martedì 29 gennaio 2008

TESTIMONIANZA DI MASSIMO E LUISA DEL 2004

Metto questa testimonianza (anche se di qualche anno fa)perche' ritengo possa essere d'aiuto a tutti noi.
L'ho riletta piu' volte ma ogni volta e' come fosse la prima.
Massimo e Luisa sono nostri amici , l'anno scorso ad agosto e' nata Sara una nuova sorellina per Elisa ed Irene.

......la domanda che ti viene fuori è "Ma chi sei Tu??? Chi sei Tu???" cioè, chi sei Tu, Cristo, Dio, è una forte domanda di significato, rivolta a Uno.
Ed è proprio in quel periodo che, mi ricordo, tornavo a casa la sera dal lavoro e vedevo Elisa al suo posto, in cui era già evidente una diversità, specie paragonata a Irene che stava bene e faceva i suoi normali progressi di una bambina della sua età, e io guardando Elisa mi veniva da dire: "che Mistero grande che sei, Elisa, che Mistero grande che c'è in te", che voleva dire: "se non sono io che
posso spiegare e definire questo, Chi può farlo???". Allora, con questa domanda forte di significato, uno prova a mettersi in rapporto con questo Altro....


Milano, 26 settembre 2004 - Santuario di Santa Maria Alla Fontana.
Giornata di Inizio d'anno dell'Associazione "Famiglie per l'accoglienza" (Lombardia): testimonianza di Luisa e Massimo Carriero del gruppo Amici di Giovanni

il gruppo "Amici di Giovanni" (di seguito AdG) raccoglie un gruppo di famiglie accomunate dall'esperienza di avere un figlio disabile. Da qualche anno il gruppo AdG è parte integrante dell'Associazione Famiglie per l'accoglienza.
MASSIMO: Mi chiamo Massimo e lei è mia moglie Luisa. Siamo laureati in economia in Cattolica, ci siamo sposati nel marzo del 2000 e a giugno 2001 sono nate Elisa e Irene, due gemelle. Il più brevemente possibile, cercherò di raccontare i fatti, dicendo qual è stata la nostra esperienza.
Si è capito subito che era una gravidanza difficile, già a partire dal 4/5 mese. Poi, alla 32-esima settimana le hanno fatte nascere e subito dopo sono incominciati i problemi per Elisa: prima i problemi di respirazione, poi, dopo pochi giorni, è stata operata per la rottura della vescica. Dopo un mese dalla nascita, essendo ancora in ospedale a causa anche della prematurità, per cui sono state due mesi in ospedale per raggiungere il peso necessario, fu fatta la diagnosi: leucomalacia grave, cioè furono riscontrate delle lesioni cerebrali molto estese che sicuramente avrebbero riguardato le funzioni motorie. Infatti Elisa adesso, all'età di oltre tre anni, non è in grado di stare seduta da sola perché ha bisogno di ausili che la contengano anche solo per stare seduta. A maggior ragione, non gattona e non cammina. L'attuale diagnosi è di tetraparesi spastica distonica. Poi, sempre durante i primi mesi in ospedale, fu fatta una prima diagnosi di sordità, poi confermata, per cui Elisa ha una sordità profonda bilaterale, quindi senza nessuna protesi o ausilio Elisa non sente quasi niente.
La prima cosa che volevo dire è questa. Fin dai primissimi giorni in ospedale, dolorosissimi, perché Elisa è stata per diversi giorni tra la vita e la morte, dentro la grande sofferenza, mi era evidente una cosa: puoi essere piegato in due dal dolore, ma riconoscere di essere di fronte a Uno, di fronte a una Presenza. Questo, credo, è stato possibile per un INCONTRO CERTO capitato nella mia vita anni prima.
Di fronte alla diagnosi è innegabile che c'è uno shock iniziale, è un colpo forte, sembra che il mondo ti crolli addosso ma, devo essere onesto con me stesso, fin da subito riconosci la possibilità di una SPERANZA e di una FECONDITA'. Sì, mi vengono da dire proprio queste due parole: SPERANZA e FECONDITA'. Questo posso dire che è una specie di MIRACOLO perché, per chi mi conosce bene, sa che sono una persona ansiosa, paurosa, quindi poter stare in questo modo di fronte ad un fatto così era una cosa non immaginabile prima.
