mercoledì 31 gennaio 2007

IN LOMBARDIA CIMITERI PER BIMBI MAI NATI.

In Lombardia cimiteri per i bimbi mai nati In caso di aborto, sia spontaneo che volontario, gli embrioni dovranno essere seppelliti. I genitori potranno chiedere anche i funerali

Il nuovo regolamento regionale approvato all’unanimità. Il governatore Formigoni: «È un prodotto del concepimento». I Ds: «Nessuna contraddizione con la 194»
di Sabrina Cottone –
IL GIORNALE mercoledì 31 gennaio 2007
da Milano

Tutti gli embrioni morti in Lombardia saranno seppelliti. In caso di aborto, sia spontaneo che volontario, gli ospedali avranno l’obbligo di spiegare ai genitori che possono chiedere la sepoltura e celebrare il funerale. Se i genitori non lo vorranno, l’embrione sarà comunque sepolto in aree dei cimiteri dedicate, come accade per le braccia e le gambe amputate. Il regolamento, approvato all’unanimità dal consiglio regionale, riguarda tutti gli embrioni, anche quelli di età inferiore alle venti settimane. Fino a oggi la legge equiparava gli embrioni abortiti ai rifiuti ospedalieri speciali, né più né meno come accade per il materiale organico che deriva da qualsiasi altra operazione chirurgica. La Regione Lombardia, invece, lo definisce sin da subito «prodotto del concepimento» e come tale degno del diritto a un funerale o comunque a una conveniente sepoltura.
Il presidente della Regione, Roberto Formigoni, spiega lo spirito della legge: «È sacrosanto dare la possibilità ai genitori di seppellire chi è morto prematuramente con i massimi onori, ovvero con un funerale. Se il funerale non sarà richiesto, l’embrione verrà comunque sepolto perché merita in ogni caso un minimo di rispetto, equiparabile almeno a quello che è dovuto a una parte riconoscibile del corpo. Non si tratta di un rifiuto, ma di un prodotto del concepimento e in questi termini ne parla la nostra legge, che è innovativa in Italia e in Europa». Soddisfatto anche l’assessore alla Sanità, il leghista Alessandro Cè: «Mi sembra un grande momento di civiltà. L’embrione è un essere umano e come tale lo trattiamo». Il relatore del testo, Pietro Macconi, di An, aggiunge: «Diamo dignità di persona a quelli che sono resti umani e non residui di operazione. È nell’ottica della legge regionale che ritiene il concepito parte della famiglia e, di conseguenza, considera il bimbo abortito una persona». Le nuove norme sono state approvate con il voto favorevole dell’opposizione e è la consigliera ds Ardemia Oriani a difendere le nuove regole: «Abbiamo definito una procedura più chiara, ma non c’è nessuna contraddizione con la legge 194, che disciplina l’interruzione volontaria della gravidanza, alla quale sono pienamente favorevole».
La questione è da tempo all’ordine del giorno all’ospedale Mangiagalli di Milano e il direttore del presidio, il dottor Basilio Tiso, saluta con soddisfazione l’obbligo di chiedere ai genitori di decidere il destino dell’embrione morto: «Noi seguivamo già la prassi di avvertire, ma era al di là della legge. In caso di aborto volontario non ci chiedono praticamente mai di seppellire l’embrione, ma avevamo scelto da tempo di informare i genitori perché ci sono capitati diversi casi di madri che, dopo anni, sono tornate in ospedale a chiederci se avevamo idea di che fine avesse fatto l’embrione abortito». Alessandra Kustermann, ginecologa e responsabile del servizio diagnosi prenatale della Mangiagalli, è convinta che la legge consenta un passo avanti: «È meglio se gli embrioni non verranno buttati, già adesso facevamo di tutto per evitare che accadesse. E è positivo riconoscere la possibilità di celebrare un funerale anche a dieci o dodici settimane».
Come la Mangiagalli, tutti gli ospedali lombardi non potranno più trattare gli embrioni abortiti come un’appendice o un pezzo di fegato, ma dovranno comportarsi come se avessero a che fare un arto amputato. Spiega Tiso: «Noi mettiamo braccia e gambe in scatole di legno che vengono consegnate al Comune, che procede a seppellirle». A Milano gambe e braccia hanno aree dedicate al cimitero Maggiore e al cimitero di Lambrate. «La legge consente anche di scegliere la cremazione» spiega Luigi Balladore, direttore del settore Servizi funebri del Comune di Milano.
A braccia e gambe sono stati equiparati i «prodotti del concepimento» e così anche anche gli embrioni abortiti saranno tumulati, «in casse più piccole e con una targhetta di riconoscimento che consente di identificare il luogo in cui si trovano». Un trattamento molto simile a quello riservato dalla legge ai feti abortiti oltre la ventesima settimana. L’ospedale è tenuto a chiedere ai genitori se desiderano la sepoltura e, in caso di risposta negativa, procede d’ufficio a consegnare i resti ai funzionari del Comune che procedono alla sepoltura. Nei cimiteri ci sono già aree dedicate ai feti di età superiore ai cinque mesi. Presto arriveranno anche le tombe per gli embrioni di ogni età.

