giovedì 31 gennaio 2008

ELEMOSINA IL PAPA SPIAZZA ANCORA


Senza la gioia di do­nare, una società non riesce a far fronte nemmeno alla necessità dello sviluppo e della cre­scita.


Il messaggio per la Quaresima
di Davide Rondoni

Tratto da AVVENIRE del 30 gennaio 2008

Come uno che, mentre la folla si dirige in un senso, va dall’altra parte. E però, mostrando il volto alla folla controcorren­te, ridesta in coloro che lo osservano qual­cosa di grande: un desiderio, un ricordo. Sembra questo il destino del cristiano di oggi. Lo si vede anche leggendo il messag­gio per la Quaresima di Benedetto XVI.



Mentre tutti parlano di crisi economica, di difficoltà a guadagnare abbastanza, di spre­chi della politica e di prezzi alle stelle per il gas come per i quadri d’arte, ecco che il Pa­pa si mette a parlare dell’elemosina.

Anco­ra prendendo in contropiede, ma ancora rammentando a tutti qualcosa di essen­ziale. Senza l’essenziale, infatti, ogni preoc­cupazione anche legittima e giusta – come quella di cavarsela con i soldi – rischia di tra­sformarsi in ansia quasi patologica degli in­dividui e della società. Perciò, mentre tutti si preoccupano dei soldi, il Papa ci parla dell’elemosina. Di quel gesto che si com­pie per aiutare il povero e per rammentar­si che non siamo padroni della vita e dei suoi beni. E per ricordarci quella verità straordinariamente semplice e che però spesso dimentichiamo: c’è più soddisfa­zione nel donare che nel ricevere. Il che e­quivale a dire che la natura umana è fat­ta per amare.

Senza la gioia di do­nare, una società non riesce a far fronte nemmeno alla necessità dello sviluppo e della cre­scita.
L’elemosina è un gesto realista, non eccezionale. Realista perché prende atto che il bisogno dei poveri intorno a noi è tale che tante nostre pretese e lamenti suonano spesso addirittura indegni. E si tratta di un gesto non eccezionale, perché dovrebbe avvenire, come ricorda il Vange­lo, senza che la mano sinistra sappia cosa fa la destra.
Il Papa, dopo aver ricordato che i beni ci vengono dati per aiutare tutti, insiste sul ri­schio di quel che chiamerei 'carità-spetta­colo'.
Ovvero, la tendenza in una società dell’immagine a usare anche un’opera di elemosina per avere un tornaconto di au­topromozione. Mentre, insiste con pacata fermezza Benedetto XVI, la carità implica l’atteggiamento interiore e, dunque, di­screto di una conversione a Cristo. L’ele­mosina fatta con il cuore gonfio di vana­gloria è fuori del Vangelo. Fare la carità non è filantropia strombazzata ai quattro ven­ti. Gesù come esempio di carità non porta l’azione eccezionale di qualche filantropo, ma il gesto dell’unica moneta donata al tempio dalla vedova povera. Lei a Dio offre tutto di sé, certi filantropi danno il surplus e a patto che si parli molto di loro.

Il Papa, nel suo messaggio, ricorda quei tan­ti che nel nostro popolo in modo discreto, a volte anonimo, aiutano il prossimo. L’Ita­lia dei bisognosi, dei veri indigenti – di qua­lunque razza –, deve la propria sussistenza molto di più a tante persone come la 've­dova povera' che a Istituzioni e a filantro­pi da spot televisivo.

Con sano realismo, il cardinale Cordes, pre­sentando il documento papale, ha inoltre richiamato il fatto che negli organismi ec­clesiali dedicati alla carità la percentuale delle offerte raccolte usata per le spese am­ministrative oscilla tra il 3% e il 9%, mentre in tante istituzioni filantropiche si arriva a volte al 50%.

Di recente, anche alcuni noti uomini di cul­tura si sono interrogati su che cosa signifi­chi aiutare il prossimo. Un grande scritto­re, penna di punta di un grande quotidia­no laico (e laicista), Pietro Citati, ha rac­contato del suo normale gesto di elemosi­na. Non lo ha fatto certo per vanagloria, ma per ricordare quanto tali gesti semplici for­mano la qualità della vita e dell’anima. Nel più fine intellettuale come nel più illettera­to. Infatti la Quaresima di cui parla il Papa è proposta a tutti. Momento in cui ci si sco­pre poveri tutti. E bisognosi tutti, mendi­canti di Cristo e dei fratelli.



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