lunedì 9 giugno 2008

LA VITA SPERICOLATA E'n DEI PRETI NON DI VASCO ROSSI

Conosco ragazzi di 20 anni, belli, intelligenti e vigorosi, che avrebbero avuto davanti a sé un futuro di successo e soddisfazioni mondane e che invece hanno deciso di entrare in seminario (a volte per farsi missionari), facendo questo "folle" dono di sé, per sempre, a un mondo che li disprezza, li dileggia e spesso li odia (salvo ricorrere a loro nei momento di disperazione). La loro sì che è una "vita spericolata". Loro sì che disobbediscono al Potere e ai ferrei comandamenti dell'apparire, del dominare e del possedere, del vendere e del comprare, i quali rappresentano - come scriveva Pasolini - il vero dispotismo di oggi. Eppure, la cosa stupefacente per me è vedere quanto spesso loro sono lieti.



Libero 7 giugno 2008 La "
di ANTONIO SOCCI
Vasco Rossi ha preso cappello per il mio corsivo di martedì scorso. E ieri ha scritto una risentita replica sulla Stampa. Pensavo che, presentandosi come trasgressivo, irriverente e anarchico, avesse un po' di senso dell'umorismo e di autoironia. Invece si prende maledettamente sul serio. Mi spiace. Saper sorridere anche di sé rende più simpatici. Quello che è andato di traverso a Vasco è la mia battuta sulla citazione di Spinoza con cui ha iniziato il suo grande concerto. Ci tiene a far sapere precisamente il titolo dell'opera da cui è tratta e - piacendogli la vita esagerata - aggiunge addirittura un'altra frase del vecchio Baruch. Cosa che probabilmente fa di Vasco il maggior esperto vivente del filosofo seicentesco. Nulla in contrario: è un luminare. Resta la mia perplessità sul fatto che il malinconico Spinoza possa essere considerato il simbolo della «gioia». Avesse evocato Mozart o Francesco d'Assisi avrei capito. Ma Spinoza francamente no. E Vasco? Dice: «Noi musicanti con la nostra musica portiamo un po' di gioia». La levità delle sue canzoni, l'allegra gioia di vivere che le connota in effetti è proverbiale. Si può rappresentare con alcuni titoli emblematici: "Fegato, fegato spappolato", "Sono ancora in coma", "Ti taglio la gola", "Valium". "Siamo soli", "Mi si escludeva", "Io perderò". Ora - parlando seriamente - le canzonette di Vasco in genere piacciono (anche a me) precisamente per la loro tristezza (anche se a volte è una disperazione compiaciuta e un maledettismo recitato). È poesia saper cantare lo spleen e quanto è triste Bologna. Non che Vasco sia Baudelaire o Rimbaud, ma talora sa esprimere con accenti veri e giri armonici piacevoli il male di vivere e lo smarrimento della vita quotidiana.


Questo è il suo talento: la disperazione, non certo la "gioia". Tanto è vero che ci ha costruito una carriera piena di soddisfazioni. Discutibile è - a mio parere - la sua invettiva contro il Potere. Non se ne può più di questi cantanti (attempati e) benestanti che si atteggiano a guru della "rivolta" e della protesta, proponendosi come maestri di vita e comizianti. Una volta Vasco realisticamente disse: «Io non sono un predicatore. Se parli finisce che fai una predica, io non sono mica Celentano. Per carità». Avrebbe fatto bene a restare di questa idea ed esprimersi con le canzoni (che sa far bene). Ma il successo, si sa, porta a esagerare. E allora uno s'impanca a predicatore, pontifica sulle sorti del mondo, sulla politica, sul Potere. Si vorrebbe sapere di quale Potere parla. A me i suoi sembrano messaggi molto conformisti, che fanno parte della mentalità dominante la quale, appunto, è il Potere. Non a caso una star come lui è idolatrata da migliaia di persone paganti e osannanti. È ripreso in prima serata dalla televisione ed esaltato sui giornali. Il miliardario gioca al ribelle
Mi pare che un milionario quasi sessantenne, sebbene abbigliato da ventenne scapigliato, resti pur sempre un borghese che sta in questa società e nel redditizio mondo della musica (la grande multinazionale dell'immate riale) come un topo nel formaggio. Dunque fa parte del sistema e anche - volente o nolente della tristezza della mentalità dominante. La lettera di Vasco alla Stampa di ieri lancia un'altra frecciata polemica contro di me. Sempre appoggiandosi a Spinoza aggiunge che c'è «un legame profondo fra il despota e il prete, poiché entrambi hanno bisogno che le persone assoggettate siano tristi». E io sarei di questa bella congrega. Ora, anche se Vasco ha studiato dai preti e io no, ritengo di conoscere molto meglio di lui l'inquisizione clericale (essendo stato "vittima" perfino del tribunale ecclesiastico) e la detesto. Così come conosco sulla mia pelle e detesto l'inquisizione anticlericale. Ciò che trovo intollerabile - da quel pulpito - sono certe espressioni sprezzanti sui "preti". Un prete oggi è un povero (vive con 700 euro al mese), lo aspetta una vecchiaia povera e da solo. Eppure è uno che ha scelto questo tipo di esistenza, ha scelto di donare tutto se stesso e tutta la sua vita agli altri per Cristo. Conosco ragazzi di 20 anni, belli, intelligenti e vigorosi, che avrebbero avuto davanti a sé un futuro di successo e soddisfazioni mondane e che invece hanno deciso di entrare in seminario (a volte per farsi missionari), facendo questo "folle" dono di sé, per sempre, a un mondo che li disprezza, li dileggia e spesso li odia (salvo ricorrere a loro nei momento di disperazione). La loro sì che è una "vita spericolata". Loro sì che disobbediscono al Potere e ai ferrei comandamenti dell'apparire, del dominare e del possedere, del vendere e del comprare, i quali rappresentano - come scriveva Pasolini - il vero dispotismo di oggi. Eppure, la cosa stupefacente per me è vedere quanto spesso loro sono lieti. È incredibile come possa rendere felici questo rinunciare a tutto per donarsi a Cristo. Conosco tante ragazze ventenni e trentenni che hanno scelto la vita da suore, da sorelle di tutti, e sono ancora più povere dei preti, ancora più senza potere e hanno nel volto una luce certamente sconosciuta a noi "uomini di successo" e di potere. La gioia vera abita lì ed è ignota ai sudditi della religione del consumo, dell'apparire e del dominio. Che scambiano per gioia l'eccitazio ne illusoria, congestionata e fasulla dei concerti rock. La religione mondana
Di questa religione mondana, diffusa a livello planetario, le star, i cantanti sono i sacerdoti. Talvolta gli idoli. Anche il cantante bolognese lo è. Non a caso c'è un libro dedicato a lui che si intitola "dio Vasco" (Valentina Pigmei, "Dio Vasco", Editore Arcana, 2003). Sono i guru, i sacerdoti e i profeti dei nuovi dogmi. Ormai i veri "preti" di oggi sono loro. Calano dall'alto dei loro palchi il loro Verbo e folle in delirio lo bevono acriticamente. E guai a ironizzare sulle loro prediche noiose e su certe ipocrite sparate contro il sistema. Oltretutto quando li fai parlare, spesso devi constatare una povertà, anche argomentativa, scoraggiante. Mentre i preti almeno conoscono la razionalità aristotelica. Vasco mi definisce un «integralista religioso». Ecco, di quella religione mondana che celebra i suoi riti in quei chiassosi concerti e dei suoi idoli, osannati sui media, mi dichiaro ateo. La ritengo il vero "oppio dei popoli", che stordisce e fa dimenticare la vita vera. Il buon Vasco mi gratifica anche di altre qualifiche: fazioso e arrogante. C'è sempre qualcosa di vero nelle critiche e farò tesoro anche delle sue parole, cercando di imparare mitezza e comprensione. Vorrei solo invitare, un giorno, con me il mio fratello Vasco a conoscere qualcuno di quelli che chiama "i preti". Preti veri. O certe mie sorelle di qualche convento di clausura. Vorrei che vedesse i loro occhi. Potrebbe scoprire dove sta di casa la gioia. Sorprendendosi, come capita continuamente a me. www.antonio socci.it
LE CITAZIONI DI VASCO ROSSI p Chi detiene il potere ha sempre bisogno che le persone siano affette da tristezza. BARUCH SPINOZA, TRATTATO TEOLOGICO-POLITICO p Le passioni tristi sono necessarie, provocare passioni tristi è essenziale all'esercizio del potere BARUCH SPINOZA, TRATTATO TEOLOGICO-POLITICO p C'è un legame profondo tra il despota e il prete, poiché entrambi hanno bisogno che le persone assoggettate siano tristi BARUCH SPINOZA, TRATTATO TEOLOGICO-POLITICO
TRENT'ANNI DI ROCK ITALIANO Vasco Rossi è nato a Zocca (Modena) nel 1952. Nella sua carriera ha pubblicato 25 album (tra inediti, raccolte e dischi dal vivo) e ha scritto oltre 130 canzoni, in alcuni casi destinate ad altri interpreti
LA POLEMICA SALOTTO DI CLASSE SU LIBERO Su Libero di martedì, Antonio Socci ha dedicato parte della sua rubrica "Salotto di classe" a Vasco Rossi, che in apertura del suo concerto di Roma trasmesso da Raidue giovedì scorso, ha citato una frase "contro il potere" del filosofo ebreo olandese Baruch Spinoza. «Vasco si gode il meritato successo per le sue divertenti canzonette. Un signore, benestante, ormai vicino ai 60 anni, che ha vissuto benone cantando i suoi motivetti, che si ritrova a fare un concerto ripreso in prima serata dalla televisione ed è pure considerato come un vate da folle osannanti, che lo sentono inveire contro "il potere" (quale? di chi?), come va considerato? Un gran dritto», ha scritto. «In effetti il Potere, come diceva Pasolini, predica una felicità che è l' "edonismo del consumatore". Concludeva il poeta di Casarsa: "Il risultato è che la felicità è tutta completamente falsa: mentre si diffonde sempre di più una immediata infelicità". In ogni caso se c'è qualcosa di conformistico e piccolo borghese, è il finto ribellismo del mondo benestante della canzone. La "vita spericolata" non è certo la loro: è semmai quella che fanno i normalissimi padri e le normalissime madri di famiglia per tirare avanti una famiglia con 3 o 4 figli. Loro sì che vanno contro i dettami del Potere».
LA RISPOSTA SULLA STAMPA Sulla Stampa di ieri, il cantante di Zocca ha risposto a Socci con una lettera, in cui sosteneva che «Socci Antonio è una specie di integralista religioso toscano, che qualche tempo fa conduceva un programma televisivo che definire fazioso è dire poco. La cosa che colpiva di più era la sua arroganza. Quella che di solito contraddistingue "co loro i quali sono convinti di essere i depositari della Verità"». «Noi "musicanti"» ha proseguito Vasco, «con la nostra musica portiamo un po' di "gioia". Forse è proprio questo che dà così fastidio al caro Socci e a tutti quelli come lui». IL FILOSOFO Baruch Spinoza (1632-1677), l'autore delle sentenze citate da Vasco Rossi, è uno dei pensatori più influenti nella storia della filosofia. Ebreo olandese, scrisse opere capitali come il "Trattato teologico-politico" e l'"Ethica more geometrico demonstrata"


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