I primi mesi, comunque, li abbiamo vissuti come una ferita aperta, che brucia, brucia molto; in questo periodo senti il bisogno di cercare conforto, fisico e psicologico, in chi ti sta intorno, nei tuoi amici. Mi ricordo, in quel periodo, mi capitava di parlare della mia situazione quando mi andavo a confessare e alcuni preti parlavano di preferenza, scelta da parte di Dio nei nostri confronti. Io non so se è vero questo, mi sembrano parole molto grosse, ma sicuramente ciò che significò una svolta per noi in quel periodo fu un colloquio che avemmo con Giancarlo Cesana (era l'ottobre 2001) in cui lui diceva (facendo riferimento alla sua esperienza personale): "quando capita una cosa così grande, che non puoi spiegare e definire, la domanda che ti viene fuori è "Ma chi sei Tu??? Chi sei Tu???" cioè, chi sei Tu, Cristo, Dio, è una forte domanda di significato, rivolta a Uno.
Ed è proprio in quel periodo che, mi ricordo, tornavo a casa la sera dal lavoro e vedevo Elisa al suo posto, in cui era già evidente una diversità, specie paragonata a Irene che stava bene e faceva i suoi normali progressi di una bambina della sua età, e io guardando Elisa mi veniva da dire: "che Mistero grande che sei, Elisa, che Mistero grande che c'è in te", che voleva dire: "se non sono io che
posso spiegare e definire questo, Chi può farlo???". Allora, con questa domanda forte di significato, uno prova a mettersi in rapporto con questo Altro.
I primi mesi sono stati caratterizzati anche dall'ansia per le scelte da fare. Ci si trova a decidere molte cose: in quale centro svolgere la riabilitazione, quali terapie seguire, quali specialisti consultare. In quel periodo, mi ricordo, qualcuno mi aveva indicato gli "Amici di Giovanni" (AdG) e io, dato che in quel periodo ci trovavamo a dover decidere in quale centro mandare Elisa, mi ero incontrato con Paolo Arosio, responsabile degli AdG ma, mi ricordo, ero andato un po' con l'idea che lui mi dicesse quello che dovevo fare, cioè: se il problema è questo, si fa così, così e cosà. Mentre lui non si era sbilanciato in questo, anche perché era la prima volta che mi vedeva e conosceva poco di noi. Invece, mi ricordo bene, ad un certo punto mi disse questa frase: "noi ci troviamo insieme per capire quello che ci è successo", e questo, come dirò tra poco, lo capirò più avanti. In quel periodo, in realtà, ero preoccupato per l'ansia di quello che c'era da fare, cioè cercare di gestire e risolvere i problemi, per cui lasciai un po' cadere la proposta.
Andando un po' avanti nel tempo, capitò una cosa imprevista, cioè che io non avevo previsto. Nel mese di marzo 2002, quando Elisa aveva 9 mesi, le fu diagnosticata la Sindrome di West, che è una tipica forma di epilessia infantile, che rientra nel quadro clinico di bambini che hanno i problemi di Elisa. Tra l'altro, a distanza di tempo, si sta rivelando un dei problemi meno gravi. Il punto era "solo" di trovare il farmaco giusto, ma in quel momento per me fu un tracollo. Era come se io mi fossi attestato sui problemi già noti e non avessi previsto altro, e quindi non riuscivo ad accettare questo. Mi ricordo che passai diversi mesi molto arrabbiato, ero arrabbiato un po' con tutto il mondo, in particolare con Dio, perché non capivo quello che mi era successo, volevo capire e non capivo, non riuscivo a spiegarlo.
