martedì 27 novembre 2007

IL PAPA SCRIVE DI SPERANZA E OSSERVA ROMA

di Paolo Rodari

La scelta della data di uscita è significativa. Venerdì 30 novembre, festa di sant’Andrea e, insieme, ultimo giorno utile prima dell’inizio dell’Avvento che comincia sabato primo dicembre, con la recita dei primi vesperi. L’Avvento: per i cristiani tempo di attesa e di speranza e, quindi, tempo perfetto per l’uscita della seconda lettera enciclica di Benedetto XVI dedicata proprio alla seconda delle virtù teologali, la speranza, e intitolata Spe salvi (salvi nella speranza).

Nella speranza cristiana, per la quale il futuro può essere guardato da credenti senza paura in virtù della fiducia che si ripone nello Spirito di Dio.




Una coincidenza: per la Chiesa, questa non è solo la settimana dell’enciclica. È anche la settimana della discussione e della votazione in Campidoglio - si comincia alle dodici di quest’oggi presso la commissione consiliare competente - della proposta di delibera popolare sull’istituzione di un registro delle unioni civili. Le firme, infatti, vennero presentate lo scorso 5 luglio e la discussione e la votazione deve avvenire entro sei mesi dalla presentazione.

È inutile dire che si tratta di un voto che preoccupa il Vaticano ma soprattutto il vicariato di Roma e la conferenza episcopale italiana timorose, nella sostanza, che possano rientrare dalla finestra (e proprio a Roma) quelle unioni civili che la Chiesa ha tanto osteggiato, innegabilmente con successo, almeno in Parlamento.

Ma i tempi della Chiesa non sono quelli del mondo e non sarà certo la preoccupazione per il voto in Campidoglio a creare intoppi all’uscita della seconda enciclica di Benedetto XVI.

Dopo la prima enciclica resa nota nel gennaio del 2006 e dedicata alla terza virtù teologale, la carità - il tema fu scelto da Wojtyla prima che morisse e papa Ratzinger lo fece suo - Benedetto XVI dedica la sua seconda enciclica (una lettera che il Papa rivolge ai vescovi e a tutti i fedeli della Chiesa) ancora a una tematica dottrinale seppure non è escluso che al suo interno vi siano accenni e sviluppi incentrati anche su altri temi.
In particolare, anche in questa enciclica, come fu nella Deus Caritas Est, Ratzinger potrebbe dedicare qualche capitolo alle tematiche sociali, quelle stesse tematiche che da più parti si riteneva avessero dovuto costituire l’impianto della seconda enciclica di Ratzinger.

E invece no. Le tematiche sociali e la globalizzazione saranno l’oggetto di una futura terza enciclica, dopo la quale, tuttavia, ne potrebbe seguire addirittura una quarta dedicata alla prima virtù teologale: la fede. E così il trittico fede-speranza-carità sarebbe completo. Anche perché, parlare dei temi sociali avendo prima approfondito l’essenza dell’impianto dottrinale è meglio ed è cosa tipica del pensiero di questo Pontefice per il quale, prima della pratica, viene la teoria. Prima delle ripercussioni sociali della fede, viene la dottrina sulla quale questa fede si fonda.

Secondo alcune indiscrezioni raccolte la Spe salvi dovrebbe essere ampia almeno tanto quanto la Deus Caritas Est. Benedetto XVI, come suo solito, ha scritto il testo in tedesco. Poi il tutto è stato tradotto in latino e in italiano. L’italiano è stato usato come testo base per la traduzione nella altre lingue.

Come recita il catechismo la speranza cristiana riprende e porta a pienezza la speranza del popolo eletto, la quale trova la propria origine e il proprio modello nella speranza di Abramo, colmato in Isacco delle promesse di Dio e purificato dalla prova del sacrificio: «Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli»,
spiega Paolo nella lettera ai Romani. E un excursus biblico dedicato allo svilupparsi del tema della speranza cristiana dovrebbe essere contenuto anche nel testo del Papa. Un testo nel quale non mancheranno testimonianze concrete di vita vissuta all’insegna della speranza cristiana, a cominciare dalla vita dei santi. Tanti esempi, dunque, per riportare sull’attualità le tematiche dottrinali. Venerdì prossimo, nella sala stampa della Santa Sede, il testo sarà presentato dal cardinale Georges Marie Martin Cottier, pro-teologo emerito della Casa Pontificia, e dal cardinale Albert Vanhoye, professore emerito di esegesi del Nuovo Testamento al Pontificio Istituto Biblico.

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