lunedì 1 gennaio 2007

CHIEFFO CANTARE LA VITA PER DARE LA VOCE AL MISTERO PRESENTE "LA MALATTIA NON E' UNA DISGRAZIA"

Inizia un anno nuovo.
Voglio iniziare con un intervista fatta a Claudio Chieffo un grande cantautore ma soprattutto un grande uomo un uomo di grande fede.
Malato stremato dalla malattia ci dona una grande speranza.
Ho concluso l'anno con l'inno del "Te Deum" ringraziando il Signore
Molti si domanderanno se l'annata non e' stata particolarmente felice come si puo' ringraziare?
L'anno 2006 non e' stato dal punto di vista delle malattie...


(per la mia famiglia )un bell'anno anzi direi proprio un anno da concludere in fretta.
Ma Dori l'amica di Marlin,papa' di Nemo direbbe "ma il bicchiere mi sembra mezzo pieno!"Si bisogna proprio saper guardare o meglio imparare a guardare la realta' con occhi nuovi.
Dio ha mandato suo figlio a dare senso a tutta la nostra vita.
Nulla nell'abbracciare Lui diventa piu' obiezione.
Se si abbraccia tutto diventa piu' semplice ,non ci e' tolto dolore e sofferenza ,
ma ci e' data la possibilita' di vivere la realta' con letizia.
Il mio piccolo Giovanni bimbo down gia' ipovedente un mese fa ha dovuto subire un ennesimo intervento.
Non ha i cristallini ed ora gli si e' staccata la ratina da un a parte e si e' anche rotta
L'intervento e' andato bene la retina e' attaccata e aggiustata ma e' rimasta raggrinzita.
Ora aspettiamo perche' la primaria (che in questi anni si e' molto affezionata )non sa piu' se continuare o lasciar perdere .Aspettiamo cosi' un consulto altri due primari con lei decideranno.
Perche' vi dico questo?
Perche' solo qualche tempo fa un avvenimento del genere mi avrebbe annientato.
Quando la primaria e' uscita dicendoci che da visita in anestesia loro sarebbero passati (con il nostro consenso )a intervento mi e' crollata la terra sotto i piedi
Ho pensato che ormai non c'era piu' nessun santo nessun beato nessuno che ci voleva guardare che ci ascoltava.
Aspettavo il miracolo aspettavo che uscisse la primaria gridando al miracolo invece no altra bastonata .
Ormai sono anni di bastonate!!
Poi incontri strani con persone strane mi hanno costretto,dovendo dar loro ragione della loro fatica ,a riposizionare lo sguardo.
Non so cosa mi stia chiedendo il Signore ma so che solo abbracciandolo e' possibile fare esperienza del centuplo.
Mai come quest'anno ho vissuto il natale e mi sono sentita come i pastori vicina a Lui
Oggi,leggendo l'intervista a Chieffo ,ho pensato che non potevo ricevere un regalo cosi' grande e inaspettato.
Cosi' ho deciso di mettere per oggi solo quest'articolo domani mettero' tutti gli altri.
Non vorrei che si perdesse in mezzo agli altri.
Se Claudio lo legge "Auguri caro Claudio a te e alla tua famiglia ti sono vicina con tutta la mia famiglia ricordati fra le tue sofferenze anche di "Giovanni Paolo Luigi"
il mio ultimo bimbo.

Al capezzale del cantautore cattolico più conosciuto in Italia. I ricordi dei suoi tremila concerti in giro per il mondo, le amicizie e le performance con i colleghi «laici». L’amicizia con don Giussani E una irriducibile positività che permea la sua opera e la sua esistenza. Anche nel momento più difficile

AVVENIRE 30 DICEMBRE 2006
Giussani mi è stato maestro di umanità. Nella sua bontà mi chiamava "il poeta". Ho cercato di seguire quello che mi diceva: sii te stesso fino in fondo, così aiuterai la gente. Spero di esserci riuscito

Gaber è il cantautore che stimo di più. Ha avuto il coraggio di dire in faccia al suo pubblico cose scomode e politicamente scorrette. Lui diceva che il dubbio alimenta la ricerca, io parlavo della domanda, che cerca una risposta

Dopo che la Grazia è stata presente con tanta evidenza nel corso della mia vita, non posso campare come se non potesse più arrivare. Sarebbe come smettere di sperare. E io non smetto


Dal Nostro Inviato A Forlì Giorgio Paolucci .


