martedì 29 gennaio 2008

LETTERA DI DON JULIAN CARRON

Cari amici,

domenica 20 gennaio tanti di noi si sono recati per un moto spontaneo, come sorto dall’intimo del cuore, a Piazza San Pietro in segno di comunione col Vescovo di Roma, che per le note vicende aveva rinunciato a partecipare all’inaugurazione dell’anno accademico all’università La Sapienza, dove era stato invitato. Non c’è dubbio che questa vostra mossa è stata il frutto dell’educazione del Movimento a rispondere alle provocazioni della realtà.
La prontezza nella risposta è qualcosa di cui dobbiamo ringraziare Dio, perché è segno dell’incidenza che ha su di noi «quella forma d’insegnamento alla quale siamo stati consegnati» (J. Ratzinger). Infatti non c’è altra spiegazione di questa mobilitazione spontanea, se non la consapevolezza del valore che la figura del Papa ha per la nostra vita.

In lui il Signore risorto comunica la Sua vittoria nel tempo e nello spazio della storia umana. Senza la testimonianza autorevole del Successore di Pietro noi saremmo smarriti come tanti nostri contemporanei: l’udienza del 24 marzo dello scorso anno ne è stata una documentazione imponente e segnerà la nostra storia per sempre. Perciò la sequela al Papa coincide con la sequela al contraccolpo della Sua presenza. Ed esige da noi l’impegno di ragione e libertà.
Noi l’abbiamo potuto toccare con mano quando è stato reso pubblico il mancato discorso di Benedetto XVI all’università. In lui risplende quel «compito di mantenere desta la sensibilità per la verità». È la sua testimonianza incrollabile che costituisce per noi la speranza di non soccombere al pericolo del mondo occidentale, da lui denunciato, di arrendersi «davanti alla questione della verità», perché noi sappiamo bene che «se la ragione diventa sorda al grande messaggio che le viene dalla fede cristiana e dalla sua sapienza, inaridisce come un albero le cui radici non raggiungono più le acque che gli danno vita». E in questo modo la ragione «perde il coraggio per la verità» e si rassegna.

Questa grande testimonianza del Santo Padre costituisce per ognuno di noi un eccezionale richiamo a usare la ragione così. Egli ce l’ha offerta in contemporanea con l’inizio della nuova Scuola di comunità sul libro di don Giussani Si può vivere così?, le cui prime pagine trattano della fede come “metodo di conoscenza”. Noi siamo i primi a sentire il bisogno di un’educazione che ci consenta di conoscere la realtà fino in fondo, ad avvertire l’urgenza di cominciare un cammino di conoscenza che ci renda familiare il Mistero. A tre anni dalla sua morte, domandiamo a don Giussani di continuare a farci compagnia sulla strada che ci ha tracciato.
È seguendo la proposta fatta a noi dalla Scuola di comunità che potrà diventare sempre più nostro quello sguardo totalmente spalancato al reale che ammiriamo nel Papa. Soltanto percorrendo quella strada possiamo veramente conoscere, attraverso il testimone, la realtà di cui parla la fede cristiana.
Questa passione per la ragionevolezza della fede ci è tanto familiare perché don Giussani non ha mai barato con noi, incoraggiandoci ad andare verso la verità in modo tale che la nostra adesione di fede sia dignitosa per la nostra natura di uomini.
Uniti più che mai in questa avventura

don Julián Carrón

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