venerdì 5 gennaio 2007

MALATA;IMMOBILE;MAI DISPERATA

L'articolo qui sotto riportato di (Francesco Lozito)ci racconta la storia di Elena.
Elena ,affetta da SLA,medico anestesista.
La sua vita ora e'completamente cambiata ma ancora attraverso il computer ci comunica «Penso che la vita è cosa preziosa ed è dono che va vissuto fino in fondo, in ogni condizione. E ringraziando». Un grazie che per Elena va prima di tutto alle persone che le sono accanto quotidianamente, la sua famiglia, gli amici: «È importante – dice – il sostegno di coloro che sono vicini
».


La speranza è tutta raccolta negli occhi azzurri di Elena. È attraverso i suoi occhi che passano le parole che non può più dire con la voce al mondo. Da sei anni, infatti, Elena Marchesi Paino è affetta da Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) e mentre la sua mente rimane perfettamente lucida il suo corpo la sta piano piano abbandonando. Guardandola dritta negli occhi impari subito a capire i suoi sì e i suoi no. E le parole che esprime visualizzandole, lettera per lettera, attraverso una lavagnetta, con l’aiuto del figlio Daniele. Una vita divisa tra la professione di medico anestesista e la famiglia, il marito e i tre figli. Poi la diagnosi di un male tremendo, che non fa perdere la lucidità mentale, ma toglie tutte le facoltà motorie e, soprattutto, la parola. Diagnosi di cui Elena, proprio per la sua professione, ha saputo tutto da subito. E lo ha accettato con una forza incredibile.

E così, entrando nella camera della Rsa di Milano in cui oggi vive per ricevere tutte le cure di cui ha bisogno, non si percepisce un clima di sconfitta. Domandandole che cosa pensa di tutto il dibattito di questi giorni sul tema dell’eutanasia, sollevato dalla videolettera di Piergiorgio Welby, dibattito che lei ha seguito attraverso la televisione e il computer (che usa con un piccolo mouse-cerottino attaccato sul naso e una tastiera virtuale) Elena risponde: «Penso che la vita è cosa preziosa ed è dono che va vissuto fino in fondo, in ogni condizione. E ringraziando». Un grazie che per Elena va prima di tutto alle persone che le sono accanto quotidianamente, la sua famiglia, gli amici: «È importante – dice – il sostegno di coloro che sono vicini». "Un dono" per lei, di cui è convinto anche il figlio, che dopo aver seguito con la lavagnetta le parole della madre aggiunge: «Se ti rendi conto che questa malattia è un dono non ti freni. Certo, non può che cambiarti la vita, ma anche se non credi, se l’accetti come un’opportunità, la vita cambierà sicuramente in modo positivo».
Elena sorride, è contenta del discorso pieno di maturità e amore che fa suo figlio, e aggiunge subito: «Infatti ho imparato molte più cose da quando sono malata». E, per spiegare le sue parole che destano senza dubbio stupore, fa un esempio che riassume tutto il suo pensiero e che fa capire come nella sua vita di prima è stata sicuramente una donna molto attiva, energica: «Adesso ho molta più umiltà nel chiedere le cure, prima ero molto orgogliosa di essere sempre in grado di fare tutto da sola».

Durante la giornata tipo di Elena sono molte le cose che fa e in cui viene assistita: sveglia alle 8, un po’ di fisioterapia, la lettura, tanta, attraverso il computer, la visione di programmi alla tv, l’alimentazione attraverso una flebo che dosa il cibo in sacchetti di vitamine, proteine, tutto quello di cui ha bisogno, eppoi la notte, in cui non è mai sola. Con lei si alternano degli "angeli custodi" e tra queste c’è Feli, una ragazza filippina che stava con lei anche prima che si ammalasse.

Non traspare in Elena alcuno sconforto, anche quando avverte qualche segno di stanchezza nel parlare attraverso la lavagnetta. Poi, gli occhi hanno un nuovo bagliore quando entra nella stanza una donna ministro straordinario dell’Eucaristia, e si prega tutti assieme.

Prima di salutarla, allora, le chiediamo di consegnarci una risposta alla lettera di Welby, e lei ammette che «è difficile farlo non conoscendo la sua storia personale». Poi, dopo una pausa, aggiunge: «Penso comunque che, siccome chiedere di morire è qualcosa di definitivo, che non lascia nessuna speranza, non bisogna mai disperarsi così tanto». Questo è il "dono" che ci consegnano gli occhi di Elena.


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