Voglio subito dire come ne sono uscito: mi ha ridestato uno sguardo diverso, notare una diversità che è l'Avvenimento che ri-accade, quasi nonostante te. Mi ricordo bene: eravamo ad una vacanzina del Movimento (era il luglio 2002) e io mi ero fermato una sera a parlare con un mio amico (che, di lì a poco avrebbe perso sua moglie per un male incurabile) il quale, raccontando della sua esperienza, mi aveva detto: "quello che mi colpisce di Cristo è il fatto che io, oggi, posso vedere come Lui si aggiusta i capelli", sì, aveva usato proprio questa espressione per spiegare come fesse evidente e presente alla sua vita l'Avvenimento di Cristo attraverso dei volti umani. Mi ricordo che quella sera ero andato a letto pensieroso, e mi barcamenavo tra due pensieri: da un lato pensavo che lui fosse un mezzo pazzo visionario, dall'altro pensavo che, se era vero quello che lui diceva di sé (e non c'era motivo per pensare che non fosse vero), quella posizione era lontana da me anni luce.
In realtà, pochi giorni dopo, accadde l'impensabile. Oserei dire che l'Avvenimento ri-accadde quasi nonostante me perché io ero proprio in una posizione che apparentemente non aveva una via d'uscita, perché io volevo capire, comprendere quello che mi stava succedente, e non ci riuscivo. Invece, non so spiegarlo bene ma, molto semplicemente, ho incontrato una persona, uno sguardo diverso, uno sguardo umano che, semplicemente stando con me, facendomi delle domande, guardando Elisa in un modo diverso, mi ha completamente ribaltato. Mi ha proprio ribaltato. Non è stato un sentimentalismo perché io in quel periodo ero tutto tranne che sentimentale, ero arrabbiato perché non capivo, ma fu una COMMOZIONE, letteralmente una commozione, perché infatti, quell'Avvenimento lì, da allora mi ha mosso, mi ha mosso verso la realtà.
Di fatto, dentro tutti i limiti e le dimenticanze, non posso non dire che da quel momento lì sto imparando a muovermi, a prendere sul serio tutto quello che mi accade, a non lasciare passare le cose, ad andare al fondo nel rapporto con Elisa, con mia moglie, con i miei amici, al lavoro. Credo che sia quello che leggevamo l'altra sera alla SdC quando Carron, nell'introduzione alle Vacanzine Internazionali di quest'anno, riprendendo don Giuss, parlava di "impegno autentico, interesse e curiosità al reale totale".
Mi ricordo che tornammo dalle vacanze estive con questo desiderio forte e ne parlavamo con Padre Marco Pagani, un sacerdote missionario del PIME, nostro amico carissimo, che ci ha sposati (recentemente tornato in missione in Camerun), al quale raccontavamo di questo nostro desiderio grande di significato. E mi ricordo che lui, che conosceva gli Amici di Giovanni grazie ai suoi amici
Claudio e Silvia Pozzi di Lecco (che hanno scritto anche un libro raccontando della loro esperienza) ci disse: "secondo me quello degli AdG è un luogo che vi può sostenere in questo". Inoltre, lo dico molto onestamente di fronte ad alcuni miei amici che sono qui oggi, con cui faccio la fraternità, spesso ti sembra che il disagio e la fatica che tu vivi, nonostante la loro buona volontà, non sia compresa dagli altri, ti sembra che non abbiano questa sensibilità. Mi sembrava proprio che non mi capissero, anche perché oggettivamente non vivevano quello che stavo vivendo io, che è un'esperienza comunque molto personale, legata alle circostanze specifiche.
Quindi iniziammo ad andare alle giornate di convivenza con gli AdG. Io sicuramente avevo molto chiaro cosa NON volevo che fosse quel luogo. Scusate se mi lascio andare a questi esempi: non so se avete presente il film "Fight Club", ambientato in America, in cui un personaggio all'inizio del film, per riempire la sua vita, frequenta tutti quei ritrovi, ex-alcolisti, vedovi, genitori che hanno perso i figli: in questi posti ognuno tira fuori quello che ha e poi, alla fine, tutti si abbracciano e si stringono per consolarsi a vicenda. Ecco, io non volevo che quel luogo fosse così, non volevo un pietismo.
