giovedì 13 novembre 2008

IL CORAGGIO DELL'AMORE

....Ma intanto, mentre si prega che un de­stino misericordioso riporti a casa le due suore, il pensiero si sofferma ancora, con stupore, su quei loro oltre ses­sant’anni. L’età in cui 'noi' andiamo in pensione, ci curiamo gli acciacchi e non ci spingiamo, nei viaggi, oltre la riviera adriatica. E queste donne invece, e tan­te come loro, ancora nel cuore della bat­taglia. Non madri, eppure più madri di molte. A El Wak e nelle altre buie terre di nessuno il mistero più grande non è il rapimento: ma donne e uomini, che vogliono restare.....

di Marina Corradi
Tratto da Avvenire del 11 novembre 2008

Un commando di uomini armati che piomba come uno stormo di rapa­ci, nella notte, su un villaggio al confine tra Kenya e Somalia. Spari, razzie, grida, stridore di pneumatici d’auto che par­tono a tutto gas.

Africa - mer 12 nov



La notte di fuoco a El Wak è confusa, nelle testimonianze dei pochi che terrorizzati da dietro le fine­stre hanno visto. Di certo c’è che all’al­ba in quell’agglomerato polveroso di ca­se di frontiera mancano due italiane. Ra­pite da banditaglia alla famelica ricerca di un riscatto, o nella logica di terra da nessuno che quest’angolo tra la Soma­lia e il Kenya è diventato, e che non vuo­le occhi stranieri a testimoni?

Caterina Giraudo, da Boves, e Maria Te­resa Olivero, da Centallo, hanno 67 e 59 anni. Dai dati anagrafici potresti imma­ginare due signore con i capelli grigi, nella quiete sonnolenta della campa­gna cuneese. Invece sono suore del­l’Ordine contemplativo missionario Charles de Foucauld, da ben 25 anni in Africa. Non se ne sono andate da laggiù per la guerra, né per la guerriglia triba­le che si allarga incontenibile nel mo­mento in cui ogni ordine sociale è can­cellato e i profughi vagano abbandona­ti. Due donne anziane in un universo senza tetto né legge, a duecento chilo­metri dalla prima città, a un mondo dal­l’Occidente. In mezzo a una popolazio­ne islamica che tuttavia le amava: per­ché si prendevano cura dei figli malati, tubercolotici, o epilettici – quella ma­­lattia che ancora in molte culture afri­cane è temuta come la oscura maledi­zione di un dio. Le suore sono dunque rimaste laggiù, quando molti degli occidentali hanno ragionevolmente dovuto andarsene. Possiamo immaginare che non se la sia­no sentite di abbandonare la loro gen­te, i loro malati, proprio in un momen­to in cui la situazione sembra così di­sperata. Si abbandonano, forse, i figli?

Il restare tenacemente in quel cantone d’Africa tanto lontano da ogni memoria di civiltà e di diritto si spiega solo così: non si abbandonano i figli, e tanto me­no nell’ora peggiore. Solo una logica di maternità dà ragione del testardo non partire di queste donne, come di mol­tissime altre nel Terzo mondo, pure nel­l’epicentro della violenza cieca - quan­do un minimo buon senso imporreb­be il ritorno. Maternità e paternità co­me imperativo di un rimanere, che ai più sembra inconsulto.

Per farsi capire da 'noi', a volte i mis­sionari ti fanno un esempio: «Ma se ne andrebbe da una città in guerra – chie­dono –, se i suoi figli avessero bisogno di lei?». E normalmente l’interlocutore risponde di no; e però quei disperati, quei morti di fame, tenderebbe uma­namente a obiettare, «non sono vostri fi­gli». Non secondo la carne, certo – l’u­nica paternità e maternità che la mag­gior parte degli uomini comprende. Ma testimoniano, le migliaia di missionari che vanno, e rimangono, in terre ab­bandonate e feroci, di un’altra mater­nità e paternità, possente e radicale co­me e più che quella del sangue.

E dunque Caterina Giraudo da Boves, Cuneo, e Maria Teresa Olivero da Cen­tallo, sono cadute nelle mani di guerri­glieri, o banditi. Si può sperare, si deve sperare di salvarle, in un passaparola popolare che di bocca in bocca rag­giunga i sequestratori: non toccatele, curano i nostri figli, sono nostre amiche. A volte i missionari devono molto a que­sta umile gratitudine di sconosciuti.

Ma intanto, mentre si prega che un de­stino misericordioso riporti a casa le due suore, il pensiero si sofferma ancora, con stupore, su quei loro oltre ses­sant’anni. L’età in cui 'noi' andiamo in pensione, ci curiamo gli acciacchi e non ci spingiamo, nei viaggi, oltre la riviera adriatica. E queste donne invece, e tan­te come loro, ancora nel cuore della bat­taglia. Non madri, eppure più madri di molte. A El Wak e nelle altre buie terre di nessuno il mistero più grande non è il rapimento: ma donne e uomini, che vogliono restare.

Nessun commento: