domenica 25 maggio 2008

L'OBROBRIO DEGLI IBRIDI

Sul caso delle chimere d’oltremanica
di Roberto Colombo
Tratto da Avvenire del 22 maggio 2008

Nella mitologia greca i mostri più orrendi e temuti erano proprio quegli animali dalle fattezze d’uomo, che mescolavano la bestialità con l’umanità sì che quest’ultima ne risultava sconvolta e deprezzata, umiliata e ferita.



Così, emblematicamente, la lotta dell’uomo per riconquistare se stesso e la propria civiltà passava proprio attraverso l’esorcizzazione di questa generazione mostruosa, una lotta faticosa che meritò la palma dell’eroe ad Ercole ed altri uomini che riscattarono se stessi salvando l’umanità dalle chimere nate per caso da unioni abominevoli.

Dopo oltre due millenni, alcuni ricercatori (a onor del vero, assai pochi) ed i loro sponsor economici e politici ripropongono una versione biotecnologica degli ibridi uomo-animale dalle sembianze non più raccapriccianti e dalle promesse ammalianti. Nuove chimere, non più temute e combattute come nemiche dell’uomo, ma desiderate, invocate come strumento del progresso medico. Se realizzati in laboratorio, questi mostri tecnologici non li potremo certo vedere circolare nelle strade delle nostre città e neppure in quelle del Regno Unito, dove le due Camere hanno rimosso il veto alla loro generazione sperimentale. Grandi come la punta di uno spillo, saranno osservabili solo al microscopio, che non rivelerà teste d’uomo e corpi di bue o di coniglio.

Nulla di tutto questo: l’embrione ibrido sviluppato in seguito al trasferimento del nucleo di una cellula somatica umana nell’ooplasto di uno di questi animali (procedura di clonazione interspecie), nei pochi giorni che gli saranno concessi per vivere, prima della sua soppressione allo stadio di blastocisti per ricavarne cellule staminali, sarà morfologicamente simile a quello umano. Perché, dunque, tanta indignazione di fronte a una simile prospettiva? Non si tratta forse, come alcuni sostengono, di un caso particolare della cosiddetta 'clonazione terapeutica', ossia dei tentativi di clonazione di un embrione destinato a generare una linea di staminali autologhe rispetto al paziente che ha donato il suo nucleo cellulare per il trasferimento e che spera di poter ricevere un innesto di cellule derivate dalle staminali per riparare o rigenerare i suoi tessuti lesionati? Se il contributo genomico dell’animale da cui proviene la cellula uovo enucleata è solo circa lo 0, 1% del Dna umano, in cosa consiste l’abominio antropologico, etico e sociale di questi esperimenti? Non è bene solo ciò che appare, a vista d’occhio, come innocente o bello, e non è male solo ciò che è orribile allo sguardo, anche quello di un osservatore attento. «L’essenziale è invisibile agli occhi», fa dire de Saint-Exupéry al suo Piccolo principe. Ed è vero: per cogliere il bene o il male in un’azione dell’uomo non bastano gli occhi e neppure il microscopio. La scienza sperimentale ci aiuta a conoscere la realtà e a usarla per i nostri bisogni, ma, da sola, non basta per scegliere il nostro presente e a preparare il futuro dei nostri figli. Ci fa stare meglio ma non ci fa vivere bene. E non è bene per l’uomo che egli perda la sua originale, irriducibile differenza biologica (e, dunque, antropologica) per commistione del suo patrimonio genetico con quello dell’animale, attraverso una forma di generazione artificiosa che, perso ormai ogni legame con l’amore tra una donna e un uomo e con la sua dimensione sessuale, viola ora anche la separatezza creativa ed evolutiva tra la specie umana e quelle animali. E tutto questo senza una reale, documentata evidenza che non vi sia una strada alternativa e percorribile per la terapia cellulare. Una prospettiva, quella aperta oltre la Manica, che è al di là del bene e del male, perché di queste categorie fondative dell’agire umano disconosce la essenziale natura 'non scientifica', non inferibile a partire dalla sola osservazione e sperimentazione. Un interrogativo emergente interpella la libertà di tutti i cittadini europei, credenti e non credenti: su quale ricerca scientifica voglia investire le nostre risorse per il bene comune, quello di tutti e di ciascuno, della nostra generazione e di quelle che ci seguiranno?


Nessun commento: