venerdì 15 giugno 2007

OBIEZIONE DI COSCIENZA, PIU' CHE UN DIRITTO STA DIVENTANDO UN DOVERE


di Daniela Pozzoli
Tratto da AVVENIRE
«La pillola del giorno dopo, il Norlevo, non è acqua fresca. E per il medico avere la libertà di coscienza di prescriverla o meno non è solo un obbligo morale ma anche un dovere deontologico».
abbiamo ribadito la nostra obiezione più che di coscienza direi professionale, quando si tratta di prescriverne la somministrazione. Come nel codice deontologico dei medici anche in quello dei farmacisti è prevista la libertà di muoversi in autonomia davanti a richieste che non condividiamo»


Filippo Maria Boscia, ginecologo pugliese, vice presidente vicario dell’Associazione medici cattolici italiani e presidente della società italiana per la bioetica, ha fatto un balzo sulla sedia quando si è visto recapitare una circolare dell’Asl di Bari che ne prevedeva la distribuzione gratuita e senza l’obbligo della prescrizione nei consultori e ambulatori baresi.

Circolare che è stata ritirata dopo mille polemiche e l’intervento dell’assessore regionale alla Sanità. «Prescrivere il Norlevo non rientra nelle mansioni del medico perché nostro compito primario è curare le malattie o prevenirle – spiega Boscia – e non mi risulta che il concepimento sia una malattia. Ma a parte la battuta – riprende il ginecologo che è anche direttore del Dipartimento materno-infantile dell’Azienda sanitaria Bari –, l’obiezione resta un diritto garantito da ogni Stato democratico».

Per il momento la polemica locale è rientrata anche se il tema verrà ripreso in Consiglio regionale: «Darò battaglia», promette Boscia che era già intervenuto su un caso analogo in Campania dove riuscì a far revocare una circolare, proprio sostenendo le ragioni dell’obiezione di coscienza del medico. Quello su cui Boscia insiste è proprio l’azione anti-nidatoria dell’ormone alla base della pillola del giorno dopo, il levonorgestrel, che interferisce con l’ovulazione e uccide di fatto l’embrione. Azione abortiva che viene contestata dai radicali che lo descrivono piuttosto come un «contraccettivo d’emergenza». «No, non possiamo definire contraccettivi quei prodotti chimici che hanno un’azione devastante sull’embrione – riprende Boscia –. Ma c’è un altro argomento: la legge 40 del 2004 riporta le norme in materia di procreazione medicalmente assistita e all’articolo 1 riconosce l’embrione umano, anche nei primissimi giorni di vita, come soggetto titolare di diritti. Nella procreazione assistita l’embrione in provetta, non ancora trasferito in utero, si trova nella stessa fase primordiale del concepito nelle prime 72 ore. Così se si prevede l’obiezione di coscienza del medico di fronte alla manipolazione dell’embrione in provetta, come non prevederla anche davanti alla prescrizione della pillola del giorno dopo se l’uso comporta un rischio elevato di uccisione del concepito?».
Il ragionamento fila e secondo il professor Boscia esistono anche ragioni cliniche che attengono alla tutela della salute della donna: «Quando un medico prescrive la pillola anticoncezionale richiede gli esami su eventuali anemie, sulla condizione del fegato, sulla coagulazione del sangue – spiega –. Ma se arriva al pronto soccorso alle due di notte una donna che chiede la pillola del giorno dopo come facciamo a sapere quale sia la sua storia clinica? È come muoversi al buio. Va detto che con il Norlevo si va a somministrare un dosaggio altissimo rispetto alla normale pillola contraccettiva, che corrisponde a 15 pillole contraccettive assunte tutte insieme».
Ma c’è chi non la pensa come il professor Boscia. Il ginecologo radicale Silvio Viale nei giorni scorsi davanti ad alcuni licei milanesi ha infatti distribuito alle adolescenti che la richiedevano la ricetta con la prescrizione del Norlevo. Viale ritiene infatti che si tratti di contraccezione d’emergenza e non di una pillola abortiva, chiedendo a gran voce che il Norlevo venga equiparato ai farmaci da banco, ottenibili senza alcuna ricetta.

«Il dottor Viale potrà consultare per onestà scientifica il lavoro pubblicato sull’ultimo numero della rivista Fertility and Sterility – replica Boscia – e si renderà conto che sono indicate le varie funzioni del farmaco: al primo posto si parla proprio di "inibizione della fase dell’impianto", vale a dire che è avvenuta la fecondazione e lo zigote sta per annidarsi ma questo farmaco lo spiazza perché non gli fa trovare il terreno idoneo.

L’altra cosa che vorrei dire a Viale è che somministrare ad adolescenti un alto dosaggio di ormoni è criminoso perché molte ragazze non hanno ancora completato la maturazione riproduttiva. Gli ricordo inoltre che così si banalizza la sessualità e – cosa di una gravità enorme – si espropria la famiglia del suo ruolo formativo. Vorrei poi rivolgermi ai giovani: quale valore avrà in futuro la vostra sessualità senza la ricchezza del significato che gli è propria, senza un’apertura alla vita gestita dalla vostra responsabilità o dai vostri valori e non dai cosiddetti contraccettivi d’emergenza? Attenzione a non rassegnarvi a un "minimo morale"».

