mercoledì 9 luglio 2008

COMUNICATO STAMPA MEDICINA E PERSONA

CI SONO GIUDICI IN ITALIA CHE VANNO OLTRE IL LORO COMPITO:

CREANO E STRAVOLGONO LA LEGGE ANZICHE’ LIMITARSI AD APPLICARLA




La Corte di Appello di Milano ha autorizzato da poche ore la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione per Eluana Englaro: questa decisione significa morte certa della ragazza per fame e disidratazione, la morte peggiore che possa essere inflitta ad un essere umano




Da medici avevamo già ribadito in precedenza che:

- 1 non è compito di un giudice stabilire criteri clinici in base ai quali dichiarare non più assistibile un paziente

- 2 la condizione di “stato vegetativo permanente” non è mai identificabile con uno stato di “coma irreversibile” dal quale si differenzia per la presenza di risveglio spontaneo o stimolato, di attività elettrica cerebrale presente e variabile, di movimenti di apertura degli occhi spontanei o sotto stimolo ambientale

- 3 in medicina, il giudizio di irreversibilità di una condizione patologica, qualunque essa sia, non è criterio sufficiente per richiedere la sospensione delle cure: con questa sentenza viene data priorità assoluta a una selezione della persona, in base al solo criterio della qualità della vita

- 4 il paziente in stato vegetativo persistente non è un paziente terminale e per questo è inappropriato e antiscientifico legare la sua “idoneità a vivere” ad una eventuale condizione di reversibilità

- 5 questa decisione su Eluana è una condanna a morte perpetrata per legge in nome della pietà





OGGI NON POSSIAMO NON DENUNCIARE CHE



- La sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione a una persona in condizioni generali stabili, in stato di coma permanente da anni, senza l’evidenza di alcun peggioramento clinico che ne indichi l’approssimarsi della fine, è eutanasia (cioè atto dal quale deriva la morte del paziente)



- Non esiste oggi una legge in Italia che abbia approvato l’eutanasia, la quale neppure è ammessa dal Codice Deontologico della Professione Medica 2006



La decisione della Corte di Appello di Milano, pertanto, è gravissima ed è la dimostrazione – ancora ce ne fosse bisogno - del modo scorretto di operare in questi ultimi decenni di una parte della magistratura italiana, che si arroga il diritto di stravolgere le leggi, addirittura di crearle, come in questo caso, sostituendosi al livello politico di decisioni sulle quali solo le istituzioni specifiche, in rappresentanza dei cittadini, possono pronunciarsi.

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