domenica 21 gennaio 2007

IL PATTO SCELLERATO FRA VATICANO E COMUNISTI

Il patto scellerato tra il Vaticano e i comunisti
Libero 21/01/2007
di ANTONIO SOCCI
Ecco dunque la "pistola fumante". La prova documentaria, nero su bianco, sta in un appunto che Paolo VI, in data 15 novembre 1965, fece pervenire a monsignor Felici, Segretario generale del Concilio. In tale "Annotatio" Montini invita a rispettare "gli impegni del Concilio" evitando condanne esplicite del comunismo. In realtà il Concilio Vaticano II non aveva preso (né poteva prendere) simili impegni di autocensura con nessun potere mondano. Paolo VI si riferiva però a quelli sottoscritti dal Vaticano con il Patriarcato ortodosso di Mosca, ossia con il Cremlino e il Kgb, per legare le mani al Concilio. I suddetti "impegni" si trovano elencati esplicitamente dal Papa stesso nel suo appunto: "di non entrare in temi 'politici', di non pronunciare anatemi, di non parlare di comunismo (1962)".




Di tutto tranne il marxismo
È la prova documentaria, fornita dallo stesso Papa Montini, del "patto" tra Vaticano e Mosca per imbavagliare il Concilio e impedire ogni condanna esplicita e solenne del marxismo e dei regimi comunisti. Perché in realtà il Concilio entrò - eccome! - "in temi politici". Tutti eccetto il comunismo. Spaziò dal ruolo dei partiti al capitalismo, dal razzismo al colonialismo, dalla schiavitù alla censura, dallo sciopero all'analfabetismo, dalle ineguaglianze sociali al Terzo mondo, dalla fame allaguerra, dalla povertà al commercio, dai diritti dell'uomo al disarmo, dal dispotismo all'economia, dall'emigrazione al latifondo, dal problema operaio al liberalismo. Solo del comunismo non si occupò, perché c'era il veto di Mosca accettato da Roncalli in cambio (si noti bene!) di due osservatori ortodossi al Concilio, ben selezionati dal Kgb. Nelle centinaia di pagine dei documenti conciliari non si trovano neanche i vocaboli "comunismo" e "marxismo" (di cui si erano tanto occupati i pontefici fino ad allora). Fu una svolta storica. La nota di Paolo VI richiama la data 1962 perché proprio di quell'anno è l'accordo, stipulato a Metz, fra il cardinale Tisserant (per conto di Giovanni XXIII) e il metropolita Nicodemo per conto del Patriarcato di Mosca (ossia del Cremlino). Abbiamo ricostruito le circostanze di tale accordo nell'articolo dell'11 ottobre 2006 ("Quell'empio patto tra il Kgb e il Papa buono"). Abbiamo visto le conseguenze di quella svolta devastante per la Chiesa, come dimostra anche l'attuale "caso Polonia" (se il Vaticano si accordava così col Cremlino al punto da imbavagliare il Concilio, perché dei semplici preti inermi, oltrecortina, non dovevano cedere alla "collaborazione" con i loro regimi ?). Ora siamo in grado di ricostruire nel dettaglio (con documenti che fanno impressione) come fu imposto il "bavaglio" al Concilio e con quali irregolarità fu violata la legalità conciliare. Quell'estate del 1965
L'appunto di Paolo VI, citato sopra, si trova sepolto in un mare immenso di documenti del Concilio Vaticano II. Siamo andati ad indagare (con l'aiuto di un bravissimo seminarista sardo che voglio qui ringraziare) fra questi documenti d'archivio, raccolti in grossi volumi, per capire come fu impedito ai padri conciliari di votare una condanna esplicita e solenne del marxismo e dei regimi comunisti. Questa è la storia ricca di sorprese. Dunque siamo nell'estate del 1965, alla vigilia dell'ultima sessione del Concilio, la quarta. Il fronte progressista, sebbene numericamente non sia maggioranza, ha dalla sua parte Paolo VI e questo gli permette di dettar legge. Il 25 luglio 1965, per esempio, il gruppo dei vescovi conservatori, denominato "Coetus", scrive una lettera al papa dove - in forza del regolamento - chiede di poter comunicare in aula, prima del voto, un rapporto contrario ad alcuni schemi. Il Coetus rappresenta molti Padri conciliari. L'11 agosto 1965 arriva una sorprendente risposta. Il segretario di Stato, cardinale Cicognani, dichiara che Paolo VI ha manifestato disappunto per l'esistenza di un "gruppo internazionale di Padri che seguono la medesima opinione in materia teologica e pastorale". Papa Montini ritiene che l'esistenza di un "gruppo particolare in seno al Concilio" possa pregiudicare la libertà dei Padri e accentuare le divisioni. Nulla però dice, in tale risposta, dell'esistenza del gruppo di Alleanza Europea. Ma soprattutto il Papa sembra ignorare l'articolo 57. 3 del regolamento interno dove si legge: "È fortemente auspicabile che i Padri conciliari che intendono sostenere degli argomenti simili, si raggruppino e designino uno di loro per prendere la parola a nome di tutti". La risposta di Cicognani dimostra una cosa: che Papa Montini è ostile alla corrente conservatrice che potrebbe portare su posizioni fedeli alla Tradizione la maggioranza del Concilio.
I progressisti frenano
Quella risposta del papa probabilmente era dovuta al fatto che i "progressisti" - nelle persone dei cardinali Döpfner e Suenens erano andati a lamentarsi con lui per la forza dei conservatori, che andavano stoppati. Questi ultimi il 20 agosto 1965 scrivono una lettera di risposta al papa, ma non riceveranno mai alcuna replica. In questo clima - non proprio sereno, né regolare, con forzature che erano cominciate fin dall'inizio del Concilio - si apre la quarta e ultima sessione del Concilio (dal 14 settembre 1965 all'8 dicembre 1965). Già il 14 settembre viene distribuito un testo sul problema dell'ateismo che fa parte dello schema sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (che diventerà la "Gaudium et spes"). È ovvio aspettarsi che tale testo parli del comunismo. Il Vaticano II, ricordiamolo, è un Concilio pastorale, non dogmatico. Si deve occupare cioè dei problemi della Chiesa nel mondo moderno. Siamo nei primi anni Sessanta ed è in piena consumazione la tragedia del comunismo. È in corso il più immane martirio di cristiani della storia della Chiesa (centinaia di milioni di vittime). Tanti preti e vescovi sono nelle carceri comuniste. L'Urss si è divorato tutta l'Europa dell'Est, ha appena schiacciato la rivolta d'Ungheria e la bandiera rossa ora sventola perfino a Cuba. L'immensa Cina è stata conquistata dai comunisti di Mao, l'Indocina è in fiamme e in Europa occidentale i partiti comunisti sono fortissimi (in Italia hanno letteralmente sradicato la fede cristiana da intere zone del Paese). È la più feroce e radicale sfida al cristianesimo che si sia mai vista in duemila anni. Eppure - sorprendentemente il testo sull'ateismo distribuito il 14 settembre 1965 non parla esplicitamente del comunismo. Il 15 settembre si apre il dibattito sullo schema relativo alla libertà religiosa. Il gruppo Coetus chiede di poter leggere un rapporto su questo tema (in base all'art. 33.7 del regolamento), ma i moderatori rispondono picche.
Colmate quella lacuna
Il 29 settembre monsignor Carli presenta una lettera di 26 vescovi e chiede altre firme per un emendamento che condanni espressamente il comunismo, definito "il più grave problema pastorale del nostro tempo". Vi si legge che bisogna affermare "con parole chiare" la "radicale opposizione" fra la religione cristiana e il comunismo (sia come sistema socio-economico che come ideologia). Bisogna "colmare questa lacuna" del testo sull'ateismo "affinché il popolo cristiano non subisca danni più ingenti; il Concilio non può tacere su un tema così grave senza provocare un grande scandalo fra i semplici". Sabato 9 ottobre la petizione, che ha raccolto le adesioni di ben 300 Padri conciliari, viene presentata alla Segreteria generale del concilio che, in base al regolamento, deve provvedere a pubblicarla e sottoporla ai Padri per essere votata come emendamento. Ma questo, incredibilmente, non accade. Il 13 novembre infatti viene presentato in aula il nuovo testo sull'ateismo e nella relazione che lo accompagna non si parla affatto della petizione che chiede la condanna del comunismo. Quel giorno stesso monsignor Carli presenta subito un duro ricorso indirizzato al Consiglio di presidenza del Concilio. In esso denuncia la violazione di molti articoli del regolamento perché il testo della petizione non è stato presentato in Aula e l'emendamento non è stato messo in votazione. Il prelato è molto esplicito: "tale modo di procedere è illegale". Inoltre - afferma Carli -non si comprende com'è che vengono ammessi emendamenti firmati da un solo padre e viene cestinato quello con centinaia di firme: "sembra che il Concilio lo facciano le Commissioni più che i Padri". (1-continua) www.antoniosocci.it
PAOLO VI, PAPA DAL 1963 AL 1978 Giovanni Battista Montini divenne Papa il 21 giugno 1963, assumendo il nome di Paolo VI e morì il 6 agosto 1978. Fu lui, nel 1965, a completare i lavori del Concilio Vaticano.

Il comunismo è il più grave problema pastorale del nostro tempo. Bisogna affermare con parole chiare la radicale opposizione fra la religione cristiana e il comunismo. Bisogna colmare questa lacuna del testo sull'ateismo affinché il popolo cristiano non subisca danni più ingenti; il Concilio non può tacere su un tema così grave senza provocare un grande scandalo fra i semplici. " (MONSIGNOR CARLI, 29 SETTEMBRE 1965 )
Il 13 novembre, viene presentato il nuovo testo sull'ateismo che però non parla affatto della petizione che chiede la condanna del comunismo"
IL CONCILIO VATICANO II
INDETTO NEL '59, APERTO NEL 1962 Il Concilio ecumenico Vaticano II è stato il ventunesimo della Chiesa cattolica. Indetto da Papa Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959, dopo tre anni di lavori preparatori durante i quali furono consultati tutti i vescovi, il Concilio fu aperto ufficialmente l'11 ottobre 1962 dallo stesso Giovanni XXIII all'interno della Basilica Vaticana. CONCLUSO DA PAOLO VI NEL 1965 Alla morte di Giovanni XXIII (1963) fu continuato dal successore Paolo VI e terminò il 7 dicembre 1965. Promulgò quattro Costituzioni, tre Dichiarazioni e nove Decreti.


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