lunedì 27 agosto 2007

IL FIGLIO NON E' UNA MERCE


“Il figlio non è una merce”

Leone Grotti
venerdì 24 agosto 2007
Sono le caratteristiche fisiche del nascituro a determinarne il valore: se il bimbo nasce “difettoso” bisogna eliminarlo per il suo bene. “La differenza tra eugenetica nazista e quella odierna è sottile: allora era imposta dall’alto, oggi passa attraverso
Perché non fare un uomo migliore, se ne abbiamo la possibilità?” si chiedeva lo scopritore della struttura a doppia elica del Dna James D. Watson.


Eugenia Roccella ha risposto ieri nell’incontro Generare un uomo perfetto? a questa domanda con due interrogativi: se l’uomo sia qualcosa da “fare” e se siamo sicuri che l’uomo perfetto sia davvero ciò che desideriamo. “La differenza tra l’eugenetica nazista e quella odierna – spiega la giornalista – è sottile. Se prima era imposta dall’alto, oggi passa attraverso la libera scelta individuale”. Cosa c’è di male nel desiderare un figlio sano? In questa domanda apparentemente innocua. Roccella individua delle insidie nascoste: se il figlio diventa un oggetto da progettare a tavolino viene snaturato il legame tra genitori e figli. La maternità non è più l’accettazione incondizionata del figlio in quanto sono le caratteristiche fisiche del nascituro a determinarne il valore. E se il bambino nasce “difettoso”, non dobbiamo essere egoisti, ma eliminarlo per il suo bene: “Oggi lo scarrafone non lo vuole più nessuno”. Come ha sottolineato Roberto Colombo, direttore del Laboratorio di Biologia Molecolare e Genetica Umana all’Università Cattolica di Milano, la tensione alla perfezione e il desiderio di essere sani diventano diabolici se non vengono affrontati usando la ragione: “Io non sono contro la scienza o la genetica e neanche il Meeting: fede e scienza hanno in comune la ragione”. Citando il Vangelo (Mt 13), ammonisce a non sradicare il grano insieme alla zizzania: “I test genetici stanno crescendo in maniera esponenziale, quando vengono effettuati prima della nascita servono alla cosiddetta eugenetica negativa. Bisogna fare attenzione: non si possono eliminare i bambini per togliere i geni indesiderati, sarebbe una cura sproporzionata”. Il pericolo di radicare il valore dell’individuo nella qualità della vita si aggrava quando una preferenza soggettiva diventa criterio oggettivo: “Noi ci illudiamo – argomenta la scrittrice – di fare una scelta. In realtà la qualità viene imposta dal mercato e la domanda è determinata dall’offerta. Se questo può andar bene per la Coca-Cola, è inaccettabile per l’uomo”. Se il figlio viene ridotto a strumento per realizzare i genitori, sarà per tutta la vita marchiato da questa pretesa: “E se per caso – riprende – fallisce nella vita o si ammala, sapremo affrontarlo?”. La risposta viene da sé. Purtroppo non sono solo il rapporto genitori-figli e la maternità ad essere snaturati, è la stessa medicina che viene stravolta: “La scienza medica non mira più alla salute dell’uomo, ma alla sua perfezione. Si sta trasformando in ingegneria sociale”. Colombo, raccontando storie di malati affetti da patologie ereditarie, raggiunge un livello del problema ancora più profondo: “Faccio il genetista clinico, so quanto sia drammatico il rapporto tra genitori e bambini affetti da malattie devastanti. Se non riconosciamo che il senso delle cose non lo creiamo noi, invece che fare del bene all’umanità, la devasteremo”. Sia il dolore fisico che la sofferenza vengono ritenuti ostacoli alla perfezione dell’uomo ed è proprio su quest’aspetto che Colombo interviene con più veemenza: “Cos’è la perfezione dell’uomo? Non è assenza di difetti, non è un problema di ‘materiali’”. Ritenendo che nell’etimologia delle parole ci sia già scritto tutto, continua: “Perfezione deriva dal latino perficio che significa portare a compimento, quindi ha a che fare col destino dell’uomo. La perfezione c’è già, è Gesù Cristo e la nostra vocazione sta nel conformarci a Lui”. In conclusione, la Roccella si fa apologeta dell’imperfezione: “La differenza e l’imperfezione sono un arricchimento. La scienza promette la perfezione, ma noi siamo unici proprio perché imperfetti”.

Leone Grotti
venerdì 24 agosto 2007

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