martedì 27 maggio 2008

I GENITORI IMPARINO A CONOSCERE L'ANIMA DEI PROPRI FIGLI

Non e' mai stato facile fare i genitori ed oggi forse richiede ancora maggior fatica.
Si e' molto soli ad affrontare il quotidiano,e i messaggi che si ricevono non aiutano in questo compito.
Troppo spesso ci si dimentica che esiste il no,senza ammetterlo si preferisce ricorrere al si.
Si parte a monte ,il figlio non e' un dono ma un balocco che spetta alla coppia.
Il figlio deve essere sano,non deve avere imperfezioni.
E' necessario prima avere tutto per poter dare tanto a quel figlio che non deve essere da meno a nessuno.
Il balocco viene consegnato e per i primi tempi riempie di gioia,sempre che non pianga di notte.
Il bimbo cresce e presto capisce che puo' dirigere lui l'orchestra.
I genitori si accorgono troppo tardi di non conoscere piu' la persone che sta loro di fronte e troppo spesso si arrendono lasciando ad altri il compito educativo.
Questo e' il grande disastro.



Oggi molto spesso i più giovani sono abbandonati a se stessi Il Papa a Genova ha detto: «Aiutiamo le famiglie nel loro straordinario e difficile compito educativo»
L'osservatorio di Paolo Mosca
Tratto da Avvenire del 25 maggio 2008


Ma qual'è la nuova generazione degli italiani?
Televisione e carta stampata ne propongono una al giorno. Per certe trasmissioni, i nostri ragazzi sprecano le notti in discoteca, si drogano, bevono alcol, rischiano la vita in moto o in auto rientrando in casa all’alba.

Altri sostengono che i giovani del terzo millennio sono schiavi di You Tube, che si divertono a dissacrare comunque: famiglia, scuola, istituzioni. Ci sono poi i branchi della violenza, i bulli, quelli che finiscono in manette a 16 anni, e dopo avere ucciso (è cronaca), confessano e chiedono al magistrato se possono tornare a casa. E che dire delle tribù della domenica? Quelli che con la falsa scusa di essere tifosi di questa o quella squadra di calcio, tendono agguati ai pullman degli “avversari”: picchiano, provocano le forze di Polizia? Ci sono anche i frequentatori di concerti di idoli tipo Vasco Rossi o Ligabue che affollano gli stadi e ripetono a memoria le canzoni dei loro eroi. Mi chiedo, in questo panorama così confuso e incerto: dove si collocano quei milioni di ragazzi (sicuramente meno rumorosi ed esibizionisti) che restano a casa a studiare, o lavorano per fare quadrare il bilancio familiare. Quelli che con ironia qualcuno ha definito “bamboccioni”, e che in realtà sono creature alla ricerca di un posto fisso, e non riescono a mettere su una casa propria, una seconda famiglia. E ancora. Chi sono quei giovani che domenica scorsa, a Genova, hanno ascoltato con entusiasmo e rispetto le parole di Benedetto XVI? «Dovete essere, non apparire. Non cedete alle mode. Siate umili, ma non pavidi. Semplici, ma non ingenui. Entrate in dialogo con tutti, ma siate voi stessi». Ammettiamo che l’imbarazzo è profondo. Ci sono dunque più “nuove generazioni”.

E noi genitori dobbiamo trovare la forza e la pazienza di capire a quale di queste generazioni appartiene nostro figlio.

Forza per accettare le sue scelte, pazienza per capire le sue reazioni, le sue paure, i suoi sogni, i suoi apparenti gesti di incoscienza. La realtà, è che lui ha bisogno di noi.

Non basta affidarlo ai professori di una scuola, contare sull’amicizia dei compagni: non può essere il computer il suo consigliere. Un padre e una madre impazziscono di dolore, se pensano a quel ragazzo di Torino che si dà fuoco in un’auto perché la ditta dove lavorava gli manda una lettera di pre licenziamento. Siamo noi genitori che conosciamo l’anima dei figli: li abbiamo tenuti in braccio, abbiamo raccontato loro la favola che non li avremmo mai abbandonati nei momenti difficili. Personalmente, se mi volto indietro, ricordo mio padre Giovanni, negli anni Cinquanta, che mi leggeva le pagine di Pinocchio: e quando avevo la bronchite, mi posava sul petto gli impacchi di semolino caldo. Finché non sei sfebbrato, mi rassicurava, sto qui seduto sul tuo letto. E più avanti negli anni, addio Pinocchio, ma sfogliavamo insieme ogni mattina il giornale: mi insegnava a distinguere le notizie importanti da quelle secondarie. Altri tempi? Io dico di no: piuttosto altri genitori.

Oggi un figlio pare quasi un fastidioso ingombro: lo si piazza davanti al televisore, fin da piccolo, con i cartoni animati.
Poi con gli anni gli si affida il telecomando, e il suo cervello è mitragliato da notizie ansiogene, da accecanti lampi pubblicitari, da programmi ideati per distruggere punti fermi e speranze.
Poveri figli, fragili come farfalle al vento. Ai genitori non resta che vederli volare senza una mèta precisa.
Ecco perché il Papa, a Genova, ha detto: «Dobbiamo aiutare anche i genitori nel loro straordinario e difficile compito educativo. Aiutare parrocchie, gruppi e scuole cattoliche, vere risorse del paese».






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