venerdì 31 agosto 2007

Il direttore della Asl milanese dice che ha semplicemente il significato etimologico di “buona generazione”

Società - gio 30 ago
Il direttore della Asl milanese dice che ha semplicemente il significato etimologico di “buona generazione”

Tratto daIL FOGLIO del 30 agosto 2007

Milano. “Se decidete di avere un figlio è utile eseguire un controllo prima del concepimento per escludere l’esistenza di malattie genetiche o somatiche che possono influire negativamente sulla gravidanza. Potete rivolgervi al Consultorio familiare per consulenza sanitaria, visita ginecologica, prescrizione esami e controllo, consulenza psicologica”.






Società - gio 30 ago
Il direttore della Asl milanese dice che ha semplicemente il significato etimologico di “buona generazione”



Perché no? Se fare un figlio è questione che richiede innanzitutto assicurazioni preventive, se è “scelta consapevole” prima ancora che fatto, perché non prendere, “prima del concepimento”, le informazioni per “escludere l’esistenza di malattie genetiche o somatiche”? Con ciò, è senza dubbio utile che una Azienda sanitaria locale, nell’ambito dei suoi servizi di base e attraverso i suoi consultori, metta a disposizione queste informazioni. Come fanno tutte le Asl. Ma perché chiamarlo “Eugenetica preconcezionale”, come ha fatto quella di Milano? Perché utilizzare tale parola, che porta con sé una precisa connotazione che sa di selezione, ricerca della perfezione, eliminazione dell’elemento difettoso? Un rapido screening tra medici e addetti alla sanità conferma che l’espressione “eugenetica preconcezionale” – sebbene utilizzata nel gergo medico – non è quella correttamente e correntemente usata per indicare questo tipo di servizio all’utente (“è quantomeno un ipertecnicismo, piuttosto infelice, come quando si arriva a dire ‘prodotto del concepimento’ al posto di embrione, o feto”, spiega un medico). Di solito si dice “counselling preconcezionale”, e sta a indicare un servizio di corretta informazione che può riguardare anche solo la vaccinazione per la rosolia, o i rischi delle gravidanze in età avanzata. Esiste poi il “counselling genetico”, utile per individuare eventuali patologie genetiche: dall’emofilia alla talassemia. Ma ancora, un conto è il “counselling genetico”, un conto l’eugenetica. Chiamato in causa dal Foglio, il dottor Antonio Mobilia, direttore generale della Asl di Milano, difende la definizione del servizio proposta dal suo sito Internet: “Nell’uso che ne facciamo, ha semplicemente il significato etimologico di ‘buona generazione’. Dare informazioni alle coppie o alle donne è un nostro preciso dovere: ad esempio, sarebbe grave non mettere a conoscenza dei rischi una coppia di talassemici. Ma poi resta la libertà di scegliere, e questo non significa che nei nostri consultori si suggerisca la selezione della specie: la legge stessa ce lo vieta”. Comunque sia, conclude Mobilia, “faremo delle verifiche, e se scopriremo che la parola ‘eugenetica’ si può prestare a equivoci nella percezione pubblica, la sostituiremo con un termine differente e più neutro”.

Che qualche equivoco sussista, è invece chiaro per il professor Giorgio Lambertenghi Deliliers, presidente dei Medici cattolici di Milano: “Non ho mai sentito usare da una Asl la parola ‘eugenetica’ in questo contesto, in sede di comunicazione con i pazienti. E’ un termine fin troppo connotato già dal suo inventore, Francis Galton: significa miglioramento progressivo della razza attraverso la selezione’. Significa ‘scienza dell’igiene razziale’. E oggi purtroppo sta tornando in uso con quella connotazione, come la pretesa di studiare le eventuali anomalie ereditarie per eliminarle. Per questo distinguere è doveroso. Chiamiamo queste attività legittime di prevenzione ‘consulenza genetica’, ma non certo eugenetica, che significa selezione”.

