mercoledì 20 giugno 2007

GIROTONDO DI OPINIONI A PARTIRE DA UNA LETTERA DI GIANCARLO CESANA AL FOGLIO.



Tempi num.5 del 26/01/2006
Educazione
Se ci fosse un'educazione, il popolo starebbe meglio
GIROTONDO DI OPINIONI A PARTIRE DA UNA LETTERA DI GIANCARLO CESANA AL FOGLIO. MAGDI ALLAM, RISé, GIORELLO, PACE, MARCENARO, GALAN, FOUAD ALLAM
di Giojelli Caterina

Magdi Allam
vicedirettore e giornalista
del Corriere della Sera

Condivido appieno l'affermazione di Giancarlo Cesana «non si può amare un valore senza amare chi lo porta, non si può amare la vita senza amare gli uomini», e ancora «una società solo di idee è una società di pazzi, è una società che non tiene conto della realtà: in positivo degli interessi e degli affetti; in negativo, delle connivenze e delle complicità, che agitano la vita degli uomini». Sin dal primo momento mi ha unito a Comunione e Liberazione la fede nel primato della persona e della centralità del suo diritto alla vita in quanto bene trascendentale che niente e nessuno può umiliare o violare. E giustamente Cesana, facendo riferimento al clima torbido che sta accompagnando la campagna elettorale e ancor più alle regole che dovrebbero sottostare al sistema politico, ci ricorda che dobbiamo fare i conti con la persona così come è e non come potremmo immaginarcela in un contesto ideologizzato che si vorrebbe far passare per idilliaco.
Spesso le distorsioni intellettuali e le perversioni morali sono il risultato della decontestualizzazione dell'evento. Ad esempio l'apologia del terrorismo islamico è stata tollerata in Occidente, considerandola libertà di espressione, fino a quando il terrorismo non ha colpito all'interno stesso dell'Occidente. Solo allora si è compreso che deve essere sanzionata come reato penale in quanto parte integrante del processo che sfocia nel terrorismo. Ebbene, tornando alla torbida campagna elettorale, è chiaro che noi italiani dobbiamo maturare una sana e realistica cultura politica che consideri con naturalità e positività il sodalizio tra un legittimo interesse e un nobile valore. Scrive Cesana: «I valori, secondo l'opinione corrente, sembra debbano essere disinteressati, purificati dalla contaminazione dei desideri personali, pure idee, che stanno in un mondo loro, distaccato da quello degli uomini». È evidente che non potrebbe essere così, che non è mai stato né potrà mai essere così. Sarebbe come, parafrasando un detto popolare, voler fare le nozze con i fichi secchi.
Diverso è il discorso sull'assenza dei valori o sulla preminenza dell'interesse sui valori. Per noi è chiaro che i valori sono irrinunciabili e che costituiscono il traguardo che illumina il nostro percorso. Un percorso che facciamo noi, persone umane, con i nostri pregi e difetti, con gli strumenti che ci sono dati, ma forti della fede nel valore trascendentale della vita.


Claudio Risé
psicoanalista e scrittore

«Se ci fosse un'educazione, il popolo starebbe meglio». Certo, l'abbiamo detto assieme ad altri, nel frattempo vertiginosamente cresciuti, e il tutto è visibile su www.appelloeducazione.it.
Penso però che questo intervento di Giancarlo Cesana offra l'opportunità, e l'indicazione, per vedere meglio come questa mancanza di un'autentica educazione si accompagni all'offerta di un manierismo perverso e immobilizzante. Quello che porta, ad esempio, a guardare la vita e le sue vicende (come dice qui Cesana) dal buco della serratura, rimanendo in una posizione di voyeurismo moraleggiante, che tende ad inchiodare la vita del Paese su un dibattito sull'agire "elegante", confuso con l'agire legale. Dimenticando, ad esempio le ragioni della semplicità, della sopravvivenza, dello sviluppo o della necessità, tutte cose che eleganti non sono, ma fanno parte della vita nei suoi aspetti più naturali, dunque più sani.
Dov'è che affonda le sue radici questo manierismo moralistico, che si è sostituito all'educazione alla vita e alla sua verità? Non è una domanda teorica: se non sappiamo da dove viene il virus non potremo mai combatterlo veramente. Penso, con molti altri, che l'origine di questo processo, che ha sostituito l'educazione alla vita con uno spiarla attraverso un sentimento perverso e imbarbarito, affonda in quello snodo centrale del processo di secolarizzazione che è stata la rivoluzione francese. Allora lo Stato rivoluzionario (che poi è il modello di gran parte degli attuali Stati europei) ha voluto togliere dalla vita degli uomini Dio, e qualsiasi sua possibile rappresentazione sulla terra. Questo mondo senza Dio però, naturalmente, produce il Terrore. Non solo quello delle carcerazioni, e delle ghigliottine ma, in modo più continuo e pervasivo, il terrore di ciò che l'uomo senza Dio può fare. All'occhio di Dio si sostituisce così l'occhio (più tardi le intercettazioni) del giudice. La legge naturale, divina, viene rimpiazzata con un proliferare di leggi, i famosi dispositivi di controllo, giudiziario e comportamentale (di cui si è così ben occupato Michel Foucault). È questa costruzione artificiale, ideologica e giudiziaria, che tende ad imbrigliare l'uomo, che non si fida più di se stesso, perché non può più contare su Dio, in quella "ortopedia dell'anima", che è il manierismo (nel senso di innaturale e stereotipato) culturale e comportamentale dominante. Ed è sempre questa rete di convenzioni artificiose, e sostanzialmente false, che si sostituisce all'educazione alla verità e alla vita, che è poi quel Dio fatto uomo che le ha annunciate, su cui è fondata la nostra civiltà, e la nostra umanità.


Giulio Giorello
filosofo ed editorialista
del Corriere della Sera

Nel suo intervento Giancarlo Cesana dà prova di sano "buon senso" (parole sue). Là dove se la prende con lo stereotipo di valori "disinteressati". In questi tempi di platonismo un po' di accatto ci voleva "un leader cattolico" per rivendicare il pragmatico empirismo di David Hume: la ragione non è la signora bensì la serva delle passioni. Il problema non è quello di un qualche ideale di "superiore verginità", bensì quello della realtà effettuale, per dirla con Machiavelli. Una politica che si avvita su se stessa e un'economia che ristagna: ecco due "vizi" imperdonabili per chi ha un concetto machiavelliano di virtù. Di fronte alla doppia impotenza, politica ed economica, che il caso Unipol rivela, sono poca cosa le dichiarazioni di "stupore" e "amarezza" dei leader Ds. Anche qui: niente moralismi. A quei funzionari di partito così sconvolti consiglierei una battuta attribuita a Spinoza (il cui tono marinaresco non dovrebbe poi dispiacere): «L'odio e il pentimento sono i peggiori di tutti i vizi. Non si piange sul latte versato, si cambia rotta». Condivido anche l'insofferenza di Cesana per "inquisitori, agenti segreti e simili", solo che (qualche volta) scriverei Inquisitori con la maiuscola. Non dimentichiamo da che tradizione di intolleranza viene la nostra "società civile".
Ben venga, infine, un cristianesimo che ricordi le ragioni della carne, di pelle e di sangue, richiamandoci al fatto che prima di sentirci portatori di questo o quel "valore" dovremmo ricordarci di essere individui, anzi "singolarità corporee", e non semplici istanze di questa o quella idea. Su questo punto possono incontrarsi, o magari scontrarsi, caratteri religiosi e temperamenti materialistici. Ma sarà un incontro-scontro fecondo. Auguro a Cesana che la sua perorazione venga accolta.
P.S. Ho apprezzato la menzione della risposta di Luigi Giussani al ragazzo troppo zelante. Visto che ho avuto don Giussani come insegnante di religione al liceo, posso assicurare che a quell'epoca per stare con la mia ragazza (di allora) io avrei dato altre più materialistiche motivazioni - che il lettore può agevolmente immaginare.


