sabato 20 gennaio 2007

SÌ, LA CHIESA GUARDA AD ORIENTE :CINA E VIETNAM NELL'OBIETTIVO

SÌ, LA CHIESA GUARDA AD ORIENTE :CINA E VIETNAM NELL'OBIETTIVO
(Gerolamo Fazzini)
«Vedo schiudersi un nuovo e promettente orizzonte in Asia, dove Gesù nacque e dove ebbe inizio il cristianesimo». Così scriveva Giovanni Paolo II nell'Ecclesia in Asia. E c'è da credergli, a dispetto delle statistiche che, all'apparenza, sembrerebbero decretare il fallimento della missione nel continente più popoloso del mondo. Al di là del loro peso numerico, quasi sempre esiguo (in Giappone i cattolici sono 500mila su 128 milioni di abitanti, tanti quanti alla fine del XVII secolo), le comunità cristiane asiatiche sono vive, sebbene spesso sottoposte a restrizioni pesanti, non di rado all'aperta ostilità. Il primo congresso missionario continentale, celebrato di recente in Thailandia, lo ha ampiamente confermato.



Benedetto XVI ha deciso di scommettere sul continente asiatico non meno di quanto abbia fatto il suo predecessore. Le notizie di queste ore lo confermano. Oggi e domani in Vaticano si svolge un importante incontro sulla situazione della Chiesa cattolica in Cina. La settimana prossima il Papa riceverà Nguyen Tan Dung: per la prima volta un premier del Vietnam unificato entrerà nei sacri palazzi vaticani.
Per quanto esistano alcune analogie tra le due situazioni - due Paesi comunisti, entrambi in piena ascesa dal punto di vista economico e a caccia di un nuovo ruolo internazionale - non è il caso di sovrapporle. Il Vietnam, fresco di ingresso nell'Organizzazione mondiale del commercio, viene da un periodo di «disgelo». Nel 2005 è entrata in vigore una nuova legge sulla libertà religiosa che, seppur lacunosa, rappresenta un passo avanti; nel novembre scorso si è svolta la storica ordinazione di 57 nuovi preti, cui è seguita di lì a poco l'istituzione della diocesi di Ba Ria. Ora, a detta di alcuni (nonostante nel Paese permangano difficoltà irrisolte e tensioni sotterranee), i tempi sarebbero maturi per avviare relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Vietnam.
Discorso assai diverso per quanto riguarda la Cina. Il summit in Vaticano si tiene a p oca distanza da una serie di ordinazioni episcopali illecite, che hanno lasciato cicatrici profonde, tanto più in quanto - come scrive Asia News - «avvenute in un momento di distensione e precedute da una serie di segnali positivi del governo cinese, disposto a voler ricostruire i rapporti diplomatici». Per tentare di sbrogliare l'intricata matassa sono stati convocati vari esponenti ed esperti della Chiesa della Grande Cina (ivi compresa Hong Kong, Taiwan e Macao), ciascuno dei quali esprime sensibilità e orientamenti peculiari. Sullo sfondo c'è, dicono i bene informati, l'intenzione del Papa di istituite un «osservatorio permanente» sulla Chiesa cinese.
Il doppio appuntamento «asiatico» nell'agenda di Benedetto XVI sta, dunque, a indicare che il baricentro sia dell'impegno di evangelizzazione della Chiesa sia dell'azione diplomatica vaticana si sposterà sempre più marcatamente verso Oriente. Assegnando la porpora cardinalizia, nel 2006, ai vescovi di tre metropoli cruciali come Hong Kong, Manila e Seul, Papa Ratzinger aveva già lanciato un messaggio chiaro. Che ha confermato in modo inequivocabile scegliendo come prefetto della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli il cardinale Ivan Dias, esponente della vivace Chiesa indiana. «L'Asia, il nostro comune compito per il terzo millennio». Lo ha scritto Giovanni Paolo II, lo sta realizzando - passo dopo passo - il suo successore.


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