esistito. Viveva nella strada, usato da un presunto “padre ubriacone” per raccogliere soldi dai passanti, che spesso impauriti, perché sembrava un mostro, lo guardavano inorriditi, seduto su una specie di carozzella con il suo testone barcollante da ogni parte.
Povero bambino. Usato, abusato, un “nessuno” per gli uomini, ma amato e privilegiato per il Signore, che lo ha disegnato sulle palme delle sue mani, che ha pronunciato il suo nome prima di essere concepito nel ventre di sua madre, come afferma la sacra scrittura. “Potrá una madre dimenticare suo figlio?, si chiede Dio, “ebbene anche se lei si dimenticasse io non ti dimenticheró mai”. E cosí questo bambino è giunto a casa mia, nel mio ospedale e da piú di un anno vive con noi.
I primi mesi sono stati tristi per lui. Giá non parlava, emetteva qualche urlo, mi guardava con i suoi due occhioni che davano alla sua enorme testa una luce che permetteva a chiunque guardarlo con tenerezza, dopo un iniziale smarrimento e paura.
Con il tempo l´amore lo ha trsformato e quel corpicino, esile come uno stuzzicadente sulla cui punta appoggia questa enorme testa, sempre di piú è diventato la nostra “Ostia bianca”.
Stare davanti a lui, per me, è stato ed è come stare davanti al Santissimo Sacramento. Questa posizione di adorazione ha trasformato la sua tristezza in allegria. Da mesi sorride, grida, con l´unica mano che funziona mi prende per i capelli. Con una carota di plastica (il gioco che piú gli piace) mi colpisce la testa e se la ride a crepapelle. Quello che per tutti, quando era sulle strada era un “mostricciottalo” o per l´Italia, l´Europa moderna un caso di eutanasia, qui é diventato, come lo definivo domenica nell´omelia, la persona piú importante della parrocchia, il piú grande impresario della comunitá. Il vangelo di domenica ci ricordava Gesú a casa di Marta e María, nel quale il Maestro esalta la figura, apparentemente inerte di Maria, e tira le orecchie all'efficente Marta. Ebbene questo bimbo è la continuità di Maria. Lui non può fare niente, niente per il mondo che lo vede come un essere inutile e niente neanche per Cristo. Lui non può fare nessuna opera buona, lui non può fare tante cose per Gesú. Peró lui fa quell'unica cosa che è necesaria e l´unica cosa che salva me e voi: vive per Gesù e di Gesù.
Senza di lui il mondo sarebbe poverissimo e noi stessi saremmo ancora piú miserabili.
Per questo tutte le volte che lo tocco, mi faccio il segno della croce: tocco Gesù.
E cosí diventa per me l'anticipo concreto del Paradiso.
In questi giorni una splendida notizia. Il tribunale ha deciso che deve esistere giuridicamente, per cui mi ha chiesto di mettergli il mio nome e cognome. Cosí adesso si chiama Trento Antonio (mio nome civile) Aldo (mio nome di quando era frate). Quando il tribunale mi ha chiesto la data di nasita che volevo scegliere per lui, ho detto il “25 dicembre 1998”. Come Gesú!
Puoi immaginare la mia gioia: anche giuridicamente è mio figlio. Un po' come San Giuseppe con Gesù.
Non so quanto vivrà, ma questo non è importante perche per me uno è padre, uno è figlio per sempre.
Guardalo bene in faccia: è propio bello, è Gesù, ed io a 60 anni sono stato scelto come San Giuseppe a custodirlo, amarlo perché nel disegno del Padre Antonio Aldo di 9 anni esiste perché ognuno di noi si salvi.
Con affetto, P. Aldo Trento











































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