lunedì 26 maggio 2008

PICCOLE VELE BIANCHE ALLA VOLTA DELL'AMATA CINA

Domani giornata di preghiera
di Bernardo Cervellera
Tratto da Avvenire del 23 maggio 2008

Charles Péguy, il poeta francese con­vertito dal socialismo alla fede cat­tolica, è stato fra i più devoti alla Madon­na. Per ben tre volte ha compiuto a piedi il pellegrinaggio da Parigi a Chartres.

Nel 'Portico del mistero della seconda virtù', dedicato alla speranza, dice che le Ave Maria sono come piccole navi dalle vele bianche, al cui assalto il cuore di Dio non riesce a resistere. Le piccole Ave Maria vi si insinuano e riescono a slegare le brac­cia del Padre in un abbraccio di miseri­cordia.


Benedetto XVI, nel lanciare la Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina, avrà fat­to affidamento sulla stessa efficacia. Do­mani tutte le Chiese del mondo avvolge­ranno di misericordia i cristiani e il po­polo cinese chiedendo unità per la Chie­sa e il bene per la nazione. Il Partito co­munista ha sempre avuto paura dell’«or­ganizzazione internazionale» dei cattoli­ci, nel timore che essi cospirino contro la Cina. Ha sempre temuto Giovanni Paolo II, che con la caduta del comunismo in Europa, era considerato il «nemico nu­mero 1». Invece l’abbraccio dei cattolici, è amorevole pro­prio verso la Cina. In questi giorni, da moltissime diocesi del mondo parto­no aiuti e preghie­re per la popola­zione del Sichuan, prostrata dal terre­moto, e in questi anni la coopera­zione dei cattolici allo sviluppo di vil­laggi, l’alfabetizza­zione dei contadi­ni, l’ospitalità ver­so migranti e handicappati ha strappato la gratitudine perfino dai governi locali di quel grande Paese.

Il Papa chiede alla Madonna di Sheshan, patrona della Cina che si festeggia il 24 maggio, la grazia dell’unità per la Chiesa cinese. Già Giovanni Paolo II aveva chie­sto ai cattolici sotterranei di essere mise­ricordiosi verso quelli ufficiali, che tal­volta sembrano più compromessi col po­tere. A questi ultimi aveva domandato di avere più coraggio nel manifestare l’u­nità con il successore di Pietro.

Benedet­to XVI fa la stessa richiesta. Ma i segni del­l’unità sono già percepibili: ormai tutti i vescovi ufficiali, tranne quelli ordinati in modo illecito due anni fa, sono in comu­nione con lui, e in molte diocesi vescovi sotterranei e ufficiali collaborano nella pastorale e nella missione; vescovi sot­terranei in prigione ricevono il soccorso della Chiesa ufficiale.

Ha contribuito a questa unità anche una dose di tolleran­za da parte del governo centrale che ne­gli ultimi anni ha accettato di fatto i can­didati vaticani a sedi episcopali impor­tanti, quali Pechino, Xian, Shanghai, Can­ton. I segni di distensione e una vaga vo­lontà di dialogo, almeno fra membri del ministero degli Esteri, non mancano. A questi la Santa Sede sta offrendo la mag­giore apertura possibile e soprattutto sta manifestando un atteggiamento positivo, che guarda al bene della Cina stessa.

Nel­la Lettera ai cattolici cinesi il Papa spiega con molta dolcezza e precisione che la Chiesa non pretende di «entrare nella bat­taglia politica», ma chiede uno spazio di libertà religiosa per «risvegliare le forze spirituali» della società, senza cui non vi è giustizia. Che la Cina abbia bisogno di questo «risveglio spirituale» lo si vede da tutti gli appelli di Hu Jintao e di Wen Jia­bao in questi giorni per spingere alla so­lidarietà e frenare la corruzione.

Davan­ti al terremoto sono moltissimi i cinesi che offrono denaro, tempo, solidarietà. Ma sono anche tanti, soprattutto i più ric­chi, a guardare solo al loro interesse. Il terremoto in Cina sta facendo emergere pericolose divisioni sociali che solo una riconciliazione spirituale potrà sanare.

Per questa rivoluzione dello Spirito la Chiesa è la migliore alleata della Cina e del suo futuro. La Giornata di preghiera ser­ve anche perché se ne accorga chi ne o­stacola il cammino.



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