martedì 11 novembre 2008

GLI IDEALI AMERICANI

....Per riprendere forza l'America non guarda al passato, non guarda indietro, guarda in alto, a Dio. Da lì sente venire «la speranza indomita» e «la chiamata», come ha detto il neopresidente Obama con un termine che sarebbe impossibile ascoltare sulla bocca di qualunque statista europeo. Da qui, dunque, il tono sempre obbligatoriamente profetico-visionario che in modo del tutto naturale prendono in quel Paese la «grande» politica e il suo discorso pubblico......


Gli ideali americani
di Ernesto Galli Della Loggia
Tratto da Il Corriere della Sera del 9 novembre 2008



«La vera forza della nostra nazione non scaturisce dalla potenza delle nostre armi o dalla misura delle nostre ricchezze, ma dal richiamo intramontabile dei nostri ideali: democrazia, libertà, opportunità e una speranza indomita».

E’ racchiuso in queste parole, pronunciate da Barack Obama a Chicago, la notte della vittoria, il senso più vero della sua elezione alla presidenza degli Stati Uniti: il «richiamo intramontabile dei nostri ideali». Un'elezione che nella sua essenza non possiede tanto un carattere estrinsecamente politico, non ha tanto a che fare con le categorie di liberal, di progressista, o quant'altro, ma esprime piuttosto lo straordinario bisogno della comunità americana di sentirsi intimamente animata e guidata da un'alta ispirazione ideale, e insieme la sua capacità e il suo modo peculiarissimi di soddisfare tale bisogno nei momenti di crisi, d'incertezza, quando diviene chiaro che bisogna affrontare nuovi compiti, intraprendere un cammino nuovo.

A ogni nazione capita in tali momenti di fare appello ai motivi e ai valori del proprio stare insieme: di richiamarsi cioè alla propria storia e alle sue ragioni. Le quali ragioni, tuttavia, proprio perché legate alla storia, al tempo e al suo trascorrere, sono anche, inevitabilmente, soggette spesso a consumarsi e a corrompersi. Con il risultato che il richiamarsi ad esse finisce per suonare vuoto e retorico, risultando alla fine del tutto inefficace e magari politicamente controproducente. Nel caso degli Stati Uniti ciò non avviene. Avviene anzi il contrario, avviene cioè che il richiamo al passato si manifesti costantemente come eccezionale risorsa politica, per una ragione che chiunque ha potuto percepire con chiarezza guardando le immagini della notte magica di Chicago. Perché esso non è propriamente un richiamo alla storia, a «una» storia, ma è il richiamo a una fortissima ispirazione originaria di carattere ideale, a quella ispirazione costituita dalla religione, dal Cristianesimo nella sua declinazione biblico-giudaica propria del Protestantesimo.

Per riprendere forza l'America non guarda al passato, non guarda indietro, guarda in alto, a Dio. Da lì sente venire «la speranza indomita» e «la chiamata», come ha detto il neopresidente Obama con un termine che sarebbe impossibile ascoltare sulla bocca di qualunque statista europeo. Da qui, dunque, il tono sempre obbligatoriamente profetico-visionario che in modo del tutto naturale prendono in quel Paese la «grande» politica e il suo discorso pubblico. Da qui anche—cosa ben più importante — la costante spinta alla «grandezza» che riceve la politica, sollecitata, specie nei momenti di crisi, a essere all'altezza dell'originaria ispirazione religiosa che presiede all' esistenza della comunità. Sollecitata altresì a trovare personalità nuove e carismatiche capaci di incarnare e dare voce a quell'ispirazione. Sempre da qui, infine, un altro fenomeno di straordinario rilievo: cioè il fatto che negli Stati Uniti, come è per l'appunto avvenuto con la recentissima vittoria dei democratici, ogni proposta di cambiamento, di riforma, anche quella dalla portata più radicale come l'elezione di un nero alla guida del Paese, è in grado di presentarsi facendo appello all'ideale originario.

E’ quindi in grado di presentarsi sempre in una veste rassicurante, in certo senso di conservazione, non divisiva, ma anzi capace di aggregare dietro di sé una vasta maggioranza. Negli Usa ogni rivoluzione si presenta nella sostanza come una restaurazione: è l'adempimento dell'antica «promessa» giudaico-cristiana che si manifesta nella «speranza indomita» nei valori universali della persona umana. Tutto ciò sottolinea la siderale distanza che ci separa, che separa tutti noi europei, di destra, di centro e di sinistra, dal panorama umano e storico che si stende tra i due oceani. All'origine delle nostre comunità politiche non ha potuto esserci alcun covenant, alcun patto religioso, alcuna promessa di «una città sulla collina»: e forse è proprio per questo che oggi ci tocca assistere allo spettacolo paradossale di tanti portabandiera del laicismo nostrano che piegano le ginocchia, rapiti, davanti al nuovo Mosè d'Oltreatlantico.

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