Lanfranco Pace
giornalista del Foglio
e della trasmissione "Otto e Mezzo"

Vivaddio. E viva pure lo Squalo che sia pure con metodi un po' bigi intrecciò insieme politica, economia e forza culturale, anticipando perfino quello che fecero i Grünen in Germania. Meglio la trasparenza della tentazione che l'opacità del peccato.


Andrea Marcenaro
giornalista di Panorama
e del Foglio

Il problema teologico dell'amore è quello della possibilità di un amore totalmente disinteressato: se cioè, dato che l'amante ricerca un bene come proprio e quindi, più ancora che l'oggetto amato, ama la propria persona (come ragione dell'amore), sia possibile all'uomo amare naturalmente Dio più che se stesso e, in caso affermativo, in che relazione stia tale amore con quello di sé. Nel nostro caso il problema è quindi se Massimo D'Alema, stringi-stringi, abbia ricercato in Ivano Sacchetti un amore per sé, o non piuttosto una Unipol per se stesso. Qui pulsa il conflitto tra ideale e amicizia. In Amore e raggiro, di Schiller, l'amore tra Luisa e Ferdinando è ostacolato dal padre di Ferdinando, il quale si avvelena dopo aver avvelenato Luisa. In Amore e raggiro, di Mieli, l'amore tra Massimo e Ivano è ostacolato da Francesco Greco. Volentieri Massimo avrebbe sussunto gli errori di Ivano, continuando privatamente ad amarlo. Ma come, se il privato è politico? Cippirimerlo. L'avvelenamento di Ivano era tecnicamente inevitabile, date retta a me, Massimo però, mentre il liquido della boccetta colava sulla lasagna, teneva senz'altro la morte nel cuore.


Giancarlo Galan
Presidente della Regione Veneto

Mi ci ritrovo male se si tratta di parlare di valori, morale, gente perbene.
Sono subito d'accordo invece verso la metà della lettera di Cesana, quando si parla di responsabilità e consapevolezza. Penso anch'io che quando si ha a che fare con le idee, i valori, la morale se c'è chi ha la consapevolezza delle "cose" in cui vive o di cui vive c'è chi dispone della pazienza e della prudenza necessarie a non impantanarsi in orgogliosi e arroganti "giudizi" sugli altri, sul mondo, sulla storia.
Non credo di disporre di molta pazienza e quindi di prudenza, però ho capito trattarsi di valori che se praticati possono rendere più equilibrati e più giusti i nostri rapporti con gli altri.
Inoltre, il vero senso di responsabilità ci porta a delle scelte, ci spinge a compiere atti (compreso l'astenersi da ogni azione). Il che significa disporre di valori di riferimento che danno il peso della responsabilità alla nostra vita ed è questo "peso" che può renderci "leggeri" nel nostro rifiuto a ritenerci i migliori, a non rifugiarci soltanto tra la gente "perbene".


Khaled Fouad Allam
docente all'università di Trieste e Urbino,
editorialista di Repubblica

L'analisi di Cesana mette a fuoco la crisi di ciò che oggi è la politica. Una crisi che tende a occultare, a nascondere la fine delle passioni politiche e di tutto ciò che è legato ai valori. Noi tendiamo forse troppo a vedere negli schieramenti politici e nelle leadership il cuore del problema. Ma la crisi della politica è la crisi di noi stessi: non possiamo prescindere da questo, perché la politica, che sia di destra o di sinistra, siamo noi. E ciò forse significherebbe oggi la necessità di una maggior autenticità e non di una fuga dalla realtà.

Nessun commento: