mercoledì 27 agosto 2008

PARTIRE PER RIMANERE COMUNIONE E MISSIONE IN RUSSIA


Incontro con l’arcivescovo di Mosca monsignor Paolo Pezzi
(G.B.)
Rimini, 26 agosto 2008


Un auditorium stracolmo di persone ha accolto con un grande applauso l’ingresso in sala di monsignor Paolo Pezzi. L’occasione è stata l’incontro svoltosi alle 17 in sala D7 dal titolo “Partire per rimanere: comunione e missione in Russia” che ha visto come protagonista il sacerdote di origini romagnole nominato da poco meno di un anno arcivescovo di Mosca.




“Sono quasi imbarazzato nel darle del ‘lei’ – ha detto nell’introduzione Alberto Savorana, portavoce di Comunione e Liberazione – per quell’amicizia che con don Paolo ho condiviso fino adesso. Ci tengo a chiedergli che cosa ha generato il ‘sì’ di un giovane in servizio di leva all’invito di un commilitone. Chi avrebbe mai immaginato questo filo della storia?”. Ricordando l’esperienza da seminarista di don Luigi Giussani, Savorana ha poi aggiunto che “oggi don Gius si compiace perché un suo figlio è stato chiamato a collaborare affinché quel suo sogno giovanile di unità della Chiesa di Dio diventi realtà”.

“Quando mi hanno chiesto di parlare a questo Meeting – ha esordito monsignor Pezzi – ho subito pensato a quando venticinque anni fa io montavo questo palco come volontario. C’era il mio amico Aldo che teneva la supervisione, sapeva tutto di come si doveva lavorare. E io seguivo lui. Oggi sono a parlare da questo sacerdote di origini romagnole nominato da poco meno di un anno arcivescovo di Mosca.
ma nella sostanza è lo stesso”. Gli applausi dei presenti quasi coprono le parole dell’arcivescovo.

“Nella mia vita ho sempre cercato la risposta al mistero di Dio – ha continuato -, magari anche ingenuamente e incoscientemente, ma ho scoperto con stupore un disegno buono sulla mia vita”. E così, continuando il paragone con la sua esperienza di volontario al Meeting, monsignor Pezzi ha tenuto a precisare che oggi per lui “dire sì a Cristo nell’accettare la nomina del Papa è come quando venticinque anni fa dicevo di sì ad Aldo che mi chiedeva di portargli una chiave numero cinque per montare il palco”.

“Come posso allora servire questo mistero?” si è chiesto. “Per rispondere devo rimanere in rapporto con Dio, perché il sì a Cristo è sempre un sì a persone e circostanze concrete.

Per questo mi interessava di più il sì che continuare a sognare circostanze favorevoli al mio temperamento. Ciò che fa fiorire il deserto è l’offerta quotidiana.

Perché anche la vita di tutti i giorni di un vescovo è piena di cose aride, ma questa è un’occasione di protagonismo solo se si offre ogni cosa a Cristo”.

Passando a spiegare il titolo scelto per l’incontro, il presule ha raccontato di un aneddoto avvenuto quindici anni fa, quando prima di ripartire per la Russia era stato a trovare un amico monaco della Cascinazza, nell’hinterland milanese.

“Gli dissi che lui rimaneva in monastero perché io potessi partire. Non si rimane infatti se non per partire. E non si parte se non per rimanere. Solo rimanendo nello stupore ritrovo il gusto dell’avventura della mia vita e della missione che ho imparato a gustare all’interno della Fraternità San Carlo Borromeo e nel rapporto con don Massimo Camisasca”.

Il sì pronunciato da monsignor Pezzi è sempre stato un gesto concreto, di cui fare memoria e poter rendere testimonianza. “Nel 1984, in occasione del trentennale del movimento – ha raccontato – scrissi a don Giussani che ero così grato dell’esperienza vissuta da essere disposto ad andare ovunque nel mondo. Non avevo mai pensato alla Russia, se non per le affascinanti letture del Samizdat. Partire per rimanere per me è stata una condivisione di vita, che oggi si riflette nell’attirare uomini in un miracolo di comunione. La vita si trasforma solo nell’obbedienza – ha aggiunto – che è la condizione secondo la quale tutto quello che fai esprime la comunione che affermi, piegarsi alle circostanze invece che perseguire un proprio progetto”.

Nell’ultima parte del suo intervento monsignor Pezzi si è soffermato a parlare della situazione della Russia, sottolineando un problema fondamentale di metodo: “Oggi ci si arresta a livello di analisi della situazione, dimenticando qual è la priorità e il punto di partenza. Per chi vive in Cristo l’ecumenismo è infatti l’andare verso l’altro col desiderio di conoscere la verità in lui presente. Attraverso di me la presenza di Cristo tende a diventare trasparente e questo lo posso vedere nella mia amicizia con alcuni preti ortodossi con i quali ci troviamo in incontri informali che hanno a tema l’educazione di noi stessi e di chi incontriamo”.

“Tutta questa mia esperienza – ha concluso il vescovo – mi fa guardare con pietà alle persone che incontro senza voler ingrossare le fila. Per me significa guardare con attenzione alla realtà della Russia e della sua Chiesa ortodossa, ricordandomi che tutti gli uomini, compresi i russi, sono bisognosi di Cristo”.

“Carròn tempo fa ci diceva che c’è un inconveniente in tutto questo: – ha affermato Savorana nel chiudere l’incontro - noi non possiamo pretendere di partire da Dio. Si parte dalla realtà. Per dare ragione di questa realtà io devo iniziare un percorso, come don Paolo ci ha testimoniato, per poter poi arrivare a dare un nome a questa realtà. Il suo motto episcopale è ‘Gloriae Christi passio’, desiderio e passione per la gloria di Cristo.
Noi facciamo il Meeting – ha aggiunto il portavoce di Cl – animati dentro la nostra incoerenza dallo struggimento che quel nome sia conosciuto, incontrando tutto e tutti”.
















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