mercoledì 16 gennaio 2008

L'UNICO EXTRACOMUNITARIO SENZA TUTELA

Almeno la sinistra dovrebbe essere gentile per una ragione. In fondo il Vaticano è fuori dall'Unio ne Europea, e con gli extracomunitari bisogna essere accoglienti, vanno iscritti alla scuola materna anche se sono clandestini. Tutti, meno se uno è Papa, ed è mite e umile di cuore.

Libero 16 gennaio 2008
di RENATO FARINA
Alla fine hanno acceso il rogo, ci hanno piazzato sopra il Papa. È una metafora, ma neanche tanto. Come titolerà il Manifesto, il quotidiano comunista, che ieri esigeva l'espul sione del Pontefice dall'università e magari da Roma? Gli suggeriamo gratis: «Museruola al Pastore tedesco». Oppure: «Il Pastore alla catena». Contenti della vostra vittoria, compagni? E anche voi professori delle leggi chimiche e fisiche? Ma siete così tranquilli? Siete sicuri di non avere lasciato per terra le prove della vostra cretinaggine? Spiace per lui, per Joseph Ratzinger, uomo candido, che pensava davvero fossimo come nei tempi pagani, quando Saulo di Tarso poteva andare all'Agorà di Atene e annunciare la follia di Dio. Risero, ma lo ascoltarono.


