martedì 13 novembre 2007

EUTANASIA


Tratto daAVVENIRE del 8 novembre 2007

Soffiano venti di cambiamento, in Europa, sul tema dell’eutanasia. E piano piano si comincia , un po’ ovunque, a comprendere come eventuali leggi che consentissero la depenalizzazione o la legalizzazione della "dolce morte" non avrebbero alcuna utilità, anzi danneggerebbero la buona qualità della convivenza civile.


È il caso della Spagna, dove solo pochi giorni fa il parlamento spagnolo ha respinto, con i voti del Partito socialista (Psoe) al governo, una proposta di legge del partito di sinistra Izquierda Unida per la depenalizzazione dell’eutanasia. E che non si tratti di un fatto casuale è dimostrato dalla dichiarazione successiva alla votazione, fatta dal primo ministro Zapatero, il quale ha affermato che la depenalizzazione dell’eutanasia non farà parte del programma del suo partito per le elezioni del 2008, mentre era dentro il programma del Partito socialista nel 2004. Interessanti le motivazioni della retromarcia: si è ammesso esplicitamente che l’eutanasia non è un problema prioritario per la gente e che la proposta di introdurla viene da gruppi minoritari, fortemente ideologizzati.

Anche in Gran Bretagna, nonostante le forti pressioni del fronte eutanasico, la Camera dei Lords rimanda continuamente e per lunghi periodi la discussione sul progetto di legge per depenalizzare l’eutanasia: una lentezza insolita per un Paese pragmatico che negli ultimi mesi ci ha abituati a decisioni rapide e perentorie sui temi più controversi della bioetica. Il motivo va ricercato nel fatto che l’eutanasia non appare ai più come una soluzione convincente alle problematiche dei pazienti terminali. In Francia, d’altronde, un netto no all’eutanasia è stato pronunciato dalla recente legge (2005) sulle decisioni di fine vita. Ma ciò che suscita un grande interesse a chi si affaccia nel panorama culturale francese è la presa di posizione di intellettuali laici, che si sono pronunciati contro l’eutanasia e a favore dello sviluppo delle cure palliative. La filosofa Paula Lamarne ha pubblicato un libro nel quale esprime, con vera competenza, limpide argomentazioni e profondo senso di umanità, le ragioni per cui l’eutanasia si configura come «scelta disumana» e «non degna di una società civile», mettendo in rilievo l’arretratezza culturale del fronte pro eutanasia, che non capisce come la vera risposta ai problemi di fine vita risiede nello sviluppo a tappeto delle cure palliative. Altra posizione contraria che ha fatto scalpore Oltralpe è quella del grande medico e scienziato non credente Lucien Israel, che ha mostrato come l’eutanasia non sia né un gesto di umanità né un atto di compassione, quanto una pratica che mette in discussione la professione medica e, più profondamente, il legame di umanità tra le persone.

Ultimamente anche l’Olanda, che è stata pioniera in Europa e nel mondo della pratica eutanasica, ha cominciato a riconoscere che la via delle cure palliative, con la globalità di approcci che le caratterizza, si presenta come quella più attenta ai bisogni delle persone sofferenti o prossime alla morte per malattie incurabili.
Dobbiamo auspicare che il dibattito italiano faccia tesoro di questa nuova consapevolezza e che si sviluppino celermente politiche per assicurare su tutto il territorio nazionale cure palliative di alta qualità.

Nessun commento: