giovedì 12 giugno 2008

IL PAPA RILANCIA IL PRIMATO DELL'AMORE

Il risveglio della coscienza cristiana al primato dell'amore, fondato su una speranza che non delude, è l'obiettivo programmatico persistente del pontificato di Benedetto. L'amore è ormai la parola più ricorrente in ogni sua catechesi. Amore che non è vago sentimentalismo, ma vita trasformata, capace di servizio. Lo ha detto persino agli ecclesiastici dell'accademia diplomatica vaticana. La spinta propulsiva per garantire la fede cristiana nelle reti della storia che bussa alle porte, dal sapore globalizzato, rimane l'amore.
Tratto da L'Osservatore Romano del 11 giugno 2008

Nello stile di Benedetto XVI, di fronte alle soluzioni per i piccoli e grandi problemi della città dell'uomo, viene prima l'accoglienza e poi la sicurezza. Di più: viene prima la compassione.




Anche di fronte al nodo dell'immigrazione che scuote le società del benessere, dall'insegnamento di Papa Ratzinger emerge rafforzata l'anomalia cristiana del primato dell'amore. L'icona evangelica del samaritano ricorda che curare e guarire con amore pure lo straniero è la norma di vita cristiana.

Persino l'apertura intellettuale all'incontro tra le culture privilegia l'accoglienza alla discriminazione. "Alla fede cristiana - ha ricordato Benedetto XVI lanciando il tema per il nuovo anno pastorale della diocesi di Roma - spetta questo merito storico, di aver suscitato nell'uomo, in maniera nuova e a una profondità nuova, la capacità di condividere anche interiormente la sofferenza dell'altro, che così non è più solo nella sua sofferenza, e anche di soffrire per amore del bene, della verità e della giustizia". Al convegno della diocesi di Roma, il Papa ha offerto una sintesi del suo magistero, che spera di accompagnare donne e uomini a una seria presa d'atto dell'essere cristiani. Fare questo passo che sconvolge la vita è ragionevole e comporta una speranza che non delude. Una vita cristiana si fonda infatti sulla risurrezione di Cristo, un fatto avvenuto nella storia "di cui gli apostoli sono stati testimoni e non certo creatori". Ratzinger sostiene che la risurrezione - anche a noi promessa - è la più grande mutazione mai accaduta, il salto verso una dimensione di vita profondamente nuova. Solo nella luce del Risorto dai morti "possiamo comprendere le vere dimensioni della fede cristiana". È la risurrezione che rende l'essere cristiani un caso serio da verificare con apertura mentale e senza pregiudizi.

Vivere nel segno della speranza cristiana della risurrezione - conviene il Papa - non è facile a Roma come nel resto del mondo. Si vive una sensazione di precarietà e incertezza, nonostante i miglioramenti della scienza e della tecnologia. Riconoscere alla scienza l'enorme contributo al progresso e al miglioramento della vita è importante, ma ancor di più lo è la convinzione che non è la scienza a redimere l'uomo ma l'amore.

Nella nostra civiltà si è insinuata troppa paura e l'amore rischia di affievolirsi. Se l'architrave della convivenza civile diventa la sicurezza individuale, nel tempo si mette in pericolo la libertà e dimentichiamo come si ama. Il Papa è perciò esigente anzitutto con i credenti, perché dal loro modo di vivere la fede, la speranza e la carità, dalla loro capacità di condivisione specialmente con le attese dei più poveri, dipende la qualità della testimonianza data alla risurrezione di Gesù e quindi la credibilità della Chiesa. In particolare Benedetto XVI ha più a cuore l'amore che l'apologia e ripete che prima di ogni cosa viene l'amore, poiché sull'amore saremo giudicati alla fine della vita. Egli chiede ai cattolici di essere capaci di amare. L'esempio dei santi, ricorrente nella sua predicazione, è una memoria viva della possibilità di vivere amando in forma disinteressata e facendo del bene. Anche l'emergenza educativa, intorno a cui ruota il rilancio della pastorale e della presenza cristiana, si risolve nell'amore: un esame di coscienza generale sulla capacità di amare e di mettere amore nelle strutture sociali da parte dei cristiani sarebbe un contributo rilevante a formare una gioventù e una società di adulti responsabili. Le radici cristiane a cui si chiede di tornare, altro non sono che il pensare e il costruire una civiltà dell'amore. O almeno tendervi con tutte le forze.

Il risveglio della coscienza cristiana al primato dell'amore, fondato su una speranza che non delude, è l'obiettivo programmatico persistente del pontificato di Benedetto. L'amore è ormai la parola più ricorrente in ogni sua catechesi. Amore che non è vago sentimentalismo, ma vita trasformata, capace di servizio. Lo ha detto persino agli ecclesiastici dell'accademia diplomatica vaticana. La spinta propulsiva per garantire la fede cristiana nelle reti della storia che bussa alle porte, dal sapore globalizzato, rimane l'amore.

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