martedì 9 gennaio 2007

DATELE UN LIMITE E LA SCIENZA SI SUPERA

Datele un limite e la scienza si supera
Il Foglio 9 gennaio 2007
Le staminali da liquido amniotico e il paralogismo di Ignazio Marino

La scoperta di cellule staminali pluripotenti nel liquido amniotico, capaci di funzionare come quelle estratte da embrioni, è stata universalmente e giustamente salutata con grande soddisfazione...



Il risultato ottenuto dall’americano Atala e dal padovano De Coppi dimostra ancora una volta che sottrarsi alla logica di una scienza unica arbitra di se stessa, accettare di confrontarsi con il limite etico e quindi, nel caso in questione, percorrere strade che rifiutino di considerare gli esseri umani allo stadio embrionale come materiale da laboratorio, può essere addirittura un’opportunità. Le staminali da liquido amniotico, infatti, non solo si moltiplicano con grande velocità, ma per ora parrebbero non provocare tumori, come invece accade con le embrionali totipotenti. Siamo ancora nella fase della sperimentazione sul modello animale, ed è quindi presto per capire se quella annunciata da Nature Biotechnology sia davvero la svolta tanto attesa. Ma, a differenza di quanto sostiene su Repubblica il professor Ignazio Marino, presidente della commissione Sanità del Senato, quella scoperta non significa affatto che se “finanziamo la scienza, sarà lei con i suoi progressi a risolvere i problemi etici che al momento ci sembrano insormontabili”. La notizia che arriva dagli Stati Uniti dimostra invece che la scienza va dove la indirizzano le risorse, naturalmente, ma anche le richieste, le pressioni, la sensibilità della società. Se in America, così come nel resto del mondo, non fosse attivo un movimento d’opinione contrario all’uso e alla distruzione di embrioni a fini di ricerca, e se quelle istanze non fossero state fatte proprie dall’Amministrazione Bush, è probabile che della scoperta di Atala non avremmo sentito parlare. Vale ancora la lezione del grande biochimico Erwin Chargaff, e l’esortazione da lui lanciata dalle colonne di Nature, giusto vent’anni fa: “Imporre un limite alle proprie domande è un sacrificio che anche uno scienziato deve essere pronto a fare in nome della dignità umana”.

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