venerdì 18 luglio 2008

SYDNEY 2008 L'ATTESA CHE MUOVE MIGLIAIA DI GIOVANI

Mons.Luigi Negri

17/07/2008

«Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e ne sarete testimoni nel mondo». 150 mila giovani (che, secondo le stime, saliranno ad oltre 500 mila) sono già presenti in Australia, in attesa dell'arrivo di Benedetto XVI. Questo è già un evento, sia dal punto di vista quantitativo, sia dal punto di vista della testimonianza di straordinaria vivacità umana e insieme di composta attesa, di cui questi giovani sono protagonisti.



Noi cristiani adulti, e noi vescovi, come reagiamo di fronte a questo evento che ci sorprende ogni volta, e al quale non siamo mai, per fortuna, sufficientemente preparati? Noi desideriamo che sia realmente un evento cristiano: non soltanto un evento di emozionalità, di affettività, di novità dal punto di vista culturale, antropologico, ambientale. Che sia un evento cristiano. Che il cuore di questi centinaia di migliaia di giovani possa ospitare, magari per la prima volta o comunque in un modo più maturo, la presenza di Cristo che viene incontro a loro.
Perché ci sia un evento cristiano è innanzitutto necessario che ci sia l'uomo. Pertanto, il primo desiderio che abbiamo è che questi giovani accettino di misurarsi fino in fondo con la grande questione che è iscritta nei loro cuori e nelle loro coscienze: la questione della verità, cioè il senso ultimo della vita e delle cose, il fondamento dell'esistenza, la certezza della positività stessa dell'esistenza. Questa verità senza la ricerca della quale la vita umana, come già ci ha insegnato Platone, non sarebbe degna di essere vissuta. Che si risvegli dentro il loro cuore, per la prima volta o di nuovo, la grande questione, che non è angosciosa, ma è certamente impegnativa: la ricerca del bene, del vero, del bello e del giusto, secondo quella straordinaria articolazione che S. Agostino ci ha dettato e che rimane nella nostra coscienza come un fatto insuperabile.
Io credo che questo sia il primo desiderio: che questi giovani vadano fino in fondo alla loro umanità, che ci sia l'interlocutore di Dio. L’interlocutore del Dio che viene è l'uomo: l’uomo, cioè il povero che grida, e Dio lo sente e da tutte le sue angosce lo salva. Il povero è l'uomo pensoso, l'uomo che si erge oltre il livello dello spazio, del tempo, della fisicità, della psicologia, delle affezioni, e anche della cultura, nel senso di cultura formalizzata. Si erge perché prima è sceso nel profondo, e il profondo della sua umanità è un grido: “Dio, se ci sei, rivelati a me”, secondo l'intuizione folgorante di Alessandro Manzoni.
Che ci sia dunque l'interlocutore di Dio è la prima cosa che chiediamo allo Spirito: scendendo su di loro, li renda uomini; scendendo su di loro e impattando la loro libertà, la faccia esistere come evento umano nella loro storia e nella storia del mondo. Solo allora, essendoci l'interlocutore di Dio, Dio può venire. Perciò che sia un evento cristiano, che incontrino Cristo, che lo incontrino così com’è testimoniato dalla fede della Chiesa, e così com’è singolarmente testimoniato dalla grande e amabile umanità di Benedetto XVI; che lo incontrino, il Signore, nella sua sconvolgente attualità: se vuoi, vienimi dietro! Che lo incontrino, in quei giorni densi di avvenimenti cristiani, come il Signore della vita, il redentore dell'uomo, il centro del cosmo e della storia. Questo è ciò che desideriamo: che alla domanda umana risponda la presenza di Cristo, e che la presenza di Cristo incontri la domanda dell'uomo.
Ma questi giovani – 150 mila, o 500 mila, come tutti ci auguriamo – sono soltanto una piccola avanguardia; nonostante tutto, sono solo una piccola avanguardia di milioni e milioni di giovani nel mondo che rischiano di vivere una vita senza senso e significato, massificati nelle grandi megalopoli in cui fanno esperienza della povertà, una povertà indignitosa che è una condanna sul mondo civile, soprattutto sul mondo dei grandi paesi europei e nordamericani. Oppure blindati dentro una società del benessere individualistico che spegne ogni domanda e che contrabbanda, con il possesso delle cose materiali e con la propria reattività emozionale e impulsiva, questa domanda di senso che non viene affrontata mai, e che il potere, nelle sue varie forme, congiura perché non venga affrontata mai. Questa piccola avanguardia deve diventare una testimonianza viva che investe della vita nuova i milioni di giovani che rischiano di morire senza essersi mai misurati una volta seriamente con la loro vita.
Ecco: un evento è cristiano se, una volta conclusosi, diventa responsabilità. Questi giovani, che sono stati chiamati dalla Provvidenza a fare l'esperienza vera dell'incontro con Cristo, dovranno poi assumersi in modo lieto l'unica grande responsabilità che l'uomo ha di fronte a Dio: essere testimoni di Dio fino agli estremi confini del mondo. Quegli estremi confini del mondo che cominciano nel cuore dell'uomo, si articolano nella vita quotidiana delle nostre famiglie, delle scuole, degli ambienti di lavoro, ma che raggiungono poi anche fisicamente e geograficamente, in questo che è diventato un villaggio globale, i confini della terra.

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