1 commento:

Anonymous ha detto...

invio un articolo di Mario Palmaro su questo tema uscito sulla rivista della diocesi di Como

di Mario Palmaro:

I “bambini mai nati” sono a pieno titolo nostri piccolissimi fratelli che sono già morti. Nulla di strano, dunque, se la Regione Lombardia ha stabilito, finalmente, che ai resti di un aborto – volontario o spontaneo che sia - venga data pietosa sepoltura. E’ un provvedimento sacrosanto, che ha senso almeno per quattro motivi. Il primo: è un atto di laicissima onestà intellettuale, perché ci costringe tutti quanti a fare i conti con la verità dei fatti. I fatti sono ostinati, e in questo caso ci obbligano a riconoscere che l’aborto volontario è l’eliminazione intenzionale di un essere umano. L’aborto non è la cancellazione di un ideale astratto, o di un “progetto di vita”, o di un grumo di cellule, come a qualcuno fa comodo dire. Qui si impedisce a un qualcuno, a un “tu” che c’è già, di venire al mondo. Lo si priva di tutto quel poco che ha, cioè la sua vita. E gli si infligge il dolore più terribile, perché purtroppo il rifiuto viene non da un estraneo, non da un nemico, ma da colei che più di ogni altro lo ama: la madre. Un giurista direbbe che abortendo si uccide un innocente, e purtroppo direbbe la verità. In secondo luogo: la sepoltura– al di là delle polemiche politiche che strillano il contrario - è inevitabilmente un grido silenzioso di perenne ribellione a una legge, la 194 del 1978, che ha accumulato in pochi lustri circa 4 milioni e mezzo di vittime innocenti. Un bilancio terrificante che non è certo reso meno grave dalla benedizione formale di una legge dello stato. C’è un popolo – indubbiamente minoritario – che non intende omologarsi a questa terribile contabilità, e che vuole continuare a manifestare con fermezza il suo dissenso all’ingiustizia legalizzata. Ma c’è un terzo buon argomento che legittima questa iniziativa: la pietà per i morti. Per tutti i morti. Una pietà che si esprime nel loro ricordo, nella custodia affidata alla memoria dei vivi, e nei gesti che accompagnano normalmente i defunti a quel luogo assai frequentato che è il cimitero. Anche a questi fratelli cui è stato impedito di nascere spetterebbe non solo in Lombardia, ma in tutta Italia, in tutto il mondo, almeno una sepoltura dignitosa, quale si conviene agli uomini, e non la distruzione anonima che è riservata ai rifiuti ospedalieri. Perché questo è l’orrore abituale: parafrasando un bel libro di Vincenzo Pappalettera sul destino degli ebrei nei lager - “Tu passerai per il camino” - anche i bambini non nati passano per il camino di un inceneritore democratico.
La quarta - forse più importante - ragione per cui dobbiamo plaudire a queste sepolture è che esse lanciano un messaggio di grande speranza dentro uno scenario di morte e di sconfitta. Ci dicono che, nonostante l’apparenza, le piccole vittime dell’aborto non sono precipitate nel nulla assurdo. Pregare per loro significa riconoscerle vive, accolte in quella misteriosa realtà che la Chiesa chiama “comunione dei santi”. E significa gettare un raggio di speranza su di noi e sulla nostra società, e innanzitutto sulle madri che purtroppo hanno abortito. Perché l’esperienza dei Centri di aiuto alla vita ci insegna che spesso queste donne hanno ritrovato la pace non rimuovendo o negando l’errore commesso, ma al contrario scoprendo che il figlio un giorno rifiutato è oggi presente nella loro vita in un modo tutto speciale. Egli prega per loro. Prega affinché dagli occhi degli uomini e delle donne di questa società cada il velo accecante dell’egoismo, e appaia lui: il piccolo, invisibile, bambino non ancora nato. Come direbbe Saint Exupery, un giorno tutti noi lo siamo stati, ma ce lo siamo dimenticato.

Comment by antonello — February 20, 2007 @ 10:10 am