mercoledì 10 gennaio 2007

QUEL PASSATO EROICO DA SALVARE A OGNI COSTO

Quel passato eroico da salvare a ogni costo


Luigi Geninazzi

«Sappiate che per me la Chiesa polacca dovrà restare sempre quella voluta dal Primate del millennio, il cardinale Wyszynski!». Si era all'inizio degli anni Novanta, al culmine della difficile transizione post-comunista che vedeva la Chiesa alla ricerca di nuove vie per far fronte alle sfide del secolarismo. Giovanni Paolo II ne stava parlando informalmente, durante una cena, con alcuni vescovi suoi connazionali. Nel bel mezzo della discussione se ne uscì con quella frase perentoria. Non c'è dubbio: per chi ha conosciuto la Polonia sotto il regime comunista ed è stato vicino a Karol Wojtyla la dolorosa vicenda di monsignor Wielgus poteva finire solo con la parola rezygnacja (rinuncia), pronunciata tra le lacrime nella cattedrale di San Giovanni a Varsavia....

NO alla meschinità e al risentimento

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Da sempre i fedeli che entrano in quella chiesa per prima cosa rendono omaggio alla tomba del cardinale Wyszynski che sorge nella cappella a sinistra. Domenica mattina l'ha sfiorata anche il neo-arcivescovo prima d'annunciare la sua rinuncia, ben cosciente che non avrebbe mai potuto sedersi sulla cattedra dell'eroico Primate che sfidò il potere stalinista finendo in carcere. Sia chiaro: monsignor Stanislaw Wielgus è una persona di grandi qualità intellettuali e umane. Vogliamo credergli quando afferma che ha sempre evitato di danneggiare qualcun altro. Ma, come lui stesso ha ammesso, nel 1978 accettò di firmare un impegno di collaborazione con l'Sb, i servizi segreti della Polonia comunista.
Dunque un atto di lealtà ad un regime anti-cristiano che va contro il principio di fedeltà alla Chiesa, quella che il cardinale Wyszynski esigeva dal suo clero per garantirsi dalle infiltrazioni torbide della nomenklatura rossa. Un gesto probabilmente compiuto per debolezza, ma che andava nella direzione opposta a quella imboccata dalla Chiesa polacca, divenuta il punto di riferimento della resistenza morale di un'intera nazione. Una Chiesa resa forte dal sangue versato di don Popieluszko, trucidato da un gruppo di poliziotti. Una Chiesa di migliaia di sacerdoti e milioni di fedeli che, seguendo l'esempio e l'insegnamento di Papa Wojtyla, hanno saputo vivere nella verità contro un regime fondato sulla menzogna.
Oggi però la Chiesa polacca è ancora nel mirino di chi vuole cancellare la sua autorevolezza divulgando dossier, non sempre attendibili e trasparenti, su personalità ecclesiastiche sospettate di collaborazionismo con il passato regime. Il caso Wielgus è chiuso ma restano molte domande aperte.
Perché la lustracja (la verifica condotta in base agli archivi del Sb), voluta dal governo conservatore dei gemelli Kaczynski, si è accanita contro gli ex membri di Solidarnosc e gli esponenti ecclesiastici ed ha risparmiato i vecchi arnesi del comunismo? Perché invece migliaia di ex collaborazionisti continuano tranquillamente a lavorare nella pubblica amministrazione, nei giornali, nell'industria, diffondendo veleni sugli avversari? Chi ha interesse a questa caccia alle streghe che, come giustamente ha fatto notare il portavoce vaticano, vede «una strana alleanza fra i persecutori di un tempo ed altri avversari» nel segno della vendetta contro la Chiesa cattolica? Ed ancora: cosa diranno adesso i fedelissimi di Radio Maryja, l'emittente d'estrema destra che lanciò contro Walesa l'accusa falsa, oltre che grottesca, di essere una spia comunista ed ora si ritrova uno dei suoi grandi protettori, monsignor Wielgus, sul banco degli imputati?
La Polonia ha bisogno di verità accompagnata da tanta umiltà. Per non bruciare un glorioso passato nel fuoco fatuo della meschinità e del risentimento che animano il presente.




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