venerdì 22 agosto 2008

LA NOSTRA COMPAGNIA CANTIERE DEL BENE COMUNE


22 agosto 2008

Parla Bernhard Scholz, tedesco, nuovo presidente della Cdo

Quando la scorsa primavera qualcuno gli ha fatto capire che poteva essere lui il nuovo presidente della Compagnia delle opere, Bernhard Scholz ha pensato subito ad uno scherzo. Invece era proprio vero. E a sorpresa, il 4 aprile scorso, il consiglio direttivo della Cdo lo ha nominato alla successione di Raffaello Vignali. Così lui, tedesco di Müllheim, 51 anni, sposato, tre figli, oggi è alla testa della più dinamica associazione di rappresentanza delle piccole e medie imprese italiane.
In realtà questa è una definizione riduttiva per spiegare cosa sia la Cdo. E lui tiene a sottolineare che lo scopo vero dell'associazione è «il sostegno reciproco nella creazione di opere che vogliono mettere al centro il bene della persona, rafforzare la libertà e contribuire al bene comune».

Questo ha detto appena nominato. E in questa linea si è mosso, con calma e con decisione, nei primi mesi della sua conduzione.
Scholz è un uomo cui non piace la retorica ed è abituato a dire pane al pane e vino al vino. È un uomo concreto, che si è fatto un'idea molto precisa di quella che è la strada da percorrere. E, ad esempio, è del tutto convinto che su questa strada il non profit debba giocare un ruolo decisivo. Come ha voluto spiegare in questa lunga intervista concessa a Vita proprio alla vigilia del momento pubblico più importante per la vita della Cdo: il Meeting di Rimini.

Vita: Facciamo un passo indietro. Torniamo a quel 4 aprile di quest'anno: lei, tedesco, viene chiamato alla guida di un'associazione di rappresentanza di aziende e di realtà d'impresa italiane. Certamente una scelta innovativa. Ma anche un po' spiazzante. Non pesano le differenze di cultura, di stile e di sensibilità?


Bernhard Scholz: Ho degli amici in Italia da quando ho studiato in università e sono in Italia da molti anni lavorando nel campo della consulenza e della formazione, un'attività che mi ha portato a stretto contatto con imprenditori, manager e dipendenti. Credo ormai di conoscere bene la cultura e la sensibilità italiane, che sento anche molto vicine. Le sfide e i temi dell'imprenditoria sono oggi molto simili in tutti i Paesi europei e dove ci sono delle differenze è proprio la possibilità di paragonare che aiuta a comprendere le caratteristiche specifiche delle singole realtà. E poi non dimentichiamoci che la Cdo è una realtà sempre più internazionale: per ora siamo presenti in 14 Paesi; e io condivido con convinzione la natura e la finalità dell'associazione. E comunque, prima di qualunque altra cosa, io sono cristiano.

Vita: Lei ha una storia come "formatore". Come giocherà questa sua esperienza e questa sua "vocazione" nella direzione della Cdo?
Scholz: Formazione è prima di tutto valorizzazione dei talenti e delle capacità della persona, tenendo presente che una vera valorizzazione implica sempre una responsabilizzazione all'interno dell'impresa o dell'opera. Penso che un lavoro in questa direzione corrisponda alla natura della Cdo stessa e alle esigenze delle imprese.

Vita: Che cosa è oggi la Cdo? E qual è la sua idea della Cdo di domani?
Scholz: La Compagnia delle Opere è un'associazione tra imprenditori, professionisti e persone che hanno vari tipi di responsabilità nel mondo del lavoro, uniti nello scopo di sostenersi reciprocamente nella creazione e nello sviluppo di opere e imprese, prima di tutto per rispondere in modo sempre più adeguato al proprio bisogno umano ed imprenditoriale in tutta la sua ampiezza contribuendo così alla costruzione del bene comune. Tanto più saremo fedeli a questa impostazione originaria, tanto più saremo capaci di inventare forme nuove per rendere più efficace la nostra azione. Oltre un continuo miglioramento dei nostri servizi, dobbiamo concentrarci in questo momento in modo particolare sull'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, sulla formazione manageriale nelle imprese profit e non profit, e sul favorire una maggiore collaborazione fra le imprese anche a livello internazionale per creare delle reti che permettano di affrontare le sfide della globalizzazione.