L’automatismo in voga
Ma se le parole sono spie delle idee, al di là dell’uso “semplicemente tecnico” del termine ci sono i fatti. E i fatti dicono che la prassi comune nei consultori e negli ospedali, al di là dei nomi, va spesso nella direzione non tanto dell’informazione in vista di una “buona generazione”, ma in quella di un vero e proprio “eugenismo”. La rilevazione, o anche solo il dubbio, di una possibile patologia spinge nell’unica direzione: quella di “evitare” la gravidanza, selezionando quindi solo quelle “buone”, o di eliminare il feto “difettoso”, non perfetto. La dottoressa Patrizia Vergani, ginecologa all’ospedale di Monza e docente a Milano-Bicocca, che ogni settimana svolge ambulatorio di “counselling genetico” per decine di donne che ne hanno necessità, spiega che però questa non è, né deve essere, l’unica strada percorribile: “Il problema non è solo che il termine ‘eugenetica preconcezionale’ non è corretto. Il vero problema è l’automatismo in base al quale una pratica utile, che negli ospedali è normale, come la ‘prevenzione primaria’ spesso diventa una semplice selezione della gravidanza. O l’automatismo per cui il ricorso alla diagnosi prenatale viene proposta alla donna come l’unica strada, e di conseguenza l’aborto come unico esito possibile. Ma questo non può essere il ‘programma’. L’informazione è utile, così come lo è la prevenzione. Ciò che è invece grave è che spesso l’unica forma di ‘prevenzione’ offerta di fronte a un feto talassemico è l’eliminazione del feto. Si offre un ‘programma’, quando invece il dovere del medico è di mettere la donna di fronte a un ‘percorso’ che non può avere come unico sbocco la selezione”. Le parole, i fatti.


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Dai "diritti riproduttivi" al "diritto al figlio sano". Così una parola terribile s'è resa accettabile

Roma. “E’ come se fosse caduta la remora profonda verso l’eugenetica, facendola accettare nel linguaggio comune attraverso una forma informativa: è una situazione nuova, che pone moltissime premesse e richiede una grande vigilanza, perché queste informazioni genetiche rischiano di trasformarsi in indicazioni subnormative di tipo politico, ricreando una situazione di eugenetica repressiva”. Vittorio Possenti, filosofo politico, commenta con il Foglio l’espressione “eugenetica preconcezionale” utilizzata sul sito Internet dell’azienda sanitaria milanese per indicare lo screening genetico a cui le coppie che decidono di avere un figlio possono sottoporsi, nei consultori, prima di concepire. Esami di compatibilità, esami “per escludere l’esistenza di malattie genetiche o somatiche che possono influire negativamente sulla gravidanza”, esami di inizio percorso, insomma, per essere sempre più sicuri di realizzare un progetto perfetto. “E’ necessario ricordare che l’eugenetica, cioè ‘il progetto osceno’ descritto da Jürgen Habermas (che non è mai scienza bensì una decisione politica e morale per applicare i risultati della ricerca scientifica) – continua Possenti – non si è verificata soltanto in forma preventiva, come nel nazismo, cioè con lo sterminio di razze inferiori da eliminare per purificare l’umanità, ma anche in modo repressivo, come in Svezia e negli Stati Uniti negli anni Trenta e Quaranta: impedire la procreazione, attraverso la sterilizzazione forzata, a gruppi di individui ritenuti socialmente pericolosi. Ecco, adesso l’espressione ‘eugenetica preconcezionale’ proprone una situazione nuova: l’utilizzo dell’informazione genetica prima di tutto, cioè prima della diagnosi prenatale o preimpianto. Il rischio è che si crei nuovamente una situazione repressiva, attraverso lo sviluppo di un’unica politica, quella del figlio sano”. Intanto la parola “eugenetica”è passata, liberata nei consultori di una Asl milanese, messa accanto a “educazione sessuale” e ad “allattamento”: Eugenia Roccella, presidente di Safe ed ex portavoce del Family day, dice al Foglio che è così che si entra nell’uso comune e nella sensibilità diffusa: “Entrando dal basso, infilandosi nel linguaggio medico di base, senza passare attraverso il dibattito politico o etico, rientrando in un progetto culturale spesso inconsapevole”. Una disinvoltura semantica e una medicalizzazione invadente: et voilà, “scompare dalla parola eugenetica il carico negativo che dovrebbero portare con sé le utopie della perfettibilità: l’idea di perfezione dell’uomo in sé è terrificante, ma può essere sdoganata così, facendola intrufolare nei consultori, nelle unità sanitarie, negli ambulatori, fingendo che sia innocua. E’ andata così per i ‘diritti riproduttivi’: espressione uscita per la prima volta negli anni Settanta, ma adesso tutti, tranquillamente e seriamente, parlano di diritto al figlio”.

Una scelta politica spacciata per scienza
Eugenetica, cioè scelta politica e morale, spacciata per genetica, cioè per scienza. Secondo Giorgio Israel, storico della scienza, “si sta assistendo a livello diffuso alla rilegittimazione del termine, come se l’eugenetica potesse davvero essere una disciplina scientifica rispettabile coinvolta ingiustamente in enormi e terribili vicende. Ed è sconvolgente che sia potuta passare l’idea di un progetto positivo, cioè il miglioramento dell’uomo, e non l’orrore per qualcosa di spaventoso: ma molta cultura divulgativa ha fatto una guerriglia su questo punto, cioè su un’eugenetica gentile e progressista. E’ stato arato il terreno, si è preparato lo spazio ed ecco di nuovo pronta l’eugenetica, sotto forma di servizio asl”.

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