Ed infatti non si è rivelato questo. Innanzitutto, ancora una volta devo parlare di Avvenimento inaspettato. Perché non è scontato quello che è nato con alcuni, l'amicizia inaspettata con loro, proprio perché uno alla fine si ricorda sempre di uno sguardo, si ricorda delle facce. E noi andavamo via dai momenti di convivenza avendo in mente alcune facce e alcuni sguardi. Non è scontato perché non è scontata la diversità tra di noi: diversità di età, di storia, di esperienza all'interno del Movimento.
Il motivo per cui accade è questo: tra di noi, si mette a tema il DESIDERIO DI FELICITA', per noi e per i nostri figli, rispetto a quello che ci è successo, ma senza giungere a compromessi su questo, andando fino in fondo a questo desiderio.
A questo punto passo la parola a mia moglie che, meglio di me, spiegherà cosa significa questo e che peso ha per noi la parola DESIDERIO.
LUISA : La nostra storia con Elisa mi ha insegnato e mi insegna che la realtà è fatta da un Altro e che è totalmente altro da me. Il modo con cui approcciarsi a Elisa è quasi sempre diverso da quello che avresti in condizioni normali. Faccio un esempio: per far aprire la mano ad Elisa per afferrare una cosa devi paradossalmente chiuderla così che lei distenda le dita. Ora, siccome io amo moltissimo mia figlia, questa DIVERSITA', questa ALTERITA', mi sembra bellissima e arrivo ad amarla. E questo è come paradigmatico, sì, il rapporto con Elisa per me è proprio paradigmatico perché spero che amare così lei mi aiuti ad amare altre diversità che invece faccio fatica ad accogliere, per esempio la diversità di mio marito.
Riguardo alla questione del desiderio, grazie agli amici più grandi fra gli AdG, e grazie agli spunti che la dott.ssa Aliverti ci ha dato, stiamo imparando a non avere paura del desiderio, anzi a sostenerlo e alimentarlo. In particolare, la dott.ssa Aliverti, incontrata attraverso gli AdG, all'inizio ci colpiva perché aveva una stima di nostra figlia che era più grande della stima che avevamo noi. Quindi, il desiderio sotto due aspetti:
1. il desiderio di Elisa, perché riconosciamo in lei una capacità di desiderare e vogliamo sostenerla in questo desiderio che è di felicità.
2. il nostro desiderio su di lei che è totale, è il più ampio possibile. E grazie all’esempio dei nostri amici più grandi sappiamo che è possibile non mollare e sostenere questo desiderio senza cedere alla paura di un esito negativo. Questo significa che noi chiediamo a Elisa tutto e non ci limitiamo e farle fare le quattro cose che sa fare per evitare di rimanere delusi. Infatti il rischio è che con una bambina come Elisa uno abbassi un po' il tiro perché pensa che tanto Elisa potrà arrivare fino a un certo punto. Invece il punto è proprio di sostenere il desiderio, suo (di Elisa) e nostro.
MASSIMO: rispetto a quest'ultima cosa sul desiderio vorrei aggiungere solo questo. Mi ha colpito, nel libro del Claudio e della Silvia Pozzi (dove loro raccontano della loro esperienza con Giuseppe), proprio questo aspetto relativo al desiderio. Perché per tutto il libro, mi colpisce la loro posizione di
non fermarsi mai di fronte alle cose, ma di andare sempre al fondo di tutto, prendendo in considerazione fino in fondo il desiderio di felicità loro e di Giuseppe.
