sabato 4 agosto 2007

I BRUTTI GUAI DI DON GELMINI


Libero 4 agosto 2007
di RENATO FARINA
....Siamo portati però ad avere più fiducia in lui. Ha dato la sua vita a gente perduta. Tanti stracci si sono riscoperti uomini, hanno ritrovato il desiderio di alzarsi la mattina per qualcosa di meglio del farsi un buco, grazie al suo strisciare accanto a loro come un servo. Lo so che sono parole forti. Ma don Pierino era - mio Dio ho già cominciato a usare il verbo passato, ci sto cascando anch'io. Non dobbiamo cedere a questa tentazione per cui l'accusa di qualcosa di tanto infame vale già un sospetto penetrante. Perché sospettiamo: perché conosciamo noi stessi, sappiamo la nostra fragilità, i pensieri strani, se qualcuno accusa un essere che ci siamo immaginati come un angelo, gli sporchiamo inesorabilmente le piume delle ali...
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...Ma la croce è stata caricata prima che capitasse a me a don Orione, don Zeno Saltini, padre Pio: ed essi sono sempre stati i punti di riferimento della mia vita». Padre Pio, fatto santo da Wojtyla, fu calunniato da frati e persino da vescovi, accusato di licenziosità con alcune donne che stavano intorno al suo confessionale. Una storia eterna....