Vita: Come gruppo editoriale, attraverso questo giornale e attraverso il nostro mensile Communitas, da un anno abbiamo lanciato e tenuto alto il dibattito sull'autonomia dei soggetti sociali. Quale pensa debba essere il rapporto corretto e più fruttuoso tra politica e soggetti sociali?
Scholz: Chiediamo alla politica un assetto di sussidiarietà che permetta a tutti i soggetti sociali di vivere e crescere, di essere valorizzati idealmente e dove necessario anche materialmente per poter dare con le loro esperienze e competenze specifiche il loro contributo al bene del Paese. La sussidiarietà non interessa solo le opere in sé, ma anche le persone che alle opere sono affidate e le persone che lavorano nelle imprese o che potrebbero lavorarci se ci fosse più possibilità di creare lavoro. A noi non interessa difendere interessi corporativi. Ci interessa che lo stato sia al servizio della società e che le realtà che compongono la società siano al servizio del bene comune cioè del bene di ognuno.

Vita: La Cdo è un sistema che tiene insieme imprese profit e non profit, su che criterio?

Scholz: Alla base di ogni impresa c'è il desiderio di una persona di esprimere la propria umanità attraverso il lavoro. Questo vale sia per le imprese profit che per quelle non profit. A noi interessa condividere e sostenere questa tensione. Per questo motivo non c'è una differenza sostanziale fra le due categorie che possono quindi benissimo stare insieme, anzi essere di aiuto l'una all'altra.

Vita: Non pensa che il modello Cdo abbia qualcosa da dire o da suggerire al sistema delle rappresentanze sociali sempre più in crisi, non solo per sofferenza di autonomia ma anche per incapacità di rappresentanza?


Scholz: Per noi rappresentanza vuol dire rendere presente alla società e alle istituzione pubbliche le nostre esperienze in quanto contributi diretti o indiretti al bene comune e chiedere, come ho già accennato, in nome della sussidiarietà, gli spazi e i riconoscimenti necessari non solo per noi ma per tutti coloro che lavorano per poter sviluppare ulteriormente le potenzialità presenti. Il "5 per mille" è nato come idea all'interno della Cdo ed è stata una proposta per tutti, le nostre richieste di deburocratizzazione e di defiscalizzazione riguardano tutti. Ogni rappresentanza dovrebbe basarsi su una conoscenza e condivisione del lavoro dei propri associati, altrimenti il rischio di diventare autoreferenziali è sempre dietro l'angolo. Al di fuori di un sistema sussidiario ogni rappresentanza tende a fare prevalere i propri interessi particolari sugli altri. Quanto questa nostra esperienza contenga dei suggerimenti al sistema di rappresentanza in generale, non so valutare. Noi cerchiamo di fare al meglio la nostra parte collaborando, quando è possibile, con tutte le altre associazioni.

Vita: Il cuore della Cdo è quella che Aldo Bonomi chiama la neo borghesia imprenditoriale. Cosa può dare la Cdo a questa classe sociale? Una difesa attiva dei suoi interessi? Un senso di appartenenza ad una storia?


Scholz: Il cuore di Cdo è una «amicizia operativa con un criterio ideale» fatta da persone e imprenditori che desiderano condividere il loro lavoro, le loro sfide professionali, nella tensione al significato che si esprime in questo lavoro. In questo modo si coinvolgono imprese manifatturiere e scuole, associazioni sportive e liberi professionisti. La nostra è una realtà difficile da classificare, soprattutto se aggiungiamo le tante opere, spesso poco strutturate, dedicate all'aiuto gratuito di chi ha bisogno. Certamente le Pmi sono una parte molto importante e noi più che difendere i loro interessi chiediamo alle autorità pubbliche di riconoscere a loro gli spazi di cui hanno bisogno per poter operare: un carico burocratico meno opprimente, una pressione fiscale meno penalizzante ed un sistema logistico più funzionale. Le Pmi italiane sono senza paragone le più motivate e più creative: per crescere hanno solo bisogno di poter respirare aria libera.

Vita: Un esempio di richiesta concreta che intendete avanzare?


Scholz: Voglio fare un esempio sulle imprese non profit. Sappiamo tutti che l'Irap penalizza chi crea posti di lavoro. E ci dicono che per il momento sarà difficile toglierla alle Pmi. Ma perché tante Regioni la fanno ancora pagare alle scuole paritarie e alle opere non profit? Per loro che hanno quasi solo "costi" di personale è un impedimento a dare contributi ancora migliori al bene comune!

Vita: La Cdo è anche un grande insieme di storie e di esperienze. Ce ne può raccontare una che l'ha particolarmente colpita in questi primi mesi di presidenza?


Scholz: Rimango sempre molto colpito dalle esperienze che nascono dal fare rete, dal mettersi insieme di imprenditori - anche concorrenti tra loro - per meglio rispondere alle esigenze di ciascuno. Penso ad esempio alla ventina di agricoltori delle Marche che, un paio di anni fa dopo la chiusura di uno zuccherificio, erano destinati al fallimento. Invece si sono messi insieme, aiutati dalla nostra sede Cdo, e hanno sviluppato un progetto per riconvertire la loro attività realizzando una centrale di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Oggi hanno costituito una srl consortile per la valorizzazione delle biomasse attraverso la produzione e la vendita di energia termica ed elettrica.

Vita: Tra le sue priorità c'è l'accesso al lavoro per i giovani, specie quelli che vengono da condizioni di disagio. Quali sono le strade da percorrere?


Scholz: Ci sono diversi imprenditori che, attraverso i contratti di formazione, hanno assunto dei giovani disagiati affidati alle nostre opere. All'inizio tanti di questi imprenditori erano diffidenti, ma poi sono diventati dei veri maestri che hanno permesso a questi ragazzi di fare una esperienza così positiva del lavoro che spesso sono stati assunti direttamente dalla stessa azienda o da altre aziende. Sono delle testimonianze che valgono più di cento teorie.

Vita: Una domanda obbligata. La Cdo nasce da una matrice cattolica e dall'esperienza che molti di voi hanno fatto in Cl. Come si configura oggi il rapporto tra Cdo e Cl?


Scholz: All'origine della Cdo c'è il carisma di don Luigi Giussani che mi ha sempre affascinato per la sua passione per l'uomo, per la sua felicità, per la sua libertà proprio in mezzo alle vicissitudini quotidiane. Il lavoro di Cdo è un continuo approfondimento di questo carisma dentro la realtà lavorativa. Questo carisma educa ad una identità cosi riconoscente del positivo ricevuto che diventa un'apertura verso tutti e verso tutto. In questo senso l'apertura della Cdo è una caratteristica legata alla sua origine. Quindi la Compagnia delle opere guarda verso Cl come sua origine sempre presente e Cl guarda verso la Cdo come una continua verifica dell'educazione che intende "generare" persone libere e responsabili. Sono due realtà distinte ma unite alla radice: l'educazione ad una fede viva e responsabile attraverso Cl e la vita lavorativa vissuta dentro la Cdo, dove questa fede "si mette in gioco" quotidianamente, affrontando con coraggio anche questioni che spesso vengono moralisticamente taciute o denigrate, come l'uso dei soldi e del potere.

Vita: Il titolo del Meeting di Rimini di quest'anno è affascinante. Che cosa significa oggi essere "protagonista"? Vuol dire cercare un'egemonia sociale?


Scholz: Come spiega il brano di don Giussani da cui è tratto questo titolo, «protagonista non vuole dire avere la genialità o la spiritualità di alcuni, ma avere il proprio volto, che è, in tutta la storia e l'eternità, unico e irripetibile». Siamo immersi in un mondo che fa coincidere il protagonismo con la riuscita, con il successo, con l'immagine di un potere o di una egemonia, e con il riconoscimento sociale che ne deriva. Ma questo è un protagonismo per pochi. Peggio, è una gabbia. Invece la consistenza del "volto unico" sta nel suo rapporto con il destino, con l'infinito. In questo senso ognuno è chiamato ad essere protagonista. Cdo esiste anche perché ci si possa aiutare a diventare veri protagonisti, della propria vita, del lavoro, dell'opera, e quindi del bene comune.

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