giovedì 17 luglio 2008

PENSANDO A NOSTRO FIGLIO SIAMO FERITI DA QUELLA DECISIONE

Cosa pensate della decisione dei giu­dici di Milano?

Siamo rimasti senza parole. Quando fu pronunciata la sentenza della Cas­sazione, pensavamo che le due con­dizioni poste (volontà della paziente e irreversibilità della condizione) fos­sero una garanzia. E invece si è rive­lato tutto un escamotage, un sofisma. Nonostante nessun medico possa af­fermare con certezza che la situazio­ne di un malato non cambierà mai e nonostante la volontà attuale sia im­possibile da valutare. Io mi vergo­gnerei – dice papà Paolo – di testimo­niare a distanza di anni, dando per certe e assolute le opinioni di una gio­vane.

I genitori di Marcello, in stato vegetativo da dieci anni Così non si fa il bene della ragazza e si crea un vulnus nella tutela delle persone disabili • «Stimolazioni motorie e sensoriali: non lasciamo nulla di intentato perché si creino le condizioni per una risposta»
di Enrico Negrotti
Tratto da Avvenire del 16 luglio 2008



Sono increduli e sgomenti per la fine che potrebbe fare Eluana Englaro dopo il decreto della Corte d’Appello civile di Milano.

I co­niugi Elisa e Paolo non parlano solo per l’emozione che prende molti al­l’idea di questa giovane donna che potrebbe morire di fame e di sete, ma per esperienza diretta. Il loro figlio Marcello infatti, da dieci anni è in sta­to vegetativo: conseguenza verosi­milmente di una reazione alla vacci­nazione antiepatite: «Siamo feriti da una posizione che non comprendia­mo e che ci è totalmente estranea».

Cosa pensate della decisione dei giu­dici di Milano?
Siamo rimasti senza parole. Quando fu pronunciata la sentenza della Cas­sazione, pensavamo che le due con­dizioni poste (volontà della paziente e irreversibilità della condizione) fos­sero una garanzia. E invece si è rive­lato tutto un escamotage, un sofisma. Nonostante nessun medico possa af­fermare con certezza che la situazio­ne di un malato non cambierà mai e nonostante la volontà attuale sia im­possibile da valutare. Io mi vergo­gnerei – dice papà Paolo – di testimo­niare a distanza di anni, dando per certe e assolute le opinioni di una gio­vane.

Vedete riflessi sulla vostra situazio­ne?
Marcello aveva 13 anni quando è an­dato in coma, poi vicinissimo a morire più volte, e infine in stato vegetativo. Non poteva avere e­spresso opinioni a riguardo. Eppu­re noi siamo preoccupati: il caso di Eluana ci fa paura, perché ci sembra un prece­dente molto pericoloso. Non si fa il bene della ragazza, si risolve forse il problema per altri, ma si crea un vul­nus nella tutela delle persone disabi­li, che è già così debole.

Che cosa intende dire?
Noi viviamo in un paesino del Man­tovano, abbiamo qualche aiuto dal nostro Comune, qualche altro dalla Asl, rimborsi dalla Regione sugli ac­quisti di ausili. Ma non sempre bastano, le diffi­coltà sono molte, l’attenzione deve essere costante: inutile dire che nella vita di una famiglia si arriva facilmente a momenti di scoramen­to e talvolta di disperazione. Ma far morire il malato è la soluzione sba­gliata. Noi non lo comprendiamo as­solutamente: non solo per motivi di fede, ma per quei principi di umanità e rispetto per la vita che ci pare siano stati finora tralasciati dai giudici. Pro­prio perché viviamo accanto a nostro figlio, la decisione presa per Eluana ci risulta totalmente estranea.

Com’è la vita di vostro figlio in casa?
Noi dedichiamo tutte le nostre ener­gie a cercare di farlo stare il meglio possibile, anche se spesso abbiamo bisogno dell’aiuto di altri e compren­diamo che un ricovero può servire per staccarsi dal vissuto quotidiano. A parte le attività di base ( igiene, ali­mentazione), che sono imprescindi­bili, la giornata è scandita da attività motorie e di stimolazione sensoriale. Il fisioterapista viene tre volte alla set­timana, ma abbiamo anche realizza­to una piccola piscina casalinga che ci permette di fargli fare esercizi in ac­qua. Abbiamo acquistato una bici­cletta elettrica che ci consente di por­tarlo a spasso con percorsi più lunghi (anche qui in montagna dove siamo in vacanza). E quando non sono pos­sibili passeggiate in carrozzina, ma­gari per il maltempo, ci dedichiamo all’ascolto della musica, specie attra­verso le cuffie che assicurano una sti­molazione più diretta. Uno degli o­biettivi dei nostri sforzi infatti è pro­prio quello di non lasciare nulla di in­tentato perché si creino le condizio­ni per una risposta. Non sappiamo quello che Marcello comprende, ma il suo sguardo talora sembra perso nel vuoto, talora no. Noi guardiamo a no­stro figlio puntando su quello che ha, non su quello che gli manca. Ogni pic­colissimo miglioramento costituisce uno sprone ad andare avanti, è un’i­niezione di fiducia.



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