Don Pierino Gelmini, uno dei tre preti più famosi d'Italia, in odore di santità per tanti che addirittura gli si inginocchiano davanti, uno che ha salvato trecentomila persone dalla droga, è stato accusato di abusi sessuali. Avrebbe chiamato a sé le pecorelle non per aiutarle ma per palparle. Sono quattro o cinque ragazzotti ad accusarlo. Lui li aveva denunciati per furto, ed espulsi con amarezza. Loro hanno versato fiele nelle acque pure di quest'uomo la cui voce rasserena chiunque. Adesso che succede? Si dice, e già lo ripete il vescovo di Terni Vincenzo Paglia, nella cui diocesi si trova la comunità più importante del sacerdote: «Abbiamo fiducia nella magistratura». Anche noi, figuriamoci. Siamo portati però ad avere più fiducia in lui. Ha dato la sua vita a gente perduta. Tanti stracci si sono riscoperti uomini, hanno ritrovato il desiderio di alzarsi la mattina per qualcosa di meglio del farsi un buco, grazie al suo strisciare accanto a loro come un servo. Lo so che sono parole forti. Ma don Pierino era - mio Dio ho già cominciato a usare il verbo passato, ci sto cascando anch'io. Non dobbiamo cedere a questa tentazione per cui l'accusa di qualcosa di tanto infame vale già un sospetto penetrante. Perché sospettiamo: perché conosciamo noi stessi, sappiamo la nostra fragilità, i pensieri strani, se qualcuno accusa un essere che ci siamo immaginati come un angelo, gli sporchiamo inesorabilmente le piume delle ali. Pensiamoci un attimo. E nel farlo per cortesia proviamo a dare fiducia a un altro tizio: il Signor Buon Senso. Ed esso - come splendidamente fa notare in queste pagine il nostro don Chino - ci dovrebbe indurre ad una piccola considerazione. Trecentomila e rotti sono i ragazzi affidati nei suoi 44 anni di impegno a don Pierino. Possibile che salti fuori un gruppetto concorde ora? Adesso che questo prete ha 82 anni? E proprio tra quanti potevano avere voglia di vendetta? In questi casi si invoca la prudenza e si dice: anche i santi scivolano, sono uomini, nessuno è al riparo dalle cadute. Possibile, ovvio. Ma dobbiamo domandarci se questo, proprio questo fatto, con relativa accusa e indagine, può essere credibile. La risposta è no. Quel che fa spavento è l'emergere del dubbio senza prove, senza riscontro alcuno. La calunnia è un venticello - dice l'aria del Barbiere di Siviglia - però incide nelle nostre teste dure come un diamante. Non vediamo l'ora di tirar giù nella nostra palta i buoni. La colpa basata sull'odio ideologico
L'Arcigay, per la penna del suo presidente, Aurelio Mancuso, gongola, non sa trattenere la felicità con finta delicatezza. «Fatto salvo il diritto di ogni singolo individuo ad avere un giusto ed equo processo, dobbiamo dire che casi di questo genere non sono certo nuovi ed eccezionali». Parla già di processo questo tipo, non sta nella pelle. E si allarga subito: «Negli ultimi anni nelle comunità religiose sono state denunciate in tutto il mondo migliaia di molestie o addirittura violenze sessuali. Per questo, il tema dei soprusi sessuali di cui si macchiano i sacerdoti cattolici dovrebbe essere trattato con serietà». Poi ecco il colpo infame, la prova della colpa basata sull'odio ideologico: «In diverse occasioni don Gelmini ha esternato opinioni clericali e retrive di stampo omofobico, se le accuse fossero sostanziate da prove, ci troveremmo semplicemente di fronte ad un ennesimo caso di reazionario cattolico che, per coprire le proprie inclinazioni, pubblicamente si è scagliato per anni contro le sue stesse paure». La bestia nera dei progressisti
Questo furbetto sa di avere dalla sua un certo clima culturale dominante. Gelmini omofobo, come Bagnasco, come Ratzinger. Dunque probabile molestatore sessuale. Oltretutto passa per sostenitore della destra. È possibile. Ma le sue centinaia di case non erano sezioni di partito: le apriva a chiunque avesse bisogno. Il fatto che fosse amato da Berlusconi, da Buttiglione e da Gasparri non toglie che sia stato una fontana a cui tutti potevano dissetarsi. Riecco i verbi al passato. Il fatto è che la gogna mediatica è tremenda, lesiona i campanili più alti e belli. Gelmini ha detto a Clemente Mimun del Tg5: «È la via crucis. Finora mi era stata risparmiata, ho vissuto troppo serenamente, un'esistenza tranquilla. Ma la croce è stata caricata prima che capitasse a me a don Orione, don Zeno Saltini, padre Pio: ed essi sono sempre stati i punti di riferimento della mia vita». Padre Pio, fatto santo da Wojtyla, fu calunniato da frati e persino da vescovi, accusato di licenziosità con alcune donne che stavano intorno al suo confessionale. Una storia eterna. Era appena nata l'arte tipografica, e già circolavano libelli con le vignette di preti con la mano lunga sulle forme delle penitenti. Ci risiamo. In passato, era l'anno 2000, don Gelmini diventò la bestia nera dei progressisti perché osò denunciare: "I musulmani un tempo venivano a depredare le nostre città, oggi a sposare e convertire le donne cattoliche". Da allora fu liquidato dai benpensanti del conformismo multiculturalista come reprobo. Da allora don Pierino ha avuto cattiva stampa, volentieri lo si è trasformato in cappellano del centrodestra, invece che dei mendicanti, degli orfani e dei tossici, e di noi tutti che tendiamo la mano sperando qualcosa di impossibile. Lo confesso: temevo per don Gelmini. Troppo alta la sua figura, troppo appetitoso il boccone per gli accusatori. Egli teorizzava e praticava il metodo affettivo, l'amore che non ha paura della vicinanza fisica, dell'abbraccio. Solo i deficienti potevano equivocare. Ma siccome esistono, e anzi imperano, non era neanche difficile prefigurare quanto sta accadendo: l'invidia della grazia e l'avidità solleticata dall'osservazione dei risarcimenti miliardari spillati alla Chiesa in America sono un cocktail più potente della droga. E siamo qui. Tutto concorre a trasformare la vecchiaia di quest'uomo di 82 anni in un calvario. L'inchiesta doveva risultare segreta, anzi segretissima: invece è uscita con un botto di champagne dagli uffici che dovevano tenerla chiusa a chiave per rispetto delle persone coinvolte e per non viziare l'indagine. Una morale combattiva
La morale che verrebbe voglia di tirare è cinica: così, povero ingenuo di un don Pierino, impari ad aiutare i drogati. Ne propongo un'altra, più combattiva. La suggerisce in una lettera un nostro lettore, Stefano Masino. Scrive: «Basta, non se ne può più. Ormai è uno sport universale. Se c'è un tizio che non naviga nell'oro, cosa gli rimane da fare? Semplice: accusare un prete e denunciarlo di qualsiasi nefandezza. Tanto il prete dalla gogna mediatica non può difendersi e non potrà mai risollevarsi (e chi lo potrebbe?)». Conclusione: «Chierichetti di tutto il mondo, uniamoci e armiamoci alla lotta! Scriviamo lettere, raccogliamo testimonianze sulla nostra esperienza in sacrestie ed oratori. Non lasciamo passare queste calunnie alla Chiesa cattolica. Basta, non se ne può più


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