Lo arrestarono qualche tempo dopo, gli tagliarono pure la testa. Ma prima lo udirono. Stavolta neanche. Era già chiaro da sabato come questa brace anticlericale e illiberale covasse e sarebbe stata alimentata dal vento conformista. Una lettera di ripudio di un ospite, in nome della libera ricerca la negazione della ricerca. Repubblica aveva lanciato una pagina da réclame, dando voce in questa vicenda solo ai 67 luminari capaci solo di spegnere la luce degli altri. Già si mobilitavano i no global, con le loro orecchie d'asino e la mano guantata di ferro. Domenica Libero ha annunciato l'agguato imminente, il daglial-Papa: non ci voleva del genio a prevedere le tappe successive. La Sapienza di Roma è una cittadella che si presta a sortite d'ogni genere. Ha mille porte dentro un quartiere che è un reticolo di viuzze. Bastava soffiare su quella brace ed era fatta. Il soffio vigliacco
Il soffio è stato l'atteggiamento vigliacco dei nostri leader istituzionali, che hanno lasciato montare questo clima da ucci ucci sento odor di cristianucci. I famosi quotidiani indipendenti, accanto a editoriali pensosi e favorevoli alla libertà di parola (e ci mancherebbe), sono stati fantasticamente bipartisan. Una voce per la libertà e l'altra contro. Una per il rogo l'altra no. Avevamo capito in modo diverso il funzionamento della libertà. Invece si è arrivati al punto di raccontare con garbo divertito l'idea di alcuni deficienti di voler sconsacrare la cappella universitaria versando Vin Santo. Che scienziatoni, che libertari. Che leoni. Com'è bello trattare queste infamie da giulive manifestazioni di goliardia. Davvero hanno vinto sulla volontà dello Stato questi poveretti dei collettivi studenteschi? Hanno vinto perché lo Stato non c'è, e allora chi piglia piglia. Basta vederli questi eroi della libera scienza nelle foto con le finte mitre episcopali e le battute da osteria sulla "frocessione". Questo accade dove regna la vigliaccheria sconcertante della politica, l'atteggiamento di queste autorità dello Stato, in ordine gerarchico: 1) Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Secondo lui siccome l'Europa ha parlato troppo dei rifiuti di Napoli, lui tace per far vedere come si fa alle minacce contro il Papa. Silenzio ha fatto silenzio. Il Pa- pa aspettava una parola. Un: l'accompagno io, Santità. Figuriamoci. Niente. Ora pronuncerà vibrate proteste: dopo che sono scappati i buoi chiude le stalle. Come in Ungheria cinquant'anni dopo. Era chiaro in questa vicenda come la cosa dovesse riguardarlo da subito: non era solo minacciata la libertà di espressione, il che bastava e avanzava per giustificare un'esternazione in tivù, ma c'era l'offe sa a un leader religioso, anche se non è musulmano. E l'oltraggio a quella parte del popolo italiano che riconosce in quel punto bianco affacciato in piazza San Pietro qualcosa di intimo al proprio io. 2) Presidente del Senato, Franco Marini. Non pervenuto. 3) Presidente della Camera, Fausto Bertinotti. Dialoga con Chavez. 4) Presidente del Consiglio, Romano Prodi. Ha risposto per le rime e con battute sferzanti a Berlusconi. Telefona a Dini. Si è accorto del guaio dopo, come a Napoli, come sempre. 5) Il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema. Coraggioso a seguire Atalanta-Roma. Meno audace nel difendere il Papa: non è un capo di Stato estero da tutelare? 6) Il sindaco di Roma, Walter Veltroni. Ha detto all'ultimo momento parole così tiepide da sembrare estratte dalla boule delle acque smorte per tisici. Ha proclamato rispetto per il Papa, ma nessuna parola contro chi nega la libertà. 7) Il leader dell'opposizione. Vogliamo dire che anche Berlusconi, dopo che Libero aveva lanciato l'allarme in prima pagina poteva sporgersi un attimo fuori dal perimetro delle sue antenne, oltre il perizoma delle sue badanti? Sarebbe bene non si occupasse solo della legge criminale che toglie un po' di pubblicità alle sue televisioni (orrore), ma anche di qualcosa persino (forse) più importante del fatturato Mediaset? Niente. Non una parola mentre si agitavano quanti volevano la pelliccia del Pastore tedesco. Perché zitto? Ovvio. Adesso che il Papa è stato messo al rogo, tanti piangono sulle ceneri, tutti hanno molte parole da spendere, tanti atteggiamenti da biasimare. Bravo Prodi e bravo Berlusconi. Prima no, eh? In Italia un Papa non ha potuto recarsi nell'università fondata da un suo predecessore, nella sua città, Roma, pur accettando di parlare per quarto o quinto oratore, senza nessuna pretesa di primato nemmeno intellettuale (anche se ci piacerebbe fare una gara per titoli ed esami, e anche quiz, a proposito di cultura). C'è un solo precedente, a mia memoria. Settembre 1994, quando Giovanni Paolo II dovette rinunciare ad una visita a Sarajevo. C'era il rischio di attentati. Lui sarebbe stato protetto, ma rischiava la folla. Allo stesso modo Benedetto, anzi Maledetto XVI non ha cercato la prova di forza perché non si versasse sangue diverso dal suo. La nostra polizia si sa che ha le mani legate, ma qualunque cosa fosse successo, e di certo si sarebbe cercato il morto, poi gliel'avrebbero buttato in grembo, e la canaglia avrebbe avuto un bravo giudice ad assolverla per «l'alto valore morale e sociale» dell'azione violenta, come già sancito dalla sentenza pro Luca Casarini. Cosa c'è di più alto ed etico del vietare a un Papa di inquinare l'immacolato mondo della scienza dell'Università di Roma? E pensare che nelle università italiane tengono seminari e ammirate lezioni di filosofia, storia e morale fior di brigatisti rossi, come il non pentito Enrico Finzi a Bologna (sul Petrarca, urca, che ésprit de finesse). Le fiamme del razzismo
Nei giorni scorsi si è scritto che ad aver sbagliato è il rettore: non doveva invitare il Papa; si è specificato: però, adesso che c'è, parli pure. Si noti la discriminazione. La colpa del Papa non è dunque nel suo eventuale discorso, è prima del pensiero, ma consiste nel fatto che il Papa è il Papa. Dunque non deve esserci. Più razzismo di così si muore. Infatti: al rogo. Il Papa ha deciso dopo l'occupazione del rettorato. C'è il film dell'evento da comica finale, sono cento barboni. Sono entrati e subito l'autorità ha ceduto. Ma un'occupazione è o no un atto contro la legge? È o no un reato? C'è o no una magistratura, o funziona soltanto quando le dà il permesso Repubblica? Invece di chiamare i carabinieri, il rettore ha trattato con questi clown con il cappello da similvescovo, si è messo d'accordo su quanti sputi potevano tirare al Papa giovedì, però da un po' lontano per favore. Il ministro dell'Interno dice: per noi il Papa poteva andarci lo stesso. Ah sì? Avanti il Papa e avanti i no global? In Italia passa soltanto l'illegalità, non c'è posto per chi usa la testa. Almeno la sinistra dovrebbe essere gentile per una ragione. In fondo il Vaticano è fuori dall'Unio ne Europea, e con gli extracomunitari bisogna essere accoglienti, vanno iscritti alla scuola materna anche se sono clandestini. Tutti, meno se uno è Papa, ed è mite e umile di cuore.


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