sabato 14 giugno 2008

CHESTERTON GENIO E ORTODOSSIA

Per Bernard Shaw era «colossale», ma Orwell, che lo apprezzava come polemista, lo accusò di apologetica. La verità è che in «GKC» convivono due anime: il libero pensatore e il pedagogo
di Ian Boyd
Tratto da Avvenire del 13 giugno 2008




Chesterton è stato descritto come uno dei più grandi an­nunciatori dell’ortodossia cristiana nell’epoca moderna.

Ber­nard Shaw lo ha anche definito 'ge­nio colossale'. Ci sono state almeno due importanti leggende riguardo Chesterton come maestro di orto­dossia cristiana che perdurarono durante tutta la sua vita. Ciascuna di loro ha incarnato verità parziali riguardo la vera natura dello scritto­re; verità che sono state forse più manifeste al pubblico, di quanto lo fossero all’umile e diffidente Che­sterton, che non poteva certo rico­noscersi nelle versioni idealizzate che gli ammirati lettori avevano creato su di lui.

La prima di queste immagini leg­gendarie è stata quella che è esistita al tempo della morte di Chesterton, il 14 giugno 1936. Queste sono state le storie che hanno sicuramente contribuito a formare una particola­re leggenda su Chesterton, uno scrittore che era preminentemente un maestro di vera ortodossia catto­lica.

Queste stesse storie provocarono u­na risentita reazione alla stessa leg­genda. George Orwell, che era sem­pre stato in sintonia con alcune idee politiche di Chesterton e i cui primi scritti furono pubblicati nella rivista di Chesterton G. K. ’s Weekly, espresse un’opinione alquanto convenziona­le quando lo descrisse come uno scrittore di considerevole talento che scelse di sopprimere sia la sua onestà intellettuale sia la sua sensi­bilità letteraria per la causa della propaganda cattolico-romana. Co­munque, l’effetto più scioccante dell’immagine di Chesterton educa­tore cattolico fu il modo in cui que­sta stessa immagine oscurò la me­moria di un’altra immagine prece­dente ugualmente significativa. Se Chesterton fosse morto (come qua­si accadde) nel novembre 1914, sa­rebbe stato ricordato come una fi­gura pubblica molto diversa da quella del grandissimo polemista cattolico. L’immagine di un apolo­geta cattolico malaticcio ed avanza­to nell’età senescente negli anni Venti e nei primi anni Trenta aveva rimpiazzato il ricordo di un’altra im­magine pubblica, quella del wun­derkind (bambino prodigio), la cui fama stratosferica nei primi anni del secolo, lo avevano reso come una delle più brillanti e meglio cono­sciute figure letterarie dell’epoca.

Ma c’è da dire che un’altra leggenda fu creata piuttosto inconsciamente, anche con una certa lentezza, ri­guardo al grande scrittore. L’esube­ranza e il modo divertente che ca­ratterizzavano il giovane Chesterton furono elementi decisivi nella crea­zione della sua immagine pubblica.

Egli aveva acquisito un segno sicuro di essere una specie di classico: era addirittura citato da persone che non avevano mai letto qualcuna delle sue opere. I suoi detti divenne­ro rapidamente proverbiali. Ognu­no conosceva una battuta di Che­sterton o una battuta su Chesterton. Era la delizia dei fumettisti. Era uno dei pochi, pochissimi scrittori che veniva riconosciuto semplicemente con le sue iniziali. Si dice che la fa­ma del suo articolo settimanale fir­mato «GKC» nel Daily News del Li­beral London aveva fatto richiedere che il numero usuale del giornale fosse ristampato due volte per l’edi­zione del sabato in cui compariva la sua firma. Nel 1908 pubblicò due delle sue più brillanti e fantasiose autobiografie: il romanzo L’uomo che fu Giovedì, che ebbe un grandis­simo successo sia come autobiogra­fia di tipo narrativo sia come medi­tazione o rivisitazione del Libro di Giobbe, e un personale trattato filo­sofico, Ortodossia, che racconta la storia del suo tentativo di inventare una nuova religione e la sua succes­siva scoperta che questa era già sta­ta inventata e che era stata chiama­ta cristianesimo. «Io non l’ho fatta», scrive. «Dio e l’u­manità l’hanno fatta ed essa ha fatto me». Nel novembre 1911 a Cam­bridge, un pubblico di quasi mille persone andò per sentirlo parlare in un club studentesco sulla futura re­ligione e per sentirsi dire che la reli­gione cristiana, la quale secondo il mondo secolarizzato era morente, era in procinto di risorgere nuova­mente dai morti: «Personalmente io credo che vinceremo», disse Che­sterton al suo giovane pubblico.

Tuttavia il successo letterario fu sol­tanto un aspetto della reputazione che Chesterton ebbe nel periodo e­doardiano come educatore orto­dosso di una nazione. La più con­vincente caratteristica della sua im­magine pubblica fu quella nella quale espresse il suo profondo e po­sitivo impegno nella sua epoca. Era come se l’abbondanza della sua im­maginazione creativa, la generosità e anche l’abbandono disinvolto nel suo poter spaziare in una mezza dozzina di generi letterari, ed il riso e il divertimento che potevano irra­diare le sue opere fossero conside­rati soltanto dei segni palesi di una qualità interiore che il pubblico va­lutò molto, molto di più del valore intrinseco che le sue opere esprime­vano.

In altre parole, di Chesterton si a­mavano dei particolari piuttosto che un libro, un saggio o una poesia. Il Chesterton del periodo edoardia­no era l’incarnazione di ciò che i va­lori edoardiani rivelavano ed espri­mevano nella nazione. Il giovane giornalista era diventato il deposita­rio delle speranze e degli ideali dei suoi lettori. Egli esprimeva per loro lo spirito di una delle più esuberanti epoche dal periodo elisabettiano. Le due versioni di Padre Brown che Chesterton descrive nel suo ultimo volume della storia del prete detec­tive, possono essere comparate alle due visioni di Chesterton che abbia­mo già citato. Forse nessuna di que­ste immagini rappresenta piena­mente la profondità e la comples­sità di questo uomo straordinario, ma ciascuna delle immagini di un insegnante leggendario esprime ve­rità su di lui e ciascuna di queste ve­rità vale la pena che sia studiata set­tant’anni dopo la sua morte.

Convegno
Appuntamento a Roma

Domani, alle 18, nella sede romana di «Civiltà Cattolica» (via di Porta Pinciana 1) padre Ian Boyd, direttore del Chesterton Institute for Faith and Culture (Seton Hall University, Usa) terrà una conferenza su «Chesterton e l’ortodossia del buonumore» che in parte anticipiamo. Partecipano all’incontro fra gli altri anche Ferdinando Castelli, Andrea Monda, Antonio Spadaro.



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