Voce affaticata ma decisa, parole dense di vita. Si è fatta più dura la vita di Claudio Chieffo, uno dei cantautori più amati e conosciuti dalla gente, che da qualche mese deve fare i conti con un male contro il quale sta lottando con tutte le forze, sue e dei suoi cari.
È una vita dura, ma colma di presenze amiche, di tanti che scrivono, pregano per la sua salute e gli stanno vicino in questo momento difficile. E quando lo senti parlare, hai la sensazione fisicamente percepibile che quel Mistero che da anni canta, lui lo veda e lo senta, lo chiami per nome: Gesù.
Spesso, durante la lunga e intensa conversazione che ci ha concesso nella sua casa di Forlì, il suo sguardo si fissa su un poster che si è fatto appendere davanti al letto: è il «manifesto di Natale» stampato come ogni anno da Comunione e liberazione, che riproduce un particolare della Natività di Gesù dipinta da Giotto nella Cappella degli Scrovegni di Padova. Riporta una frase di Benedetto XVI: «Dio non ci lascia brancolare nel buio; si è mostrato come uomo. Egli è tanto grande da potersi permettere di diventare piccolissimo. Dio ha assunto un volto umano. Solo questo Dio ci salva dalla paura del mondo e dall'ansia di fronte al vuoto della propria esistenza». Parole che Chieffo sente particolarmente «sue» in questo momento, anche per la singolare coincidenza con una canzone composta nel '95, (In questa notte splendida), che descrive bene il senso del Natale: «Un bimbo piccolissimo le porte ci aprirà/ del cielo dell'Altissimo nella Sua Verità».

Sono passati 45 anni dalle sue prime composizioni. Tremila concerti, 113 canzoni. Molti suoi brani appartengono a tutti: Il seme, Io non sono degno, Lasciati fare, Ballata dell'uomo vecchio, La nuova Auschwitz, Ave Maria splendore del mattino….
Tanti sono stati tradotti in varie lingue e cantati in tutti i continenti. E per etichettarla si è fatto ricorso alle definizioni più diverse: autore religioso, cantautore cattolico, menestrello di Cl. Chi è Claudio Chieffo?

Le etichette sanno di colla, appiccicano uno schema sulla persona. E ogni persona è molto più di un aggettivo. Ho sempre cercato di cantare la vita in tutte le sue manifestazioni: la gioia, il dolore, l'amicizia, l'esigenza di giustizia, la sete di felicità, il bene e il male. Mi è accaduto di incontrare una faccia della Chiesa che si chiama Cl, che a sua volta aveva il volto prima di un prete di Forlì, don Francesco Ricci, poi di un brianzolo come don Giussani. E proprio loro mi hanno educato a guardare sempre oltre la siepe, ad abbracciare il mondo. A essere, cioè, come la Chiesa: cattolici, universali, desiderosi di incontrare tutti, di cantare al cuore di ognuno.

Anche di quelli che non sono cristiani?

Certo! Uno dei ricordi più belli risale agli anni Ottanta. Ero andato a Perugia per un concerto, invitato dalla comunità di Cl. Nel pubblico c'erano anche dei musulmani, che alla fine mi chiesero di andarli a trovare. E così, a notte fonda, andai da loro e cantai alcuni brani che furono molto graditi. Facevano lo sciopero della fame contro Khomeini che era al potere da qualche anno. Ogni tanto qualcuno sveniva e lo portavano via. (Ride: «Ma non credo fosse per le mie canzoni…»).

Ha cantato con colleghi «distanti» come Guccini e Ivan Della Mea. Tra i suoi amici c'è anche Giorgio Gaber. Vi siete esibiti insieme in più di un'occasione. Lui si definiva l'uomo del dubbio e guardava a lei come all'uomo delle certezze, con un misto di invidia e scetticismo.

È il cantautore italiano che stimo di più per la schiettezza della sua posizione. Ha avuto il coraggio di dire in faccia al «suo» pubblico cose scomode e politicamente scorrette, attirandosi anche critiche e opposizioni. E in più di un'occasione mi difese con coraggio in un'epoca in cui se non cantavi col cuore rivolto a sinistra rischiavi l'impopolarità e l'emarginazione dai circuiti musicali. (Sogghigna: adesso è un po' diverso, ma mica troppo…). Lui si diceva certo che ciò che manda avanti la ricerca umana è il dubbio. E io gli rispondevo: a parte che non capisco come fai a essere certo basandoti su un dubbio, la molla della ricerca non è il dubbio ma la domanda, perché lascia aperta la possibilità che ci sia una risposta.

Lei ha tenuto concerti in luoghi significativi, Mosca, Gerusalemme, ma anche in luoghi atipici come un gulag del Kazakhstan. Come è arrivato fin laggiù?