Poi, volevo dire che con gli AdG ci si aiuta anche sugli aspetti "tecnici". E' stato creato uno "sportello" di aiuto per le famiglie, con specialisti, nostri amici, esperti di varie problematiche. Ma, anche qui, l'orientamento e le scelte delle famiglie non sempre coincidono. Ne abbiamo avuto conferma non più tardi di domenica scorsa quando, tornando da una giornata di convivenza a Reggio Emilia, la Luisa mi raccontava delle idee scambiate con altre mamme, madri di figli che più o meno hanno gli stessi problemi di Elisa riguardo alla motorietà. E, anche lì, le scelte a volte sono differenti, ma non è questo il punto, cioè il punto non è quello di saper gestire i problemi, ma di avere una ragione adeguata per starci di fronte. Questa ragione è il DESIDERIO e la PASSIONE per il DESTINO NOSTRO e dei NOSTRI FIGLI, ma non domani, ADESSO. Perché, specie all'inizio di questa avventura, hai la tentazione di pensare: adesso mi concentro e provo a gestire i problemi, poi arriverà un momento in cui sono più tranquillo e allora potrò aderire con più facilità al resto, al Movimento, o a tutto quello che volete. Ma non è così, anche perché con il passare del tempo i casini, se possibile, aumentano, non diminuiscono. Allora uno capisce che l'adesione è QUI ed ORA.
Comunque, siamo su una strada che, se Dio vuole, è ancora agli inizi. Elisa ha solo tre anni, e non sappiamo dove ci porterà, dal punto di vista degli esiti e delle circostanze. Inoltre, le circostanze ci sollecitano molto: in questo periodo ci troviamo di fronte a diversi consulti medici, per decidere, ad esempio, come aiutare Elisa ad iniziare a dire qualche parolina di senso compiuto. Lei, nel febbraio del 2003, è stata operata all'orecchio destro e le è stato messo un impianto cocleare, per cui da quella parte sente bene, però adesso aspettiamo che inizi a dire le sue prime paroline. Oppure, stiamo facendo consulti medici per poterle iniettare nei muscoli il botulino, in modo tale da detonificare gli arti inferiori e provare ad iniziare a metterla in piedi, anche per capire se ci sono delle possibilità, ad esempio rispetto al fatto di poter stare in piedi e forse, in futuro, avere la possibilità di camminare. Però, e qui mi avvio a concludere, siamo su questa strada per un motivo bene preciso, che cercherò di dire leggendo un pezzo che esemplifica. Dicevo, siamo su questa strada per un motivo, che è la cosa che mi sta più a cuore in assoluto, è quello che desidero: che MISTERO e SEGNO coincidano, come ci ha detto tante volte il don Giuss. Cioè che le circostanze siano sempre di più la possibilità di riconoscere un Altro, che dentro le circostanze si possa intravedere qualcos'altro.
E' un pezzo della lezione di Carron alle Internazionali del 2003, che mi aveva colpito tantissimo quando lo avevo letto. Parla dell'APPARENZA. Perché l'apparenza, quello che accade, quello che abbiamo di fronte, puoi fermarti lì, e allora, se l'apparenza è così faticosa, uno può cadere nella disperazione (a me non è mai successo) oppure nell'arrabbiatura. Oppure l'APPARENZA è la possibilità di intravede Altro.
Leggo il pezzo di Carron, che riprende il don Giuss in "Affezione e dimora":
"Ma non basta la meditazione di testi o la lettura di un romanzo sull'amore. Occorre un avvenimento, occorre la commozione: il test che noi siamo arrivati all'Essere è questa commozione. Possiamo essere esperti del discorso, ma quanti tra noi sono commossi? L'Essere si comunica soltanto attraverso la commozione che produce in noi. Non c'è un altro modo.
Allora tutto - le montagne, la donna, le circostanze, il disastro (un figlio disabile, aggiungo io) -, tutto è la modalità, la forma con cui l'Essere mi chiama, si comunica e mi chiama dal fondo di questo focus ineffabile. <>.
Il lavoro da fare - l'educazione che ci manca, dopo quattro secoli di razionalismo, di blocco nell'apparenza - è arrivare a questo focus, perché l'apparenza, la forma, <<è il primo manifestarsi di ciò che è per sempre>>, come si legge in Affezione e dimora. E' veramente una cosa dell'altro mondo: l'apparenza non è preludio al niente, inganno, vanità (talvolta, una figlia disabile può apparire come un inganno della realtà) "l'apparenza" <>, proprio perché ti rimanda all'Altro. Questa è la maturità: <>, al cuore.
Grazie!

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