Contrario alla eliminazione della ricetta medica – punto sul quale insistono invece i fautori della pillola del giorno dopo, radicali in testa – Boscia contesta per tutte queste ragioni che il Norlevo possa diventare un prodotto da banco. «Il Ministero della Sanità – spiega ancora – ha imposto l’obbligo della ricetta perché la prescrizione del farmaco è affidata alla discrezionalità, all’autonomia e alla responsabilità del medico. Qualsiasi cosa accada ricade su di noi. Non capisco come faccia un medico responsabile a prescriverla a occhi chiusi». E se a decidere è il paziente? «Se si presenta da me una donna che mi chiede il taglio cesareo io non sono obbligato a praticarglielo se non lo ritengo necessario, ma sono tenuto a comunicarle che non condivido questo tipo di richiesta, e lei è libera di scegliersi un altro ginecologo. Il medico ha l’obbligo di confrontarsi con il codice deontologico che gli attribuisce autonomia nella scelta terapeutica insieme alla responsabilità connessa. Nel caso del cesareo l’autonomia viene data alla donna, la responsabilità al medico, che però non è più il prescrittore ma l’esecutore materiale. Credo che l’azione medica sia un’arte che va riconsegnata ai medici, mentre stiamo andando verso una medicina "fai da te" dove il medico viene chiamato a fare il notaio».

«Ecco spiegato – aggiunge il ginecologo – perché aumenta il fronte dell’obiezione, non per motivi religiosi ma medico-scientifici. Se una donna va dal chirurgo per chiedere una lipoaspirazione ed è vittima di un’embolia è il medico il responsabile. Poniamo che quel chirurgo non avesse condiviso la richiesta della paziente e si fosse rifiutato di sottoporla a intervento: crede che ci sarebbe stata un’alzata di scudi per obbligarlo a compiere una scelta che non approva?».

Convegno La pillola del giorno dopo: tra verità scientifica e mistificazione ideologica»,

è il titolo del convegno che si è tenuto lunedì a Bari, a cura dell’Ufficio per la Pastorale della famiglia, dell’associazione Scienza & vita, del Centro di aiuto alla vita, del Forum delle associazioni familiari, del Forum delle associazioni socio-sanitarie e dell’Associazione medici cattolici. Tra gli intervenuti, Maria Luisa Di Pietro, presidente nazionale di Scienza & vita, Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita e Filippo Maria Boscia. «Davanti al dato che nel 25% dei casi il Norlevo ha effetto abortivo – ha spiegato Boscia – abbiamo ribadito la nostra obiezione più che di coscienza direi professionale, quando si tratta di prescriverne la somministrazione. Come nel codice deontologico dei medici anche in quello dei farmacisti è prevista la libertà di muoversi in autonomia davanti a richieste che non condividiamo»





































































































Eventi

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Labels: Il meticciato delle culture, Un uomo aveva due figli


mercoledì 6 giugno 2007
Francia: intensificare gli esami per trovare tutte le Trisomie 21

D' ici fin juin, la Haute autorité de santé (HAS) va recommander au ministère de la santé une modification de la loi pour autoriser un dépistage plus précoce de la trisomie 21. Cet avis se base sur une enquête clinique menée par l'Assistance-Hôpitaux de Paris (AP-HP) dont les résultats ont été publiés hier.

A ctuellement, le dépistage de la trisomie 21 repose sur plusieurs examens : échographie, marqueurs sériques, amniocentèse...

Le Pr Patrick Rozenberg, du service de gynéco-obstétrique de l'hôpital de Poissy-Saint-Germain, estime que "l'accumulation de ces méthodes de dépistage, indépendantes les unes des autres, a conduit à un dérapage complet et à une survalorisation du risque de trisomie 21". "Cela a entraîné la réalisation d'un nombre excessif d'amniocentèses." "Un acte qui est loin d'être anodin puisqu'il entraîne le décès d'un fœtus sur 100", précise-t-il. En Ile-de-France, 15% des femmes enceintes font une amniocentèse. "Un chiffre énorme si on le compare au risque de trisomie 21 qui, globalement est de 1 sur 700 naissances."

Le Pr Rozenberg, avec l'unité de recherche clinique Paris-Ouest de l'hôpital Ambroise Paré, a mené une étude clinique pour réduire le taux d'amniocentèses. Réalisée sur le département des Yvelines, cette étude a duré 3 ans, de 2001 à 2003. Il a été proposé à 22 000 femmes enceintes, dès leur premier trimestre de grossesse, un dépistage combiné : mesure de la clarté nucale et dosage de deux marqueurs sériques. "Sur ces 22 000 femmes, 79 étaient porteuses d'un fœtus atteint de trisomie 21. Notre méthode présente un taux de détection de 80 %, contre 75 % pour les méthodes actuelles", rapporte Laurence Bussières (Unité de recherche d'Ambroise Paré).

Didier Sicard, Président du Comité consultatif national d'éthique (CCNE) s'inquiète du renforcement du dépistage : "Cette perspective a ceci d'effrayant qu'elle va permettre de trouver de nouvelles anomalies que l'on ne saura pas interpréter. Quel est l'intérêt ? Qu'en fera-t-on ?".

S oulignant le paradoxe de notre société actuel "peu encline à accepter le handicap comme faisant partir d'une normalité humaine", Didier Sicard note qu' "en France, on considère que mettre au monde un enfant trisomique relève d'une erreur médicale ou d'une irresponsabilité maternelle, et qu'il s'agit d'une véritable tragédie". "Nous prônons la fraternité mais dans le même temps, nous exigeons des handicapés qu'ils s'adaptent à la société."

© genethique.org


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