Le mie canzoni sono arrivate in tutto il mondo prima di me. In Kazakhstan venni invitato in occasione del Giubileo del 2000, unico artista straniero. Dovevo tenere sei concerti, ne feci il doppio perché le richieste si moltiplicarono. Non dimenticherò mai quello nel gulag di Kocsun, davanti a 800 detenute comuni, primo spettacolo dentro un carcere di quel Paese. Leggevano le mie canzoni, che parlavano di libertà e felicità, tradotte nella loro lingua, e dopo un po' si misero a battere ritmicamente con le mani sui tavolacci di legno per accompagnarmi cantando semplicemente la-la-la-la. Presto si unirono a loro anche le guardie, e alla fine del concerto mi si avvicinò la direttrice, conosciuta come atea convinta, chiedendomi di pregare perché suo figlio di 16 anni potesse trovare una buona strada.


Ha cantato anche davanti a Giovanni Paolo II, per undici volte.

È stato quasi sempre in occasione di incontri di popolo, come lui amava fare. Più che un solista che doveva farsi apprezzare per le sue qualità canore, mi sentivo la voce della gente che gli stava davanti. E lui ad ascoltare e talvolta a partecipare al canto, con quello sguardo che ti penetrava fino al cuore e ti faceva sentire abbracciato da un grande padre.

Cosa ha significato l'incontro e l'amicizia con un maestro della pittura contemporanea come Bill Congdon?

Ho avuto la fortuna di conoscerlo quando ero giovanissimo, nel 1963. Era uno che spalancava gli orizzonti, e dipingendo le terre della Bassa lombarda, dove si era ritirato a vivere e lavorare, ti faceva intravedere l'infinito. Un giorno mi disse: se una canzone non è una finestra aperta sul Mistero, è solo il rumore del nulla. Alcuni giorni fa è venuto a trovarmi in ospedale il mio vecchio maestro delle elementari: ricordo che in quinta ci leggeva la Divina Commedia, aprendo una finestra sulla Bellezza a bambini di dieci anni. È grazie a gente così che le mie canzoni hanno sempre cercato di evocare ciò che tiene in piedi l'esistenza. Partendo da episodi apparentemente banali della vita, aiutano a capire che c'è Qualcosa dentro qualcosa. (Con la mano indica il poster di Natale appeso davanti al suo letto. Riporta anche una frase di don Giussani: «Cristo arriva proprio qui, al mio atteggiamento di uomo, di uno cioè che aspetta qualcosa perché si sente tutto mancante, si è messo insieme a me, si è proposto al mio bisogno originale»).

Giussani diceva che molte sue canzoni esprimono con la musica ciò che lui affermava con le parole. Si sente onorato da un simile riconoscimento?

Il «Gius» è stato maestro in umanità. Nella sua bontà mi chiamava «il poeta». Personalmente non ho mai avuto incarichi nel movimento di Cl, ma ho sempre cercato di seguire quello che lui mi diceva: sii te stesso fino in fondo, così aiuterai tanta gente. Spero di esserci riuscito. Gli sono grato per come ci ha guidato a scoprire Gesù presente nella realtà. Mi dicono che davanti alla sua tomba, al Cimitero Monumentale di Milano, c'è una bacheca con tanti ex voto e messaggi di gente che scrive per ringraziare e per chiedere. Credo che adesso che sta lassù, vicino al Principale, continui a darsi da fare come quando era tra noi. E personalmente non smetto di chiedergli di intercedere per la mia guarigione.

Sul suo sito c'è una lettera scritta in giugno in cui, a proposito della sua malattia, racconta agli amici che «questo è un momento anche di grazia». Come si fa a parlare di grazia nelle sue condizioni?

Nella mia vita ho avuto mo do di toccare con mano tante volte e con tanta evidenza la presenza di Dio: l'amore di mia moglie e dei miei figli, i volti degli amici, l'appartenenza a un popolo, e tante cose che mi sono accadute. La prima percezione che ho avuto quando i medici mi hanno dato notizia del mio male, è che non mi sia venuta addosso una disgrazia, ma che anche questo è un modo - certo dolorosissimo - di far emergere e di testimoniare la gloria di Dio. Altrimenti sarei un dis-graziato, uno che non riconosce ciò che la Grazia ha operato e opera nella sua esistenza. Non si può campare da dis-graziati, sarebbe come negare che la Grazia possa arrivare. Sarebbe come smettere di sperare. E io non smetto.

1 commento:

Francesco Caggioni ha detto...

Mamma, Babbo e Claudio Chieffo, Grazie per la bellissima testimonianza. E' incredibile come uno sguardo diverso alla realta', mi spalanchi gli occhi, il vero miracolo e' quello della nostra conversione. Grazie a questo articolo e a questa lettera mi sento un po' piu' convertito di ieri.

Questo articolo certo e' degno del nome del sito !!!!