venerdì 2 gennaio 2009

QUALITA' E SIGNIFICATO: IL SIGNIFICATO DELLA QUALITA' E' UNA PRESENZA














......Nella nostra esperienza quotidiana di assistenza al paziente ci rendiamo conto che la domanda di significato è altrettanto importante che quella di salute. Se non è possibile misurare il significato della vita così come si misura la glicemia, è tuttavia sperimentabile in un rapporto umano di condivisione. Questo è tanto più attuale in questo periodo dell’anno in cui il Significato si è fatto presente come realtà umana visibile, toccabile: si è fatto spazio nella vita di molti di noi.....


Tratto dal sito di medicina e persona

In un recente articolo del Journal of Medicine and the Person (Vol. 6, settembre 2008) Carolyn Ellis asserisce che “Il paradigma dominante della scienza medica è un orientamento metodologico empiricista che cerca predizione e controllo basandosi su osservazioni cliniche, analisi e interviste. Questa strategia di ricerca produce informazioni utili, ma induce a organizzare l’esperienza clinica in sistemi che minimizzano il significato di quegli aspetti dell’esperienza che non possono essere facilmente ridotti a concetti o a conoscenza astratta



. Così la frustrazione, l’ambiguità, il dolore, la sofferenza e la confusione associati alla ricerca di un significato sono oscurati da astrazioni, categorie e misure che soddisfano il bisogno di controllo, ordine e stabilità. Ironicamente, la “conoscenza” prodotta da questo atteggiamento scientista elimina l’esperienza emozionale e corporea in un’area della vita – malattia, morte e fine vita – dove l’emozione e l’esperienza fisica predominano”. Un approccio più completo alla ricerca sulla qualità della vita include il problema del significato (G. Cesana, editoriale Vol 6, nr 3, settembre 2008): è evidente la necessità di misurare nella qualità, al di là di dati ovvii, anche il senso profondo dell’agire.

Nella letteratura scientifica è già in atto il tentativo di misurare il “significato della vita” (meaning in life, MiL) con i medesimi strumenti utilizzati per rilevare la qualità della vita: uno di questi approcci metodologici, lo SMiLE, viene adottato in vari ambiti di applicazione da gruppi di ricercatori tedeschi e svizzeri. Lo SMiLE è applicato sia su soggetti sani, che nei pazienti con tumore e in psico-oncologia. La ricerca in soggetti sani ha messo in evidenza che gli indicatori più importanti e le risposte fornite in questi items variano a seconda dell’età. Gli indicatori più importanti rilevati dallo SMiLE per misurare la qualità della vita sono: l’amicizia, l’area degli affetti e della relazione, la soddisfazione sul lavoro, la salute, i valori di altruismo, spiritualità, e religione (Fegg et al, Health and Quality of Life Outcomes, Novembre 2007). Uno studio recente in pazienti con tumore (Stiefel et al, Support Care Cancer, Ottobre 2008) riporta che le aree più importanti sono quelle della relazione interpersonale, e che la soddisfazione dei pazienti in queste aree è analoga a quella dei soggetti sani.
La metodologia statistica di questo strumento è particolarmente complicata perché prende in considerazione il tipo di valore, il suo peso e il livello di soddisfazione, e riflette la difficoltà di riportare in numeri un dato dell’esperienza sensibile che sfugge alle categorie “scientifiche”. Infatti l’ultimo lavoro citato terminava dicendo che “…ulteriori studi sono necessari (…) per approfondire la nostra conoscenza di questo aspetto tipicamente umano, che è così facile da percepire e così difficile da afferrare” (so easy to perceive, and so difficult to grasp).

Al di là di formule, validazioni e algoritmi, la questione è aperta e attraversa tutta la medicina contemporanea: già nel 1998 l’autorevole New England Journal of Medicine riportava che il 47% dei medici che avevano ricevuto una richiesta di suicidio assistito citava la perdita di senso della vita come il principale motivo della richiesta (NEJM 1998;338:1193).
La mostra sulla qualità della vita che Medicina e Persona ha presentato al Meeting di Rimini e che sta girando negli ospedali di tutta Italia, documenta in modo impressionante che il desiderio di significato dell’uomo è infinito, e che la malattia, invece che ridurlo, lo esalta. Mario Melazzini ripete che “…non è l’accanimento terapeutico che deve spaventare, ma l’accanimento con cui si cerca di censurare la domanda di senso all’esperienza dell’uomo, che ormai soffocata in tutti gli ambiti della vita, emerge irriducibile nella malattia”.

Nella nostra esperienza quotidiana di assistenza al paziente ci rendiamo conto che la domanda di significato è altrettanto importante che quella di salute. Se non è possibile misurare il significato della vita così come si misura la glicemia, è tuttavia sperimentabile in un rapporto umano di condivisione. Questo è tanto più attuale in questo periodo dell’anno in cui il Significato si è fatto presente come realtà umana visibile, toccabile: si è fatto spazio nella vita di molti di noi.

Buon Natale.

Editoriale a cura di M. Bregni.
La Redazione

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